L’ANALISI

Intelligenza artificiale driver di rilancio per il Pil europeo. Il Fmi: “Ma solo con il mercato unico”



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L’AI può riportare l’Europa alla produttività – stima il Fondo monetario internazionale – ma occorrerà superare le frammentazioni e ricalibrare la regulation in ottica pro-innovazione. Fondamentali le riforme che favoriscono la crescita e la protezione dei lavoratori

Pubblicato il 17 dic 2025



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L’intelligenza artificiale (Ai) può spezzare il circolo vizioso di anni di stagnazione del Pil europeo, perché l’automazione delle attività e il miglioramento delle capacità umane promettono significativi incrementi di produttività. Tuttavia, il raggiungimento di questi progressi dipenderà dall’impegno dei Paesi europei in riforme che favoriscano la crescita e dalla volontà di essere flessibili in materia di regolamentazione, per favorire lo sviluppo delle nuove tecnologie.

In assenza di riforme, l’aumento di produttività a medio termine derivante dalla sola Ai varierebbe considerevolmente da paese a paese e per l’Europa nel suo complesso sarebbe piuttosto modesto: circa l’1,1% cumulativo in cinque anni. Con riforme a favore della crescita, invece, sono possibili guadagni molto maggiori nel lungo periodo.

È quanto ha concluso una ricerca condotta da quattro esperti del Fmi, Florian Misch, Ben Park, Carlo Pizzinelli e Galen Sher, e pubblicata syl sito Imf.org.

L’Ai può avere un effetto-volano sul Pil

Tre fattori determinano gli effetti dell’adozione dell’Ai sulla produttività, scrivono gli autori dello studio.

Il primo è l’ingresso dell’Ai in diversi settori e professioni, dove l’Ai può automatizzare o potenziare le attività in vario grado. Il secondo sono gli incentivi delle aziende ad adottare l’Ai, in particolare i potenziali risparmi sui costi del lavoro. Il terzo sono gli aumenti medi di produttività in tutte le professioni.

“Contrariamente alle passate tecnologie di automazione, l’esposizione all’Ai è particolarmente elevata nei lavori professionali, manageriali o amministrativi non manuali e spesso basati sulla conoscenza, come la finanza o lo sviluppo software”, scrivono gli analisti del Fmi. “I paesi europei ne trarrebbero beneficio in diversa misura. I paesi ad alto reddito ne trarrebbero, in media, maggiori benefici perché dispongono di più servizi impiegatizi, il che li rende più esposti all’Ai. Hanno anche livelli salariali più elevati, il che aumenta gli incentivi ad adottare tecnologie che consentono di risparmiare manodopera. Ad esempio, la Norvegia potrebbe guadagnare fino al 5% nello scenario più ottimistico”.

I guadagni per le economie a basso reddito saranno probabilmente più limitati, il che significa che l’Ai potrebbe temporaneamente ampliare le disparità di produttività all’interno dell’Europa. Ad esempio, la Romania potrebbe aggiungere poco meno del 2% anche in uno scenario ottimistico. Gli aumenti di produttività potrebbero essere maggiori in tutti i paesi se il costo dei sistemi di Ai diminuisse più rapidamente.

I benefici nel lungo periodo

Il miglioramento delle capacità dei modelli di intelligenza artificiale suggerisce, tuttavia, che i guadagni potrebbero essere molto più consistenti su un orizzonte temporale più lungo.

“L’Ai potrebbe avere effetti trasformativi creando nuovi settori e catene del valore”, affermano gli autori. “Potrebbe anche stimolare la crescita del Pil in modo più duraturo accelerando la ricerca e lo sviluppo. Ad esempio, esistono già prove che l’intelligenza artificiale acceleri e migliori lo sviluppo di farmaci”.

Studi recenti stimano l’impatto a lungo termine sulla crescita annuale della produttività del lavoro, considerando che l’Ai non viene utilizzata solo per produrre beni e servizi, ma anche per creare nuove conoscenze commerciali. Negli Stati Uniti, la crescita annuale del Pil potrebbe aumentare dell’1% annuo, mentre per l’Europa i guadagni potrebbero essere sostanziali, ma non altrettanto elevati.

Come dovrebbero rispondere le politiche europee

Per sfruttare appieno il potenziale dell’Ai, l‘Europa deve concentrarsi sulla rimozione delle barriere che limitano la diffusione delle competenze e della tecnologia e la crescita delle aziende. Il recente Regional Economic Outlook for Europe del Fm ha evidenziato diverse priorità politiche.

La prima è rafforzare il mercato unico dell’Unione europea: “L’obiettivo deve essere quello di facilitare l’accesso delle aziende innovative nel campo dell’Ai a una base clienti più ampia a livello europeo”, si legge nello studio. “Ciò richiede la rimozione delle barriere ai servizi transfrontalieri, l’apertura dei settori protetti e l’armonizzazione degli standard, tutti fattori che possono contribuire a ridurre i costi di sviluppo e adozione degli strumenti di Ai”.

L’unione dei mercati dei capitali e del lavoro

C’è, ovviamente, un altro fattore da cui dipende l’impatto positivo dell’Ai sul Pil: i capitali.

“Il finanziamento degli investimenti rischiosi che sostengono lo sviluppo dell’Ai (spesso basati su beni immateriali come software e proprietà intellettuale) richiede mercati finanziari più forti e integrati”, scrivono gli autori. Di conseguenza, “Un’Unione dei Mercati dei Capitali ben funzionante può aumentare la disponibilità di capitale di rischio convogliando maggiori risparmi verso iniziative tecnologiche in fase iniziale e rischiose nel campo dell’intelligenza artificiale”.

Al tempo stesso, mercati del lavoro flessibili e una protezione sociale trasferibile sono fondamentali per aiutare i lavoratori a passare a settori e aziende in espansione grazie all’intelligenza artificiale. Ad esempio, semplificare il riconoscimento dei titoli di studio, migliorare l’accessibilità economica degli alloggi e garantire la trasferibilità delle pensioni può facilitare il passaggio ai settori in cui si presentano le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale.

Creare un mercato energetico più efficiente è un altro ingrediente chiave.

“Un’elettricità accessibile e affidabile supporterà i data center che alimentano i sistemi di intelligenza artificiale”, si legge nella ricerca. “Garantire un approvvigionamento energetico competitivo e a basse emissioni di carbonio attraverso una migliore integrazione del mercato sosterrà sia le infrastrutture di intelligenza artificiale che la più ampia transizione verde dell’Europa”.

Ai per aumentare il Pil: servono regole flessibili

Infine, l’Europa deve rendere la sua regolamentazione il più possibile flessibile.

“Pur affrontando importanti questioni relative alla protezione dei dati, all’etica e alla sicurezza legate all’intelligenza artificiale, la regolamentazione dovrà essere calibrata dinamicamente per gestire i compromessi tra la gestione dei rischi e la promozione della crescita attraverso l’adozione dell’intelligenza artificiale“, scrivono gli autori dello studio. “Altrimenti, anche una parte dei moderati dividendi di produttività derivanti dall’adozione dell’Ai nei prossimi anni potrebbe andare persa”.

In conclusione, sfruttare appieno il potenziale dell’A idipende dalle scelte politiche che l’Europa compie oggi. Anche i moderati guadagni di produttività dell’Ai nei prossimi anni sarebbero significativi rispetto alle deboli prospettive di crescita economica dell’Europa, notano gli esperti del Fmi. Cogliere benefici più ampi e a lungo termine – e tenere il passo con gli Stati Uniti – dipenderà soprattutto dalla capacità dell’Europa di muoversi rapidamente nella costruzione di un mercato unico più dinamico e integrato.

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