Il via libera ai 14 nuovi data center in Italia rappresenta un passaggio cruciale per la crescita digitale del Paese e il consolidamento della sua attrattività nel panorama europeo. Questa autorizzazione, che interessa in modo preponderante la Lombardia e, in misura più contenuta, il Lazio, conferma la persistente concentrazione degli investimenti infrastrutturali in aree già consolidate dal punto di vista logistico ed economico. Tale dinamica, lungi dall’essere sorprendente, riflette la naturale gravitazione del capitale verso ecosistemi maturi e infrastrutture collaudate. Tuttavia, questo scenario apre al tempo stesso un dibattito strategico e imprescindibile sulla distribuzione territoriale delle infrastrutture digitali e sulla sostenibilità complessiva del settore, temi che non possono essere relegati a una dimensione meramente tecnica ma richiedono una visione sistemica e lungimirante per garantire uno sviluppo equo e armonioso dell’intero territorio nazionale.
Indice degli argomenti
L’approccio del ministero dell’Ambiente
L’approccio adottato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che ha valutato non soltanto gli aspetti tecnico-progettuali ma anche i criteri di sostenibilità ambientale, costituisce indubbiamente un segnale incoraggiante di maturità istituzionale. Si riconosce finalmente, e in modo esplicito, che la crescita esponenziale del mercato dei data center non può prescindere da un uso responsabile e consapevole delle risorse – energetiche, idriche e territoriali – né dall’integrazione armoniosa con le comunità locali e il tessuto sociale circostante. In un contesto globale in cui l’intelligenza artificiale e il cloud computing generano una domanda energetica in costante e vertiginosa ascesa, diventa essenziale, e non più procrastinabile, che le nuove infrastrutture adottino soluzioni innovative per l’efficienza energetica e investano concretamente nell’autoproduzione da fonti rinnovabili certificate.
I ritardi dell’Italia
L’Italia sta finalmente colmando un ritardo storico nella disponibilità di infrastrutture digitali strategiche, un gap che per troppo tempo ha limitato la competitività del Paese nell’economia digitale globale. Tuttavia, la vera sfida non risiede esclusivamente nell’autorizzare nuovi impianti, quanto piuttosto nel garantire che il loro sviluppo sia sostenibile e strutturato nel lungo periodo, bilanciando con rigore impatti ambientali, costi energetici e benefici economici tangibili per i territori interessati. Un approccio meramente quantitativo rischia infatti di generare un’espansione disordinata e poco lungimirante, con conseguenze potenzialmente critiche sul piano della sostenibilità complessiva. Accanto ai grandi progetti greenfield, andrebbe inoltre valutato il destino dei data center esistenti che non rispondono più ai requisiti ambientali o di efficienza: il loro adeguamento potrebbe rappresentare una seconda leva di crescita e innovazione per il settore.
Una chance irripetibile
Per chi opera nella progettazione, costruzione e gestione dei data center, questa fase di espansione rappresenta un’opportunità unica e irripetibile, ma al contempo impone una responsabilità collettiva che non può essere sottovalutata. Servono competenze trasversali e specialistiche in materia di cost management, energy governance, progettazione sostenibile e conformità normativa, perché solo un approccio integrato e olistico potrà effettivamente coniugare sviluppo industriale e sostenibilità reale, evitando che la crescita si riduca a un mero esercizio di espansione infrastrutturale priva di visione strategica. L’Italia ha oggi l’occasione storica di costruire non solo più data center, ma data center migliori: efficienti dal punto di vista energetico, resilienti nelle loro architetture, sostenibili nelle loro emissioni e pienamente integrati nel tessuto economico, sociale e ambientale del Paese.



































































