Negli ultimi mesi l’Italia ha compiuto passi concreti per definire la propria strategia nel settore dei data center, un ambito cruciale per la trasformazione digitale e per la competitività economica. La decisione del Consiglio dei ministri di riconoscere il programma di investimento di Vantage Data Centers come di preminente interesse strategico, insieme all’inserimento di norme specifiche sul comparto nel decreto Energia, segnano un punto di svolta.
Da un lato si affaccia l’arrivo di un investimento estero da oltre 4 miliardi di euro, dall’altro il tentativo del governo di delineare un quadro normativo stabile per un comparto che, fino a oggi, ha sofferto di regole frammentarie e di iter autorizzativi complessi.
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L’investimento Vantage Data Centers
Il progetto promosso da Vantage Data Centers Italy S.r.l. prevede la costruzione di tre campus di data center dotati di infrastrutture avanzate, in grado di portare l’Italia a livello degli standard internazionali. Secondo la nota di Palazzo Chigi, l’iniziativa avrà un forte impatto anche in termini occupazionali: circa 4.000 addetti coinvolti nella fase di costruzione in otto anni e 250 posti di lavoro permanenti una volta a regime.
La rilevanza strategica è evidente: non solo si tratta di attrarre capitali esteri significativi, ma anche di rafforzare il ruolo del Paese nella strategia europea di transizione energetica e resilienza digitale. I data center diventano, così, non soltanto poli tecnologici ma veri e propri motori di sviluppo, capaci di generare un indotto in settori collegati come telecomunicazioni, edilizia, logistica e servizi professionali.
Norme in evoluzione: il decreto Energia
Se sul fronte industriale le prospettive sono incoraggianti, su quello normativo la situazione appare più complessa. Dopo mesi di discussione parlamentare, l’esecutivo ha scelto di inserire all’interno del decreto Energia le norme sui data center, inglobando gran parte dei contenuti della proposta di legge delega che era stata rinviata dalla Camera a settembre.
L’articolo 3 della bozza introduce un procedimento unico per il rilascio delle autorizzazioni ai progetti di centri dati, con l’obiettivo di semplificare e accelerare gli iter. Il testo, tuttavia, è stato criticato perché rischia di affogare il tema dei data center tra altre disposizioni riguardanti gas, rinnovabili e trasporto di emissioni.
Le critiche di Giulia Pastorella
A sollevare obiezioni è stata in particolare Giulia Pastorella, deputata di Azione, che aveva firmato la proposta parlamentare. “Così si fa l’opposto di quello che chiedevano operatori e soprattutto sindaci”, ha affermato, lamentando che l’iniziativa venga “scippata” dal governo e inserita in un contesto meno coerente.
Secondo Pastorella, la legge delega avrebbe offerto una risposta concreta agli amministratori locali, che da anni chiedono regole certe per gestire gli insediamenti di data center. “Il paradosso”, ha aggiunto, “è che rispetto al capitolo dei centri dati l’impostazione del governo parrebbe non confliggere con quello che avevamo previsto, a riprova che ci sarebbe potuta essere una maniera più elegante per gestire il processo”.
Le posizioni del governo
Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha annunciato che il decreto è vicino all’approvazione: “Entro ottobre sicuramente verrà approvato, spero anche prima”. La priorità è definire le aree idonee, questione che ha già suscitato contenziosi e che richiede una norma primaria. Per il ministro, i data center rappresentano un tema “rilevantissimo”, affrontato per la prima volta in maniera organica dal dicastero.
Il governo intende dunque affermare una cornice regolatoria che bilanci le esigenze di attrarre investimenti con quelle di garantire sostenibilità e stabilità al sistema energetico.
Un confronto europeo
Il dibattito italiano si inserisce in un quadro europeo molto eterogeneo. L’Irlanda, ad esempio, è da anni un hub privilegiato per i data center, grazie a politiche fiscali attrattive e a una forte presenza delle big tech, ma oggi si trova a fronteggiare gravi criticità legate alla rete elettrica. La Germania ha scelto di puntare su standard ambientali rigorosi e su un forte coinvolgimento delle utility energetiche. I Paesi Bassi, dopo aver posto una moratoria su nuovi progetti, stanno rivedendo le regole per conciliare crescita digitale e sostenibilità.
L’Italia, al momento, si colloca in una posizione intermedia: meno saturata rispetto ai grandi hub, ma anche in ritardo nell’offerta di un quadro normativo stabile. L’investimento di Vantage può quindi diventare un punto di svolta, a patto che sia accompagnato da regole chiare e da una visione di lungo periodo.
Energia e sostenibilità
Un aspetto cruciale riguarda i consumi energetici. I data center sono infrastrutture ad alto fabbisogno elettrico e la loro integrazione nella rete nazionale richiede pianificazione e investimenti. Proprio per questo il decreto Energia prevede disposizioni mirate a integrare i data center nel sistema elettrico, in connessione con lo sviluppo delle rinnovabili.
La sfida sarà garantire che la crescita del settore non comprometta gli obiettivi di decarbonizzazione. Soluzioni come il ricorso a fonti rinnovabili dedicate, l’efficientamento degli impianti di raffreddamento e il riuso del calore generato rappresentano linee di sviluppo imprescindibili.
Impatto occupazionale e nuove competenze
Oltre alle cifre legate all’occupazione diretta, il settore dei data center potrà stimolare nuove professionalità ad alta specializzazione: ingegneri elettrici, esperti di cloud e cybersecurity, tecnici di manutenzione avanzata. È un’occasione che il sistema educativo e formativo italiano non può mancare, pena il rischio di dipendere eccessivamente da risorse esterne.
La creazione di un ecosistema di competenze nazionali rafforzerebbe non solo il mercato del lavoro, ma anche la capacità di presidiare tecnologie strategiche, con benefici per l’intero tessuto industriale.
Tra attrazione estera e sviluppo nazionale
Un tema di fondo riguarda il bilanciamento tra investimenti stranieri e valorizzazione dell’ecosistema locale. La presenza di player globali come Vantage può rappresentare un acceleratore, ma occorre parallelamente sostenere start-up, imprese nazionali e centri di ricerca, così da evitare una dipendenza esclusiva da capitali esteri.
La politica industriale dovrebbe quindi favorire un approccio duale: da un lato apertura agli investitori internazionali, dall’altro incentivi mirati alla crescita di operatori italiani capaci di competere almeno su scala regionale.
Investimenti ed evoluzioni normative
La strategia italiana sui data center sta prendendo forma attraverso due direttrici: grandi investimenti privati e una cornice normativa in evoluzione. Il progetto Vantage rappresenta la prova che l’Italia è attrattiva per capitali internazionali, ma il successo dipenderà dalla capacità delle istituzioni di garantire regole stabili e sostenibili.
Se il Paese riuscirà a conciliare queste due dimensioni, potrà finalmente posizionarsi come attore di rilievo nello scenario europeo delle infrastrutture digitali, trasformando una sfida complessa in una concreta opportunità di sviluppo.