L’Europa imprime una svolta decisa alla propria traiettoria digitale. La parola d’ordine e digital sovereignty, sovranità digitale, e il messaggio è chiaro: ridurre la dipendenza dalle Big Tech statunitensi, rafforzare l’autonomia tecnologica e proteggere i dati europei. Il segnale più forte arriva dall’Austria, dove il Ministero dell’Economia ha migrato 1.200 funzionari su una piattaforma open-source europea, Nextcloud, ospitata su infrastrutture nazionali.
Questa mossa, tutt’altro che isolata, si inserisce in un contesto di crescente consapevolezza geopolitica e industriale. La dipendenza da software e servizi cloud non europei comporta costi economici e strategici enormi, come evidenziato dal report Asterès citato da EuroStack: 264 miliardi di euro all’anno trasferiti all’economia statunitense, una cifra paragonabile alla bolletta energetica dell’intera Unione.
Indice degli argomenti
EuroStack, il manifesto per l’indipendenza digitale europea
A sostenere questa transizione è l’iniziativa EuroStack, fondazione no-profit che si propone di “organizzare azione, non solo parole”. Il suo motto è inequivocabile: “Buy European, sell European, fund European”. L’obiettivo è costruire un ecosistema digitale sovrano, aperto e resiliente, basato su valori e capacità europee.
Secondo un whitepaper pubblicato a maggio 2025, l’attuale dipendenza tecnologica è un rischio critico, quantificabile in miliardi di euro e milioni di posti di lavoro. Il documento denuncia anche il fenomeno della “techflation”: aumenti medi del 10% annuo imposti da Big Tech ai clienti europei, che minano la competitività e bloccano la possibilità di migrare verso alternative.
Austria, Germania e Danimarca aprono la strada
La scelta dell’Austria di adottare Nextcloud non è un caso isolato. Germania, Danimarca e altri Stati membri stanno seguendo la stessa rotta, migrando verso soluzioni open-source europee per garantire la sovranità dei dati e la conformità al Gdpr. La possibilità di ospitare i dati all’interno dei confini nazionali o regionali è vista come un elemento chiave per la sicurezza e la protezione da potenziali sorveglianze estere.
Il software open-source, in questo scenario, assume un ruolo centrale. Permette sviluppo rapido, maggiore sicurezza e controllo totale su applicazioni e dati, favorendo al contempo la collaborazione globale. È una risposta concreta alla necessità di costruire un’infrastruttura digitale che rispecchi le esigenze e i valori europei.
La pressione diplomatica e il Summit di Berlino
La determinazione europea non è passata inosservata. Gli Stati Uniti stanno esercitando pressioni diplomatiche per attenuare la retorica sull’indipendenza digitale. Il timore è che l’Europa possa davvero emanciparsi da un sistema che, finora, ha garantito alle Big Tech un ruolo dominante.
Il prossimo appuntamento chiave sarà l’European Digital Sovereignty Summit, in programma il 18 novembre a Berlino, sotto l’egida dei ministeri digitali di Germania e Francia. Il vertice si concentrerà sul rafforzamento dell’autonomia digitale europea e sulla riduzione dei legami con le piattaforme statunitensi.
Un futuro digitale europeo: aperto, sicuro e sovrano
L’ambizione è chiara: tagliare del 40% la dipendenza da Big Tech entro il 2030. Per raggiungere questo obiettivo, cresce il sostegno alla creazione di un fondo per la sovranità digitale, destinato a finanziare provider tecnologici europei. L’idea non è solo quella di proteggere i dati, ma di riconquistare il controllo strategico sull’intero ciclo digitale, dall’infrastruttura al software, fino all’intelligenza artificiale.
La sfida è culturale, economica e politica. L’Europa non vuole più essere una “colonia digitale”, come denuncia il documento EuroStack. Vuole essere protagonista, non spettatrice, della trasformazione tecnologica globale. E per farlo, deve costruire un modello alternativo, basato su interoperabilità, trasparenza e governance democratica.












