Il Polo Strategico Nazionale (PSN) rappresenta il primo grande passo verso una gestione unitaria e sicura dei dati pubblici italiani. Ma l’evoluzione tecnologica, accelerata dall’intelligenza artificiale e dal paradigma dell’edge computing, impone oggi un cambio di prospettiva.
Il modello del cloud federato, proposto da Assinter, nasce per rispondere a questa esigenza, affiancando al PSN una rete di data center pubblici qualificati e distribuiti sul territorio. Questi centri, gestiti dalle società in-house regionali, consentirebbero di mantenere prossimità e controllo sui dati, rafforzando la resilienza e l’interoperabilità del sistema pubblico.
Come spiega Pietro Pacini, direttore generale di Assinter, “il cloud federato rappresenta la chiave per integrare il Polo Strategico Nazionale in una visione di sistema capace di affrontare le sfide dell’AI e dell’edge cloud”.
Il principio guida è chiaro: non sostituire il PSN, ma potenziarlo attraverso una rete pubblica coordinata, in grado di mettere a sistema le competenze e gli investimenti delle Regioni.
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Perché l’Italia ha bisogno di un modello federato
L’Italia digitale è ancora a geometria variabile. Se Roma e Milano concentrano le infrastrutture più avanzate, molti territori restano penalizzati da una carenza di connettività e risorse cloud.
Un modello federato consentirebbe di decentralizzare l’elaborazione dei dati, riducendo i costi di latenza e migliorando l’efficienza complessiva dei servizi pubblici.
La logica è quella della prossimità digitale: portare la capacità computazionale vicino ai luoghi in cui nascono i dati, e quindi ai cittadini e alle amministrazioni locali.
Questo approccio permette di valorizzare gli investimenti regionali già effettuati, evitando duplicazioni e sprechi. Inoltre, garantisce una maggiore autonomia dalle piattaforme globali, rafforzando la sovranità tecnologica del Paese.
Nel cloud federato ogni nodo partecipa a una rete cooperativa che garantisce sicurezza condivisa, interoperabilità e indipendenza dai grandi provider internazionali.
L’intelligenza artificiale come motore del nuovo ecosistema
L’attuale architettura cloud italiana, delineata nel PNRR, è stata concepita prima dell’avvento dell’AI generativa. Oggi, la gestione intelligente dei dati richiede flessibilità, velocità e potenza di calcolo distribuita.
Il cloud federato risponde a queste esigenze, permettendo di distribuire i modelli di AI direttamente nei data center regionali, evitando di spostare grandi volumi di dati sensibili.
Grazie al federated learning, gli algoritmi possono essere addestrati localmente, preservando la riservatezza e migliorando le performance delle applicazioni.
Questo modello abilita anche servizi di intelligenza artificiale di prossimità, più aderenti ai bisogni dei territori — dalla sanità digitale ai servizi ambientali, dalla mobilità intelligente alla sicurezza urbana.
Come osserva Pacini, “Il rischio più grande è restare fermi: investire oggi su architetture rigide equivale a inseguire un passato che si è già dissolto”.
Le in-house pubbliche come infrastrutture strategiche
Nel disegno del cloud federato, le società in-house regionali sono protagoniste e non semplici esecutori. Realtà come CSI Piemonte, Liguria Digitale, Lepida e Aria Lombardia rappresentano veri e propri nodi di un’infrastruttura pubblica distribuita, qualificata e certificata dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN).
Queste strutture possiedono competenze tecniche avanzate e una conoscenza profonda dei contesti amministrativi locali.
L’esempio di Liguria Digitale, che ha ottenuto la qualificazione di livello 3 per la gestione di dati strategici nazionali, dimostra come le Regioni possano giocare un ruolo decisivo.
“Il cloud federato non è un’alternativa al PSN, ma la sua naturale estensione”, spiega Pier Paolo Greco, amministratore unico della società. “Un modo per rendere scalabile la digitalizzazione della PA, mantenendo la governance dei dati e la capacità di innovare a livello locale”.
Fulcrum e la federazione europea delle infrastrutture
La prospettiva federata si inserisce in un contesto europeo più ampio, in linea con i principi di Gaia-X.
In Italia, un esempio di questa visione è il progetto Fulcrum, promosso dal Consorzio TOP-IX, che riunisce cloud provider e Internet Exchange Point in un ecosistema condiviso e aperto.
L’obiettivo è creare una rete interoperabile e conforme agli standard UE, capace di offrire soluzioni su misura e garantire roaming infrastrutturale, proprio come avviene nelle telecomunicazioni mobili.
Il sistema si basa su due pilastri: l’InterCloud Exchange Foundation (ICX), che definisce i framework open-source di cooperazione, e il Computing Exchange Market (CEM), che consente lo scambio e la composizione dinamica delle risorse cloud.
Il risultato è un mercato distribuito, flessibile e competitivo, capace di offrire soluzioni conformi al Data Governance Act e all’AI Act.
Sicurezza, sovranità e sostenibilità
Uno dei punti di forza del cloud federato è la sua capacità di conciliare sicurezza, sovranità e sostenibilità.
Sul piano della sicurezza, il modello distribuito riduce i rischi di concentrazione e vulnerabilità, permettendo una difesa multi-livello coordinata dai CSIRT regionali. La sovranità digitale, invece, si traduce nella possibilità di gestire interamente in Italia i dati critici e strategici della PA, senza dipendere da provider extraeuropei.
Infine, la sostenibilità ambientale emerge come elemento imprescindibile. Le in-house stanno investendo in data center green, sale ad alta efficienza energetica e sistemi di raffreddamento condivisi con le comunità energetiche. Un modello distribuito, dunque, non solo più sicuro ma anche più ecologico e socialmente responsabile.
Una strategia in evoluzione
Aggiornare la strategia cloud nazionale significa passare da un piano statico a un processo evolutivo. Come sottolinea Greco, occorre “bilanciare centralizzazione e flessibilità, adottare standard aperti e garantire interoperabilità piena tra il PSN e le infrastrutture regionali”.
Le parole chiave sono multicloud controllato, edge computing, serverless architecture e identità digitale federate. Ma la tecnologia, da sola, non basta: serve una governance cooperativa tra Stato e Regioni, una rete di competence center che formi nuove professionalità cloud, e un meccanismo permanente di aggiornamento strategico.