Terzo Mondo, i cellulari spingono la micro-imprenditoria

Rapporto Unctad 2010: nei Paesi meno sviluppati sempre più utenti usano il telefonino per avere info utili a migliorare le condizioni di lavoro. Parallelamente aumenta il numero di aziende. “Ma i governi devono colmare il gap infrastrutturale e culturale”

Pubblicato il 03 Nov 2010

Non solo comunicazione. Nei Paesi meno sviluppati (Pms) i cellulari
vengono utilizzati anche per combattere e ridurre la povertà. A
dirlo il nuovo studio della Conferenza delle Nazioni Unite sul
Commercio e lo sviluppo (Unctad) che rileva una tendenza più
evidente in Africa.

Nello specifico il “Rapporto 2010 sull'economia
dell'informazione: Ict, imprese e riduzione della povertà”
rivela che parallelamente alla crescita delle nuove tecnologie, in
particolare dei telefonini, nei Pms aumenta anche il numero di
micro-imprese, creando nuovi mezzi di sostentamento per i poveri.
Tanto che nel continente ci sono più telefoni cellulari che conti
bancari. "La telefonia mobile è cresciuta a tasso
esponenziale in Africa, con il 50% di penetrazione alla fine del
2009 – spiega Remi Lang, funzionario per gli Affari economici
associati di Unctad -. Questa crescita dimostra la capacità della
telefonia mobile di colmare il divario digitale".

Agricoltori, pescatori e perfino gli imprenditori utilizzano la
telefonia cellulare ed altre tecnologie della comunicazione per
incrementare i propri mezzi di sussistenza. "In diverse
nazioni povere l'uso di telefoni cellulari ha trasformato la
vita degli agricoltori – si legge nel report -. I cellulari
aiutano i contadini ad ottenere informazioni riguardo ai prezzi di
mercato ed ad avere un contatto diretto con i loro
clienti".
Il  “successo” dell’Ict nel Paesi meno sviluppati è dunque
determinato dalla capacità dei telefoni cellulari di aiutare i
lavoratori più poveri ad accedere a informaizoni utili a loro
mestiere. Tali informazioni possono riguardare i prezzi di mercato,
previsioni meteorologiche e nuove opportunità di guadagno.
“Con la telefonia cellulare i pescatori, ad esempio, sono in
grado di comparare i prezzi e scegliere l'opzione migliore
esemplifica lo studio –. Inoltre si creano nuove opportunità di
lavoro legate alla domanda locale di cellulari, di servizi ed
applicazioni ad essi collegati. Molte persone povere vendono
servizi monetari air-time o cellulari nelle strade o nei
negozi”.
Ma le nuove tecnologie non sono una panacea contro il “male”
della povertà a meno che la loro diffusione non sia affiancata da
una azione strategica dei governi. “La presenza di un supporto
illuminato dei governi – puntualizzano gli esperti dell’Unctad
– garantisce maggiori benefici utili alla creazione di una base
di sviluppo per le imprese di piccola scala”.

Presenza necessaria anche per colmare il gap infrastrutturale,
soprattutto per quel che riguarda le reti elettriche. La carenza di
reti, infatti, ostacola sia la diffusione di tecnologie fisse ma
anche mobili, dato che spesso ci sono difficoltà nel ricaricare la
batteria dei device.  “Finché non verrà trovata una soluzione
per fornire elettricità in maniera continuativa e conveniente –
avverte l’Unctad – l'accesso all'Ict sarà
inevitabilmente ristretto, in particolare fra i poveri e le piccole
imprese delle zone rurali”. Stesso discorso per
l’alfabetizzazione digitale per la quale va messa in campo una
strategia ad hoc. “I governi si dovrebbero occupare dello
sviluppo di competenze pertinenti, della promozione
dell'alfabetizzazione digitale e del sostegno allo sviluppo di
applicazioni da parte degli attori interessati – conclude lo
studio – Questo aiuterebbe a promuovere le competenze necessarie
fra i poveri e nelle piccole imprese per un utilizzo completo del
potenziale delle Ict nella riduzione della povertà”.

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