L’Italia accelera nella corsa alle infrastrutture digitali. Il mercato dei Data Center è entrato in una fase di forte espansione, trainato dagli investimenti degli hyperscaler e da una domanda crescente di potenza di calcolo e servizi cloud. È quanto emerge dalla “Ricerca di Mercato 2025 Status dei Data Center in Italia” presentata da Ida (Italian Data Center Association) durante il “Data Center Symposium” di Roma.
La fotografia che ne scaturisce è quella di un settore in rapida trasformazione, che punta a consolidare il ruolo dell’Italia come hub strategico nel Mediterraneo. Entro il 2026 il Paese vedrà un incremento senza precedenti nella costruzione di fabbriche dati, grazie all’arrivo di nuovi hyperscaler e alla diffusione di poli regionali capaci di decongestionare la rete lombarda.
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La crescita dei Data Center e il ruolo degli hyperscaler
Nel 2024 la capacità complessiva dei Data Center italiani ha toccato i 287 MW, registrando un incremento del 6% sull’anno precedente. Ma è solo l’inizio: secondo Ida, la potenza installata supererà l’attuale capacità entro il 2026, grazie all’entrata in funzione di nuovi impianti hyperscale. Le previsioni indicano un traguardo da 1 GW nel 2028 e 2 GW nel 2031, con un aumento complessivo del 600% rispetto ai livelli del 2024.
A guidare questa corsa sono gli hyperscaler, protagonisti di una nuova fase espansiva che mira a portare il cloud “più vicino agli utenti finali”. La costruzione di nuove availability zone in varie regioni italiane consente di migliorare prestazioni, efficienza e sovranità dei dati, oltre a stimolare la creazione di hub locali.
La capacità dei cavi sottomarini nel Mediterraneo, che crescerà di dieci volte nei prossimi cinque anni, è un fattore determinante per la nascita di nuovi hub digitali. Genova e Palermo si candidano come snodi strategici, insieme a Barcellona e Creta, in un ecosistema interconnesso che rafforza la posizione del Sud Europa nel traffico globale dei dati.
Allo stesso tempo, gli hyperscaler stanno spingendo sull’adozione dell’intelligenza artificiale. L’IA non solo accelera il time-to-market degli investimenti, ma aumenta la richiesta di energia e densità energetica, “potenzialmente introducendo una nuova classe di prodotti data center e aprendo opportunità di investimento anche in aree oltre ai grandi mercati italiani (Milano e Roma)”.
Data Center, investimenti per 21,8 miliardi nei prossimi cinque anni
Il motore di questa crescita è rappresentato dagli investimenti. Secondo Ida, la spesa complessiva per la costruzione e l’allestimento dei Data Center raggiungerà i 21,8 miliardi di euro entro cinque anni, senza considerare i costi per le apparecchiature IT e le spese operative.
Il picco sarà toccato nel 2029, con quasi 5 miliardi di euro di nuovi investimenti, sostenuti dalla domanda di servizi colocation e hyperscale. La capacità dei Data Center commerciali italiani raggiungerà i 1.522 MW, quasi sei volte quella del 2024, con un Cagr medio del 40%. Attualmente, sono in costruzione impianti per 343 MW, mentre 1.684 MW risultano già pianificati. “Questo impulso non solo favorisce lo sviluppo delle infrastrutture digitali, ma stimola anche settori collegati come energia, edilizia e telecomunicazioni, consolidando l’Italia come hub strategico per l’innovazione tecnologica”, evidenzia il rapporto.
Normative e decreti: verso una regolamentazione unificata
Nonostante l’assenza di un codice Ateco specifico e la frammentazione normativa, il comparto non rallenta. Proprio la mancanza di un inquadramento giuridico adeguato è uno dei nodi affrontati nel decreto Energia, che introduce un procedimento autorizzativo unificato di dieci mesi.
“Sul piano delle autorizzazioni il Mase ha proposto, all’interno del decreto legge energia, un iter semplificato ed accelerato, che prevede un procedimento di autorizzazione unica da concludersi entro dieci mesi dalla verifica della completezza della documentazione, con termini dimezzati per le valutazioni di impatto ambientale, fatte salve le procedure semplificate già vigenti per gli investimenti di interesse strategico nazionale”, spiega Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Mase.
La stessa D’Aprile aggiunge: “In riferimento ai consumi energetici verrà supportata a livello EU ogni iniziativa volta all’inserimento dei data center nel settore degli energivori, al fine di poter accedere alle relative agevolazioni”.
Polo Strategico Nazionale e razionalizzazione delle infrastrutture pubbliche
La crescita del settore privato si accompagna a una profonda trasformazione nel comparto pubblico. “Il settore pubblico sta attuando l’ambizioso piano del Polo Strategico Nazionale. Un progetto che porterà alla creazione di quattro principali data center nazionali in colocation, alcune decine di hub regionali e a un’adozione crescente del cloud”, ricorda Sherif Rizkalla, presidente di Ida.
L’obiettivo è consolidare oltre 1.200 piccoli Ced (centri elaborazione dati) in strutture moderne e scalabili, con una riduzione significativa della capacità IT dispersa nelle amministrazioni. Si tratta di una sfida infrastrutturale e culturale che mira a creare un sistema più efficiente e sicuro, capace di sostenere la transizione digitale della PA.
Occupazione in aumento e impatto economico
Il comparto dei Data Center è anche un potente generatore di occupazione. La filiera impiega oggi quasi 14.000 unità Fte tra costruzione, installazione, sicurezza e servizi. A questi si aggiungono 6.800 posti di lavoro indiretti generati dall’indotto locale.
I Data Center in colocation e hyperscale impiegano circa 1.200 professionisti a tempo pieno, numero destinato ad avvicinarsi a 6.000 entro il 2029. I Data Center enterprise, invece, occupano oggi circa 7.000 addetti, ma il trend è in calo a favore delle nuove architetture cloud.
Brownfield e sostenibilità: la proposta di Ida
Oltre agli aspetti industriali, Ida spinge su una visione sostenibile della crescita. “Un altro punto chiave è la definizione chiara della destinazione d’uso: per Ida, i data center devono essere riconosciuti come infrastrutture produttive, coerenti con il loro impatto economico, occupazionale e tecnologico”, spiega Rizkalla.
L’associazione propone di normare l’utilizzo dei terreni brownfield, cioè aree industriali dismesse o sottoutilizzate. “La nostra proposta è stata accolta con interesse dalle istituzioni: valorizzare gli ampliamenti e le riconversioni di siti esistenti significa ridurre consumo di suolo, ottimizzare le risorse energetiche e accelerare i tempi di realizzazione. È una logica di sostenibilità e buon senso che ci auguriamo venga recepita pienamente nel prossimo quadro normativo”.
Milano verso la saturazione virtuale: emergono i nuovi hub regionali
Milano resta il principale polo dei Data Center italiani, ma si trova a un punto di svolta. La concentrazione di infrastrutture, connettività e competenze ha portato la rete lombarda vicina alla saturazione virtuale.
“Più che di capienza massima per Milano parlerei di una fase di saturazione virtuale: il territorio ha sostenuto una crescita straordinaria, ma oggi serve una pianificazione più coordinata, per evitare congestioni e garantire sostenibilità”, osserva Rizkalla. Da qui l’esigenza di sviluppare hub regionali e edge data center distribuiti, in grado di equilibrare il carico e creare un sistema nazionale più resiliente. Genova, Bari e Napoli emergono come i nuovi protagonisti di questa evoluzione, grazie alla posizione strategica lungo i cavi sottomarini e alla vicinanza ai mercati energetici del Sud.
Verso un ecosistema nazionale dei Data Center
Il futuro dei Data Center italiani passa dunque da tre direttrici chiave: semplificazione normativa, investimenti infrastrutturali e sostenibilità energetica. Il settore si muove verso un modello distribuito e interconnesso, dove la collaborazione tra pubblico e privato sarà decisiva per costruire un ecosistema competitivo a livello europeo.
Come conclude Rizkalla, “è fondamentale arrivare all’introduzione di un procedimento unico nazionale per i progetti di data center, che possa semplificare e coordinare tutti i passaggi amministrativi, mantenendo al contempo elevati standard di sicurezza e sostenibilità”.