Il dibattito sul cloud federato per la Pubblica Amministrazione è uno dei temi sul tavolo delle strategie digitali nazionali. Dopo il varo del Polo Strategico Nazionale (PSN), diverse realtà territoriali e associazioni – da Assinter alle principali società Ict in-house – hanno sottolineato la necessità di affiancare a questo pilastro un modello più flessibile e distribuito.
È in questo scenario che si colloca l’esperienza di Liguria Digitale, società regionale che negli ultimi anni ha completato il percorso di qualificazione del proprio data center fino al livello più alto, ottenendo la possibilità di gestire e conservare anche dati strategici di rilevanza nazionale.
Pier Paolo Greco, amministratore unico della società, in questa intervista spiega le ragioni per cui il cloud federato non deve essere visto come un’alternativa al Psn, ma come una complementarità strategica. La visione di Greco si intreccia con le riflessioni avanzate da Assinter e da altri attori nazionali, che vedono nella federazione dei nodi regionali un modo per salvaguardare gli investimenti locali, favorire la resilienza, ridurre i costi e accelerare l’adozione di nuove tecnologie come l’edge computing e l’intelligenza artificiale.
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Greco, come si è sviluppata nel tempo l’attività di Liguria Digitale nel campo delle infrastrutture digitali e del cloud, e qual è oggi lo stato dell’arte?
È stato un percorso di sviluppo graduale ma costante, caratterizzato da una visione di lungo periodo e da una forte attenzione alla qualità e alla sicurezza.
A partire dal 2017, l’azienda ha investito molto nella qualificazione del proprio Data center e dei servizi a esso correlati, muovendosi inizialmente nel solco delle linee guida tracciate da AgID. Prima la certificazione ANSI/TIA-942 Tier III della struttura che ha portato al conseguimento della classificazione di Data center di Classe A, ossia quella tipologia di infrastrutture con caratteristiche avanzate in grado di garantire affidabilità e sicurezza per i servizi delle Pubbliche Amministrazioni.
Successivamente, con l’evoluzione normativa e il passaggio delle competenze ad ACN (Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale), Liguria Digitale ha aggiornato il proprio percorso di qualificazione, raggiungendo traguardi sempre più sfidanti. In particolare, ha completato con successo l’intero iter di Qualificazione sulla base del Regolamento Cloud fino al livello 3, ovvero quello che consente la gestione e conservazione di dati di tipo strategico di rilevanza nazionale, consolidando, allo stesso tempo, la possibilità di mantenere dati ordinari (es. dei Comuni) e critici (es. dati sanitari).
Quali altre certificazioni avete conseguito?
Parallelamente a questo percorso istituzionale e tecnologico, l’azienda ha intrapreso un ampio programma di standardizzazione interna dei processi, certificandosi secondo le principali norme internazionali ISO/IEC. A partire da quelle sulla sicurezza informatica (ISO/IEC 27001), il Disaster Recovery e alla gestione dei servizi IT (ISO/IEC 20000). Liguria Digitale ha costruito un sistema di gestione integrato in grado di assicurare qualità, continuità e resilienza dei servizi offerti.
A rafforzare ulteriormente questo modello, la società ha realizzato internamente un SOC (Security Operation Center) e un NOC (Network Operation Center) che monitorano in modo continuativo lo stato della sicurezza, delle infrastrutture e dei servizi, garantendo una risposta tempestiva agli incidenti e un controllo costante delle performance operative.
Oggi, lo stato dell’arte vede Liguria Digitale come una realtà di riferimento nel panorama regionale e nazionale per quanto riguarda le infrastrutture digitali della Pubblica Amministrazione, in grado di erogare servizi cloud sicuri, affidabili e conformi agli standard più elevati, con una particolare attenzione alla protezione dei dati strategici e alla continuità operativa.
Liguria Digitale è tra i sostenitori dell’idea di un “cloud federato” per la PA che possa essere complementare al Polo Strategico Nazionale. Quali considerazioni vi hanno portato a prendere questa posizione?
Liguria Digitale sostiene con fermezza l’idea di un ‘cloud federato’ per la Pubblica Amministrazione, vedendolo come una visione strategica fondamentale. Questo modello si basa su una rete di infrastrutture cloud interoperabili e coordinate, distribuite tra vari enti pubblici e fornitori qualificati. Le considerazioni che ci hanno portato a questa posizione sono molteplici.
Innanzitutto, il cloud federato promuove la sovranità digitale, evitando la dipendenza esclusiva da un singolo fornitore o infrastruttura, come nel caso del Polo Strategico Nazionale (PSN). Inoltre, garantisce una maggiore resilienza e flessibilità, permettendo una distribuzione più intelligente dei carichi e delle applicazioni.
È importante sottolineare che sostenere un cloud federato non significa opporsi al PSN. Al contrario, intendiamo valorizzare le infrastrutture pubbliche già esistenti, come quelle regionali o locali che Liguria Digitale gestisce. Vogliamo assicurarci che i servizi digitali locali non vengano penalizzati o duplicati, ma piuttosto integrati in una strategia più ampia.
Quali altre motivazioni citerebbe a supporto del Cloud federato?
Un altro aspetto cruciale per noi è il controllo e la governance locale. Come ente che gestisce numerosi servizi ICT per la Regione Liguria, è fondamentale mantenere l’autonomia gestionale su dati sensibili e infrastrutture critiche, così come una governance chiara sulle applicazioni della PA a livello locale. Questo rappresenta una motivazione forte per sostenere un modello federato.
Infine, una rete federata potrebbe favorire una maggiore concorrenza, con conseguente riduzione dei costi, e valorizzare le competenze territoriali e le best practice esistenti. Questo approccio stimola una innovazione distribuita, evitando un centralismo che potrebbe rallentare l’adozione di soluzioni agili e innovative.”
L’innovazione, nel campo del cloud e più in generale della tecnologia, procede in quest’epoca a una velocità più elevata rispetto a quella di chi fissa le regole o disegna le strategie. Il cloud federato potrebbe essere una risposta per contribuire a rendere più flessibili e scalabili i progetti di digitalizzazione della PA?
Sì, il modello di cloud federato può rappresentare una risposta concreta e strategica per colmare il divario tra la velocità dell’innovazione tecnologica e la rigidità delle strategie centralizzate nella Pubblica Amministrazione (PA). L’innovazione digitale, in particolare nel campo del cloud computing, sta avanzando a una velocità sorprendente, superando di gran lunga il passo con cui vengono definite le normative e le strategie. Tecnologie come l’edge computing, l’AI-as-a-Service, la containerizzazione e il multicloud stanno trasformando dinamicamente l’infrastruttura digitale. In questo contesto, i modelli di governance e le grandi strategie, come il Polo Strategico Nazionale (PSN), rischiano di diventare obsoleti se rimangono troppo rigidi o centralizzati.
Il cloud federato emerge come una risposta strategica per colmare questo gap. Grazie alla sua natura distribuita e interoperabile, è in grado di adattarsi più rapidamente ai cambiamenti tecnologici, integrando nuovi standard e strumenti in modo modulare. Questo significa anche che le amministrazioni possono effettuare aggiornamenti progressivi e locali, senza dover attendere un coordinamento centrale completo.
Con un’architettura federata, ogni regione, ente locale o agenzia ha la possibilità di implementare componenti digitali compatibili, mantenendo così la propria autonomia. Inoltre, possono scegliere tra diverse piattaforme tecnologiche, sempre nel rispetto di criteri condivisi come interoperabilità, sicurezza e portabilità. Ciò si traduce in una maggiore flessibilità nella scelta delle soluzioni cloud, riducendo il rischio di vendor lock-in, cioè la dipendenza da un singolo fornitore.
Un cloud federato offre anche vantaggi in termini di scalabilità e resilienza dei servizi della Pubblica Amministrazione. Può favorire una scalabilità orizzontale, adattandosi alle esigenze specifiche dei territori o dei comparti della PA, e migliorare la resilienza infrastrutturale distribuendo il carico su più nodi. Inoltre, supporta progetti pilota innovativi, che possono poi essere integrati nella rete federata una volta validati.
Va sottolineato che il cloud federato non intende sostituire il PSN, ma piuttosto complementarlo. Può fornire uno spazio di sperimentazione rapido e scalabile per le PA, creando un ecosistema condiviso in cui innovazione, sicurezza e governance coesistono senza compromettere l’agilità.
In conclusione, il cloud federato rappresenta un ponte tra l’innovazione rapida e una regolazione più lenta, permettendo alle pubbliche amministrazioni di non rimanere indietro, di adattarsi più rapidamente ai cambiamenti e di sviluppare soluzioni su misura, mantenendo al contempo una visione strategica condivisa.
Quali dovrebbero essere dal suo punto di vista le direttrici principali per aggiornare la strategia cloud azionale alla luce delle più recenti – oltre che delle più imminenti – innovazioni tecnologiche?
Aggiornare la strategia cloud nazionale alla luce delle recenti e imminenti innovazioni tecnologiche, richiede un riequilibrio tra centralizzazione e flessibilità, apertura all’innovazione modulare e una governance adattiva e inclusiva.
In primo luogo, è essenziale abilitare un ecosistema federato e aperto. Dobbiamo passare da un modello monolitico a uno distribuito e interoperabile, adottando standard aperti e API pubbliche per garantire l’interoperabilità tra il Polo Strategico Nazionale (PSN) e le altre infrastrutture cloud, pubbliche o regionali. È importante promuovere una federazione di nodi cloud qualificati, che includa anche provider regionali o settoriali, integrati in un’architettura coerente. Inoltre, dovremmo prevedere modelli di accreditamento dinamici per soggetti pubblici e privati in grado di offrire servizi cloud innovativi, sicuri e compatibili.
E poi?
Un’altra direttrice fondamentale è l’introduzione di flessibilità tecnologica e un approccio multicloud controllato. Dobbiamo consentire alle pubbliche amministrazioni di scegliere tra diverse soluzioni cloud – pubbliche, private o ibride – mantenendo sempre un quadro di conformità e sicurezza. È cruciale stimolare l’adozione di tecnologie emergenti come l’edge computing per servizi decentralizzati e in tempo reale, la serverless architecture e l’orchestrazione di container (ad esempio, Kubernetes) per garantire agilità e portabilità. Inoltre, una sandbox normativa potrebbe essere utile per testare tecnologie cloud emergenti con minori vincoli formali.
Rafforzare la sovranità digitale e la sicurezza distribuita è un altro aspetto chiave. La sovranità non deve essere vista come isolamento, ma come un controllo intelligente. Dobbiamo estendere il concetto di “dato sovrano” anche alle logiche di trattamento, trasporto e analisi, non solo alla sua localizzazione. Incentivare soluzioni con crittografia end-to-end, architetture zero-trust e identità digitale federate, anche in ambienti multicloud, è essenziale. Inoltre, è importante promuovere certificazioni di sicurezza specifiche per il contesto della Pubblica Amministrazione, aggiornate alle nuove minacce e modalità operative cloud-native.
E rispetto alle competenze?
Un ulteriore punto riguarda la valorizzazione delle competenze e delle autonomie locali. Non dobbiamo centralizzare la tecnologia, ma coordinare le energie diffuse. È fondamentale potenziare i competence center regionali e realtà come Liguria Digitale, rendendoli hub per l’adozione e la sperimentazione di modelli cloud innovativi. Modelli di governance cooperativa tra PSN, Regioni, enti locali e fornitori qualificati dovrebbero essere previsti, così come percorsi di aggiornamento continuo delle competenze cloud nella PA, anche attraverso partenariati pubblico-privati.
Infine, è cruciale adottare un modello evolutivo e adattivo. La strategia deve essere vista come un processo continuo, non come un piano statico. Dovremmo inserire un meccanismo permanente di aggiornamento, con una cabina di regia tecnico-scientifica e consultazioni pubbliche regolari. Prevedere KPI agili e revisionabili, centrati su benefici concreti per utenti e amministrazioni, permetterà di garantire l’efficacia della strategia. Inoltre, affiancare al PSN un osservatorio nazionale sulle tecnologie cloud e AI ci permetterebbe di anticipare i trend e orientare le scelte infrastrutturali.
In conclusione, una strategia cloud nazionale aggiornata deve evolvere da un’idea di infrastruttura statica a un ecosistema dinamico e modulare, capace di adattarsi alle evoluzioni tecnologiche, tutelare la sovranità pubblica e valorizzare le eccellenze locali.
