La battaglia legale di Amazon contro la Commissione europea si è conclusa con un verdetto netto: il Tribunale dell’Unione europea ha respinto il ricorso, confermando la designazione del servizio Amazon Store come piattaforma online di dimensioni molto grandi ai sensi del Digital Services Act (DSA). Una qualificazione che comporta obblighi aggiuntivi e stringenti, giustificati – secondo i giudici – dall’esigenza di controllare i rischi sistemici connessi ai grandi intermediari digitali.
Il DSA prevede una soglia precisa: 45 milioni di utenti nell’Unione europea, equivalenti al 10% della popolazione europea. Superato tale limite, una piattaforma entra in una classe regolatoria più severa, concepita per prevenire abusi, opacità negli algoritmi, diffusione di contenuti illeciti e mancata tutela dei consumatori. Amazon sosteneva che questa designazione violasse diritti fondamentali, dalla libertà d’impresa alla protezione delle informazioni riservate. Tuttavia, la Corte ha stabilito che l’interesse generale legato alla sicurezza digitale e alla trasparenza prevale su tali obiezioni.
Il cuore del contenzioso è indicativo dell’ambizione del DSA: imporre alle big tech una responsabilità maggiore per l’impatto che i loro servizi hanno sulla società e sui mercati. Una responsabilità che non riguarda solo le piattaforme, ma incrocia anche le dinamiche di altri settori tecnologici, telecomunicazioni incluse, sempre più esposti alle stesse logiche di supervisione sistemica.
Indice degli argomenti
Libertà d’impresa e obblighi del DSA: un equilibrio complesso
Il Tribunale ha riconosciuto che gli obblighi imposti dal DSA rappresentano indubbiamente un’ingerenza nella libertà d’impresa. Amazon aveva insistito su questo punto, sottolineando come gli adempimenti previsti – dalla trasparenza pubblicitaria alla gestione di registri accessibili ai ricercatori – potessero generare costi ingenti e richiedere modifiche sostanziali nell’organizzazione interna.
Nonostante ciò, la Corte ha stabilito che: l’ingerenza è legittima, proporzionata e giustificata.
Secondo il legislatore europeo, le piattaforme con oltre 45 milioni di utenti possono rappresentare rischi sistemici paragonabili, per scala e impatto, a quelli tipici delle grandi infrastrutture critiche. Una valutazione che richiama da vicino le logiche regolatorie già note al settore delle telecomunicazioni, tradizionalmente abituato a operare sotto obblighi stringenti di trasparenza, interoperabilità e responsabilità pubblica.
Il riconoscimento che gli operatori digitali di grandi dimensioni possano essere equiparati, per influenza sociale ed economica, alle infrastrutture tradizionali è uno degli aspetti più rilevanti della decisione, poiché apre a un possibile avvicinamento normativo tra piattaforme e telco, in vista di un ecosistema digitale più integrato e più controllato.
Diritti fondamentali, proprietà e parità di trattamento
Oltre alla libertà d’impresa, Amazon aveva sollevato questioni relative al diritto di proprietà e al principio di uguaglianza. Anche su questi punti, però, il Tribunale ha respinto le argomentazioni del colosso statunitense.
Gli obblighi previsti dal DSA – ha chiarito la Corte – comportano principalmente oneri amministrativi, che non alterano la titolarità dei beni né impediscono lo sviluppo del modello di business. Anche se si volesse considerare la presenza di un’ingerenza, questa risulterebbe comunque giustificata da un interesse generale superiore: prevenire i rischi derivanti dall’esposizione di milioni di utenti a contenuti o pratiche potenzialmente dannose.
Quanto alla parità di trattamento, il DSA introduce una distinzione basata esclusivamente sul numero di utenti, criterio considerato né arbitrario né sproporzionato. Le piattaforme più grandi hanno infatti una capacità incomparabilmente maggiore di influenzare opinioni, comportamenti di acquisto e persino dinamiche sociali.
Un concetto che nel mondo delle telecomunicazioni è ben conosciuto: gli operatori con bacini d’utenza molto estesi sono spesso soggetti ad obblighi differenziati, proprio perché rientrano nella categoria degli “attori ad impatto sistemico”. Questo parallelismo rafforza il legame, non sempre esplicito, tra la recente sentenza e le prospettive regolatorie anche per il comparto telco.
Libertà di espressione e tutela dei consumatori
Uno dei punti più sensibili del ricorso riguardava la libertà di espressione e di informazione. Amazon ha contestato l’obbligo di offrire agli utenti un’opzione di raccomandazione senza profilazione, sostenendo che ciò potesse limitare la visibilità dei prodotti e interferire con la dinamica dei contenuti commerciali.
Il Tribunale ha riconosciuto che una limitazione esiste, ma l’ha considerata:
proporzionata, prevista dalla legge e mirata alla tutela dei consumatori.
Il cuore del ragionamento è semplice: il sistema delle raccomandazioni basato sui dati non può essere imposto come unica modalità di interazione. Gli utenti hanno diritto a un’esperienza che non sia interamente filtrata da algoritmi opachi. È un principio che potrebbe presto riguardare anche altri servizi digitali di larga scala, comprese le piattaforme collegate ai servizi di telecomunicazione e media.
Il fatto che la Corte abbia riaffermato l’importanza della tutela degli utenti rispetto alle esigenze commerciali rafforza l’idea di una trasformazione profonda del mercato digitale europeo: non più dominato dal solo efficientismo algoritmico, ma orientato alla trasparenza e alla responsabilità.
Privacy, accesso ai dati e sicurezza: un nuovo standard europeo
Il Tribunale ha analizzato anche le contestazioni relative al diritto alla protezione della vita privata e alla riservatezza delle informazioni, affrontando il tema dell’accesso dei ricercatori ai dati delle piattaforme e della pubblicità dei registri delle inserzioni.
Secondo i giudici, gli obblighi previsti dal DSA sono compatibili con il diritto alla privacy perché:
- sono previsti dalla legge,
- sono limitati a ciò che è necessario,
- perseguono un obiettivo legittimo di interesse generale.
La Corte sottolinea inoltre che l’accesso ai dati da parte dei ricercatori è vincolato a rigorose garanzie di sicurezza e riservatezza, mentre il registro pubblico delle pubblicità è strutturato in modo da evitare esposizioni improprie di informazioni sensibili.
Si tratta di un’impostazione che trova un parallelo naturale nel mondo telco, dove gli operatori sono da anni chiamati a gestire dati sensibili, traffico di rete e informazioni critiche in modo trasparente e regolamentato. La sentenza – pur riguardando una piattaforma e-commerce – contribuisce a definire uno standard europeo emergente sulla gestione responsabile dei dati, destinato a orientare anche altri settori.
La replica di Amazon
Amazon si dice delusa “da questa sentenza e intendiamo fare ricorso. Condividiamo l’obiettivo della Commissione Europea di tutelare la sicurezza dei clienti online e ci siamo impegnati a proteggerli da prodotti e contenuti illegali ben prima del Digital Services Act (DSA)”
“Lo status di piattaforma online di dimensioni molto grandi (VLOP – Very Large Online Platform) del DSA è stato concepito per affrontare i rischi sistemici posti da aziende molto grandi, che ricavano dalla pubblicità la fonte principale di guadagno e che distribuiscono contenuti e informazioni – spiega una nota – Il negozio di Amazon, in quanto marketplace online, non pone alcun rischio sistemico di questo tipo; vende esclusivamente beni e non diffonde né amplifica informazioni, punti di vista od opinioni.”
Un precedente che tocca anche il settore delle telecomunicazioni
Pur non essendo direttamente coinvolte nel caso, le telco devono osservare con attenzione questa sentenza. Il DSA, infatti, contribuisce a definire una cornice regolatoria che non impatta solo sulle piattaforme digitali tradizionali ma contribuisce a fare chiarezza in un contesto concorrenziale più ampio nel quale le telco ravvisano pesanti asimmetrie regolatorie, essendo le telco stesse soggette a norme decisamente più stringenti rispetto alle big tech.
La decisione del Tribunale Ue può essere letta come un segnale politico e giuridico: più una piattaforma è grande, più deve essere responsabile. E in futuro questa responsabilità potrebbe investire ambiti ai confini tra telco, OTT e servizi digitali avanzati.
Un’Europa più rigida verso i giganti del digitale?
La sentenza che respinge il ricorso di Amazon non è una semplice conferma di una decisione precedente: è un manifesto della nuova strategia europea verso le grandi piattaforme. Il messaggio della Corte è chiaro: il DSA è pienamente legittimo e rappresenta uno strumento essenziale per proteggere società e consumatori.













































