Non arriverà a dicembre l’attesissimo Digital networks act (Dna) dell’Ue: la Commissione europea ha posticipato al 20 gennaio 2026 la data di pubblicazione della sua nuova legge sul mercato delle telecomunicazioni. Rinviata allo stesso giorno del prossimo anno anche la pubblicazione della revisione del Cybersecurity act, come emerge dal calendario dell’esecutivo Ue.
Il Digital networks act avrebbe dovuto essere approvato a metà dicembre, ma si è incagliato in una serie di ostacoli interni, inclusi i caveat di una commissione di controllo che ha evidenziato carenze nella valutazione dell’impatto della legge, nonché in un acceso dibattito tra fautori e critici (che includono le big tech).
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Digital networks act, l’approvazione rinviata a gennaio
Il Digital networks act intende aggiornare il codice normativo dell’Ue in materia di telecomunicazioni. Il nuovo impianto dovrebbe facilitare l’implementazione del 5G e della fibra ottica da parte degli operatori, sbloccando maggiori investimenti nelle infrastrutture digitali europee.
La Commissione ha aperto il dibattito strategico sulle esigenze infrastrutturali europee già all’inizio del 2024, pubblicando il white paper “How to master Europe’s digital infrastructure needs?”, che ha posto le basi concettuali per un nuovo quadro normativo sulle reti. L’obiettivo è quello di stimolare maggiori investimenti, aumentare l’armonizzazione e andare verso la sovranità digitale.
La Commissione ha quindi lanciato una Call for evidence specifica sul Digital networks act il 6 giugno 2025 per raccogliere contributi da imprese, autorità nazionali, associazioni e società civile.
La Commissione ha affiancato alla consultazione tre studi tematici (interconnessione transfrontaliera, accesso all’infrastruttura, finanziamento) e ha collegato il Dna alla revisione delal Recommendation on relevant markets e ad altri testi (Gigabit Infrastructure act, revisione del Codice europeo delle comunicazioni).
Il dibattito sul Dna nella call for evidence
Nella fase di consultazione numerosi attori hanno inviato contributi. Le grandi telco hanno spinto per la deregulation e l’armonizzazione in modo da favorire investimenti paneuropei.
WindTre, per esempio, sostiene con decisione l’introduzione del Digital networks act, ritenendo che il settore europeo delle telecomunicazioni soffra di un eccesso di frammentazione normativa che limita le economie di scala e scoraggia gli investimenti infrastrutturali. Per WindTre, la creazione di un mercato unico digitale rappresenta una condizione imprescindibile per riportare l’Europa in una posizione di leadership globale. L’operatore sostiene la necessità di regole armonizzate in materia di autorizzazioni, fiscalità e assegnazione dello spettro.
Assoprovider ha espresso, invece, un sì con riserva: il Digital networks act produrrebbe benefici significativi per i principali stakeholder – gli utenti e gli operatori del settore – in particolare grazie alla promozione del mercato unico digitale, ma rischia anche di favorire gli incumbent e la concentrazione di mercato a scapito dei piccoli operatori. Perciò si dovrebbero “preservare e rafforzare gli obblighi specifici per gli incumbent di offrire accesso wholesale alle loro infrastrutture (fibra, cavidotti, rame ecc.) a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie”.
Le critiche dei piccoli operatori su spettro e concorrenza
I piccoli operatori e le associazioni per la concorrenza hanno espresso parecchi timori proprio su accesso e competitività.
Eolo, per esempio, ha detto di considerare superflua l’introduzione di una nuova legislazione vincolante, ritenendo più utile perfezionare le normative esistenti, come il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (Eecc). L’operatore mette in guardia contro l’adozione di norme “dirompenti” che non tengano conto delle specificità territoriali dei singoli Stati membri, come la complessità orografica o la densità abitativa. Inoltre, ha criticato l’idea di una gestione centralizzata dello spettro radio, ha chiesto di evitare di forzare lo switch-off di servizi esistenti per liberare frequenze destinate a utilizzi ancora ipotetici e ha difeso la neutralità tecnologica, sostenendo che il mix tra fibra ottica e Fwa rappresenti una risposta efficace e sostenibile per garantire connettività anche nelle aree meno popolate del Paese.
Anche FibreConnect si è detta preoccupata per un’eccessiva spinta verso la centralizzazione, che rischierebbe di penalizzare i modelli locali di sviluppo infrastrutturale. Secondo l’operatore, l’obbligo di uniformare l’offerta wholesale su scala europea potrebbe compromettere la sostenibilità economica di molte iniziative territoriali.
A sua volta Iliad, pur favorevole al Dna, ha messo in guardia contro il rischio di introdurre una deregulation che finirebbe per rafforzare i soggetti già dominanti, a scapito della concorrenza. L’operatore francese attivo in Italia pone l’accento sulla necessità di garantire un accesso equo e trasparente alle reti, in particolare nei contesti in cui esistono operatori verticalmente integrati con una posizione dominante.
Il valore per le Tlc: mercato unico, più investimenti
Il Digital networks act punta a creare regole più uniformi a livello Ue, riducendo la frammentazione nazionale: questo è il primoe valore per le grandi telco, desiderose di allargare il loro mercato a livello pan-europeo.
Inoltre, prevedendo regole chiare per l’accesso alle infrastrutture, governance dello spettro e snellimento delle procedure (permessi, regole sulle reti), il Dna è visto come leva per attrarre investimenti nel 5G, nel 6G e nella fibra e accelerare il rollout.
Connect Europe, nella sua risposta alla Call for evidence lanciata dalla Commissione Europea sul Digital networks act, ha ben espresso la posizione delle aziende Tlc. Una deregolamentazione ambiziosa, una semplificazione coraggiosa, un’armonizzazione profonda e un campo di gioco competitivo sono gli elementi essenziali per riconquistare la leadership digitale a livello globale nel settore delle Tlc, ha detto l’associazione delle telco europee, esortando le istituzioni europee a cogliere l’opportunità del nuovo pacchetto normativo.
La regolamentazione ex post e i vincoli alle big tech
Tra queste opportunità del Digital networks act c’è il passaggio da controlli ex-ante a ex-post per l’accesso wholesale, adottando il diritto della concorrenza e il Gigabit Infrastructure act come quadro standard. In linea con il Libro bianco della Commissione e le proposte sostenute da Mario Draghi, questo modello – sostiene Connect Europe – promuoverebbe l’investimento, abbandonando il regime basato sul Significant Market Power (SMP), lasciando le obbligazioni ex-ante solo come rete di sicurezza in caso di colli di bottiglia locali.
Connect Europe ha sottolineato anche l’importanza di politiche sullo spettro che garantiscano certezza per gli investimenti a lungo termine, estendendo la durata delle licenze (idealmente fino a 40 anni o a tempo indeterminato) e prevedendo il rinnovo automatico.
L’associazione invoca, infine, la correzione degli squilibri strutturali dell’ecosistema Internet, applicando il principio del “stesso servizio, stesse regole” e imponendo alle big tech di negoziare condizioni eque per i servizi di trasporto dati, con l’introduzione di un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie.
La posizione degli Ott: no alle tariffe di rete
Sul fronte opposto si colloca la Computer & communications industry association (Cccia Europe), che ha criticato la “iper-regolamentazione che si prefigura con il Digital networks act”. Rispondendo alla call for evidence della Commissione europea, l’associazione ha ribadito la contrarietà alla soluzione “taglia unica” che accomunerebbe telco e over the top nelle disposizioni normative.
Cccia Europe – si legge nel documento inviato a Bruxelles – condivide gli obiettivi di semplificazione e armonizzazione normativa, ma esorta a rispettare il principio di migliorare la regolamentazione e a non introdurre tariffe di rete: “una proposta ingiustificata, intrinsecamente controproducente per gli obiettivi del Decennio digitale europeo e per i più ampi obiettivi di digitalizzazione”.
Secondo l’associazione, la Commissione europea dovrebbe “astenersi dal perseguire interventi normativi ingiustificati nel settore di Internet e dell’interconnessione Ip”. Invece la Commissione dovrebbe “dare priorità a misure dal lato della domanda che promuovano l’adozione diffusa delle tecnologie digitali, salvaguardino la natura aperta e competitiva del mercato delle telecomunicazioni“.
Posticipato anche il nuovo Cybersecurity act
La Commissione europea ha posticipato a gennaio anche l’approvazione del nuovo Cybersecurity act. La revisione del Cybersecurity act aggiornerà il processo di certificazione informatica, stabilirà le responsabilità dell’agenzia europea per la sicurezza informatica Enisa e affronterà le questioni relative alla catena di approvvigionamento.
Resta confermata al 19 novembre la pubblicazione dell’omnibus digitale, il meccanismo attraverso il quale l’Ue semplificherà il suo mosaico di normative in materia di tecnologia e digitale.



































































