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Cloud sovrano, occasione di competitività per telco e provider europei



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Broadcom illustra il suo contributo alla costruzione di una proposta di valore per i Csp dell’Ue, grazie a una piattaforma capace di soddisfare i requisiti di residenza dei dati e di autonomia operativa. La domanda di un cloud locale da parte di aziende e PA sta crescendo e i fornitori possono distinguersi puntando su trasparenza, gestione e accesso. L’Italia ha di recente firmato la Dichiarazione europea sulla sovranità digitale: la data sovereignty è al centro

Aggiornato il 12 dic 2025



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La spinta di aziende e pubbliche amministrazioni verso la sovranità digitale sta moltiplicando le offerte di cloud sovrano da parte dei fornitori esteri – con quelli americani in prima fila – con strategie che sempre più si allineano alle esigenze del mercato italiano ed europeo. Aziende e PA sono sempre più attente ad avere infrastrutture digitali sicure e controllo sui propri dati: non basta la residenza, serve l’autonomia da giurisdizioni estere.

Come ha spiegato Martin Hosken, Field CTO, Cloud Partners di Broadcom, in un press briefing virtuale cui ha partecipato CorCom, “il cloud sovrano è la fornitura di servizi cloud all’interno di una giurisdizione che soddisfa i requisiti di residenza dei dati e di autonomia operativa. L’obiettivo è assicurare che i dati e l’infrastruttura siano liberi dal controllo di giurisdizioni esterne e protette dall’accesso di governi stranieri”.

La ragione dietro la richiesta di sovranità è duplice: indipendenza tecnologica ma anche sicurezza strategica – le motivazioni geopolitiche sono una spinta importante verso il cloud sovrano.

Cloud sovrano, i pilastri di Broadcom

La diffusione dell’Ai ha, naturalmente, accelerato l’urgenza di sovranità: le aziende hanno bisogno delle infrastrutture di terze parti per ottenere la capacità di calcolo per le applicazioni di intelligenza artificiale, ma vogliono la garanzia che i loro dati privati non finiscano nei modelli Ai pubblici e che siano rispettate le regole europee.

“Non siamo dei fornitori cloud, ma forniamo la piattaforma che aiuta a ridurre complessità e rischi nella creazione di ambienti sovrani”, ha detto Hosken, illustrando i pilastri del concetto di sovereign cloud per Broadcom: controllo da parte del Csp, residenza dei dati, gestione all’interno di una precisa giurisdizione senza interferenze estere e compliance normativa.

Non esiste una definizione univoca di cloud sovrano, ma uno studio di Broadcom sul sovereign cloud in Europa commissionata alla Queen Mary University di Londra ha mostrato una concreta opportunità per i Cloud service provider (Csp) europei, che vedono nella sovranità dei dati un’opportunità competitiva, puntando su trasparenza, gestione e accesso.

Italia in prima fila sulla sovranità digitale

La Commissione europea preme fortemente sulla realizzazione di un cloud sovrano, con progetti che cercano di abbracciare l’intero stack tecnologico del cloud, dall’infrastruttura allo spazio dati. Anche l’Italia ha varato la sua Strategia Cloud, ponendosi, in questo ambito, tra i pionieri, come ha ricordato Rodolfo Rotondo, Business Solution Strategist Director di Broadcom. Frutto di quella strategia sono iniziative come il Polo Strategico Nazionale (Psn), i prodotti cloud certificati per la PA, nonché i nuovi compiti assegnati ad Acn e Agid.

Tanta urgenza di ripristinare il controllo sui pilastri della trasformazione digitale si lega al forte dominio dei provider esteri: Aws, Microsoft e Google accentrano il 72% della spesa cloud dell’Ue, secondo dati ufficiali della Commissione europea. Nel 2021, il Centre for European Policy Studies dell’Ue ha anche stimato che il 92% dei dati del mondo occidentale è attualmente conservato negli Usa.

Tuttavia, negli anni più recenti, il rischio di vendor lock-in, la perdita di rilevanza dell’Europa sulle tecnologie della trasformazione digitale e i cambiamenti in atto nell’atteggiamento politico e commerciale degli Stati Uniti hanno portato governi e imprese ad apprezzare le offerte locali e con garanzie di sovranità.

In Italia cresce il private cloud

Il citato studio Broadcom ha mostrato che circa il 70% delle organizzazioni europee si preoccupa della possibile esposizione a leggi extra-Ue legata all’ambiente cloud. E circa il 70% prevede anche di adottare qualche forma di cloud sovrano per assicurare la conformità normativa.

“Più del 75% delle organizzazioni non Usa avrà una strategia di sovranità digitale anche secondo Gartner”, ha evidenzato Rotondo. “E in Italia l’Osservatorio Cloud del Politecnico di Milano ha rilevato un aumento del 23% nel 2025 del private cloud rispetto al +9% dell’anno prima, segno che c’è una crescente domanda di controllo del dato”.

Broadcom propone la VMware Cloud Foundation (VCF), una piattaforma di cloud privato facile da implementare e utilizzare, che riduce costi e rischi. Come ha spiegato Rotondo: “È piattaforma che abilita i cloud provider a fornire servizi di livello hyperscaler, incluse le applicazioni Ai, lasciando libertà di scelta grazie alla portabilità della licenza e garantendo standardizzazione e interoperabilità tra i vari cloud e tra ambienti cloud e on-prem”.

VMware Cloud Foundation, infatti, permette alle aziende di costruire, gestire e scalare ambienti cloud privati sicuri, ibridi e on-premise, integrando funzionalità di Ai, sicurezza e gestione multimodale dei dati, sfruttando anche tecnologie open-source. Con VCF le aziende possono assicurarsi di mantenere dati e workload nei loro confini nazionali.

“Il vero cloud sovrano è privato, ma non deve essere necessariamente on-prem: può essere anche ospitato da un sovereign cloud provider che garantisce ambienti cloud ibridi”, ha concluso Rotondo.

Cloud sovrano, occasione per le telco

Il fermento sul mercato del cloud sovrano europeo è evidente e l’occasione per nuovi fornitori, come le telco, è concreta. Deutsche Telekom, per esempio, ha presentato T Cloud, una piattaforma cloud concepita per offrire soluzioni sovrane, scalabili e sicure, tutte sotto un unico tetto. La piattaforma è frutto della collaborazione tra Telekom Deutschland e T-Systems e si propone come alternativa concreta ai grandi hyperscaler americani,con un approccio multi-cloud che integra infrastrutture proprietarie e servizi di partner selezionati.

Anche BT sta ampliando la sua attività nel campo del cloud sovrano, con la la piattaforma Global Fabric, confermando che il settore è percepito come grande opportunità dalle telco,che hanno una possibilità di fare concorrenza alle big tech Usa e riprendersi ampie fette di un mercato di valore.

In Italia Tim ha pubblicato un instant book che ambisce a essere al tempo stesso strumento didattico e manifesto politico-economico sul cloud sovrano. Nel documento l’amministratore delegato Pietro Labriola sottolinea come la sovranità digitale non sia più un’opzione, ma una necessità.

I benefici del cloud sovrano, infatti, non si esauriscono nella protezione delle informazioni sensibili. Un’infrastruttura sovrana rafforza la capacità di innovare, sostiene la trasformazione industriale, favorisce la nascita di nuovi servizie applicazioni, attrae investimenti e offre alle imprese strumenti per crescere senza dipendere da fornitori esteri. Significa garantire proprietà intellettuali, sviluppare ecosistemi nazionali e promuovere un’innovazione che sia anche sostenibile dal punto di vista giuridico e tecnologico.

Butti firma la Dichiarazione Ue sulla sovranità digitale

La Dichiarazione europea sulla sovranità digitale, presentata il 18 novembre 2025 e firmata da tutti gli Stati membri, vede l’Italia tra i protagonisti. Il documento segna una svolta nella politica digitale dell’Unione: la sovranità non è più evocata solo come slogan, ma viene tradotta in una cornice chiara di obiettivi, principi e strumenti operativi.

Sin dall’incipit, la Dichiarazione individua nella sovranità digitale il cuore della strategia europea. Essa viene definita come la capacità dell’Ue e dei suoi Stati membri di agire in modo autonomo nel mondo digitale, scegliendo liberamente le proprie soluzioni tecnologiche, pur beneficiando della collaborazione con partner globali quando ciò è possibile e compatibile con i valori europei. È un equilibrio delicato: l’Europa vuole ridurre le sue dipendenze, in particolare nelle tecnologie critiche, ma rifiuta l’idea di una chiusura protezionistica che la isolerebbe dal flusso globale di ricerca e innovazione.

Annunciando la firma il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale, Alessio Butti, ha ricordato che “sovranità digitale non vuol dire chiudersi al mondo, ma dotarsi degli strumenti necessari per scegliere in autonomia le proprie soluzioni tecnologiche, proteggere i dati più sensibili e rafforzare le infrastrutture critiche“.

Data sovereignty: la tutela del dato come bene strategico

Al centro del documento il concetto di “data sovereignty”. I dati vengono riconosciuti come un asset strategico, tanto per il settore pubblico quanto per quello privato. Proteggere i dati più sensibili dalle interferenze esterne è un elemento imprescindibile della sovranità digitale.

La Dichiarazione richiama la necessità di garantire che le informazioni critiche, soprattutto quando riguardano ambiti come sanità, finanza, sicurezza o infrastrutture, siano trattate nel quadro delle norme europee e non possano essere sottoposte in modo arbitrario a legislazioni extra Ue.

Una parte significativa del documento è dedicata alle reti di comunicazione di nuova generazione, alle infrastrutture satellitari e alle tecnologie quantistiche, viste come fattori determinanti per la sicurezza, la resilienza e la competitività del continente. Cloud e intelligenza artificiale vengono riconosciuti come ambiti strategici, nei quali l’Europa deve sviluppare soluzioni proprie, capaci di competere con i colossi extraeuropei, pur continuando a cooperare con essi nel rispetto delle regole comuni.

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