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Accordo Gedi-OpenAI, altolà del Garante sulla vendita dei dati personali



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Inviato al gruppo editoriale un avvertimento formale: l’intesa potrebbe violare le disposizioni del Regolamento Ue “con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste dalla normativa”

Pubblicato il 29 nov 2024

Federica Meta

Giornalista



garante privacy

L’accordo Gedi-OpenAI nel mirino del Garante Privacy che ha inviato al gruppo editoriale un avvertimento formale a valle di un’istruttoria avviata lo scorso settembre.

Il contenuto dell’avvertimento

Nell’avvertimento l’Autorità sottolinea che “gli archivi digitali dei giornali conservano le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali anche estremamente delicati che non possono essere licenziati in uso a terzi per addestrare l’intelligenza artificiale, senza le dovute cautele”.

In questo senso, se il Gruppo Gedi, in forza dell’accordo firmato lo scorso 24 settembre con OpenAI, comunicasse a quest’ultima i dati personali contenuti nel proprio archivio, potrebbe violare le disposizioni del Regolamento Ue, con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste dalla normativa.

Il vulnus giuridico dell’accordo

Sulla base delle informazioni ricevute, l’Autorità ritiene che le attività di trattamento sono destinate a coinvolgere un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario, e che la valutazione d’impatto, svolta dalla società e trasmessa al Garante, non analizzi sufficientemente la base giuridica in forza della quale l’editore potrebbe cedere o licenziare in uso a terzi i dati personali presenti nel proprio archivio a OpenAI, perché li tratti per addestrare i propri algoritmi.

Il provvedimento di avvertimento evidenzia, infine, come non appaiano sufficientemente adempiuti gli obblighi informativi e di trasparenza nei confronti degli interessati e che Gedi non sia nelle condizioni di garantire a questi ultimi i diritti loro spettanti ai sensi della disciplina europea sulla privacy, in particolare il diritto di opposizione.

L’accordo Gedi-OpenAI

L’accordo tra Gedi e la casa madre di ChatGpr è stato firmato lo scorso settembre e prevede gli utenti di ChatGPT abbiano accesso ai contenuti in lingua italiana provenienti dalle testate del gruppo editoriale.

In particolare, gli utenti potranno accedere a citazioni, contenuti e link alle pubblicazioni di Gedi, tra cui La Repubblica e La Stampa. Questo, si leggeva in una nota, “permetterà di migliorare la rilevanza e l’accesso ai prodotti di OpenAI, inclusi ChatGPT e il prototipo SearchGPT, per gli utenti in Italia”.

La partnership offrirà inoltre a entrambe le società “nuove opportunità per ulteriori collaborazioni su funzionalità e prodotti basati sull’AI, migliorando il modo in cui i lettori accedono e interagiscono con le notizie in Italia”.

L’allarme Fnsi

All’indomani dell’accordo i sindacati dei giornalisti vevano lanciato l’allarme.

“L’AI deve essere gestita – sottolineava una nota di Fnis, Stampa Roma e Stampa Subalpina- per evitare che possa addestrarsi con i contenuti dei giornalisti e prepararsi quindi a sostituirli. Di conseguenza, l’accordo di Gedi deve necessariamente avere sia un approfondimento tecnico -ad esempio capire se ChatGpt oltre a citare gli articoli ha avuto dall’azienda il via libera per assorbirli e quindi addestrarsi, ma anche se i contenuti saranno ‘marcati’ in modo da poter essere contabilizzati- sia dal punto di vista contrattuale, perché l’utilizzo dei prodotti giornalistici coperti da copyright possa avere una ricaduta economica positiva anche sulla redazione”.

Su questi temi e su altri, “sarà necessario un confronto rapido e trasparente, che metta le organizzazioni sindacali in grado di avere tutte le risposte, da quelle economiche a quelle tecniche”.

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