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Google, in Europa gli editori sul piede di guerra: “No al blocco dei contenuti giornalistici”



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Il colosso americano pronto ad avviare un test in numerosi Paesi, fra cui l’Italia: gli articoli di stampa fuori da News, Search e Discover. “Decisione unilaterale inaccettabile”. Intanto negli Usa si stringe il cerchio sul dossier Chrome: secondo indiscrezioni il Dipartimento di Giustizia sarebbe pronto a deliberare sullo scorporo

Pubblicato il 19 nov 2024



smartphone, applicazioni

Le associazioni europee del settore editoriale bocciano la decisione di Google di testare il blocco dei contenuti giornalistici all’interno dei servizi News, Search e Discover. Nello specifico, la European Magazine Media Association (Emma), la European Newspaper Publishers’ Association (Enpa) e News Media Europe (Nme) si dicono “estremamente preoccupate per la mancanza di informazioni e di trasparenza di questa iniziativa, nonché per le conseguenze che potrebbe avere per gli editori di stampa europei. Esortiamo pertanto Google a sospendere i test con effetto immediato e ad avviare un dialogo con il settore editoriale della stampa europea per concordare, in modo costruttivo e trasparente, una strada comune da seguire”.

Il piano di Google e la sorpresa degli editori

Il test di Google dovrebbe riguardare l’1% degli utenti di Belgio, Croazia, Danimarca, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Spagna (la Francia era stata inizialmente inclusa). Gli editori lamentano che il gruppo di Mountain View non ha consultato né informato preventivamente i diretti interessati o le associazioni di settore e “il suo annuncio è stato una vera sorpresa“, dicono gli editori in una nota.

Le associazioni sottolineano come “l’importanza dei contenuti giornalistici nel modello di guadagno di Google è da tempo un punto di discussione” rispetto al quale la società “finora non è stata molto trasparente”.

D’altra parte, “l’annuncio unilaterale circa la riduzione dei contenuti giornalistici non è solo una risposta inappropriata ma anche una mossa inaccettabile” con la quale, continua la nota, “Google valuterà Google sulla base di parametri di ricerca determinati da Google”.

Le associazioni sostengono che “per anni le aziende tecnologiche hanno sistematicamente e senza alcuna giustificazione presentato il valore dei nostri contenuti giornalistici, per esempio nella ricerca, molto minore di quanto non sia in realtà“. Soprattutto nel caso di un gatekeeper digitale come Google, concludono le associazioni, “è fondamentale che ogni potenziale ricerca sia condotta in piena trasparenza e dopo una consultazione tempestiva con gli editori, sia testata e verificata in modo indipendente da terze parti indipendenti e che i risultati siano condivisi pubblicamente”.

Google dovrà vendere il browser Chrome?

Nel frattempo Google deve affrontare una grana ben più grossa in madrepatria: lo scorso agosto, una sentenza antitrust del giudice distrettuale Amit Mehta aveva stabilito che il gruppo ha monopolizzato illegalmente il mercato dei motori di ricerca, a cui è seguita a ottobre una raccomandazione emessa dal Dipartimento di Giustizia americano, secondo cui la società dovrebbe deve cambiare il proprio modello di business e aprire il motore di alla concorrenza. Ebbene, oggi il dipartimento Usa intenderebbe obbligare il colosso tecnologico a vendere il browser Chrome.

Il condizionale è d’obbligo, visto che si tratta di un’indiscrezione riportata da Bloomberg, che cita fonti a conoscenza del dossier. La notizia però è stata rilanciata da diversi media: “Secondo quanto riferito dall’agenzia”, scrive per esempio il New York Post, “il dipartimento di Giustizia chiederà al Tribunale di imporre misure relative all’intelligenza artificiale e al suo sistema operativo per smartphone Android“.

Se non sono arrivati commenti dal Dipartimento di Giustizia, Google, in una dichiarazione della sua vicepresidente agli affari legali, Lee-Anne Mulholland ha affermato che le autorità stanno promuovendo un “programma radicale che va ben oltre le questioni legali in questo caso”.

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