Quale guida per Telecom Italia?

L’illusione di una Telecom public company, in pochi mesi si è rivelata quello che era: illusione, appunto. E si profilano guerre “azionarie” all’orizzonte. Intanto Enel scende in campo per la fibra. Che succederà al gruppo di Tlc?

Pubblicato il 20 Nov 2015

Quale guida per Telecom Italia?

Il presidente Giuseppe Recchi e l’amministratore delegato Marco Patuano non ce ne vogliano per il titolo dell’editoriale di questo numero di CorCom. Quello di Telecom Italia non appare particolarmente un problema di adeguatezza o meno delle persone che dirigono la società, di strategie giuste o sbagliate, di scelte di gestione valide o inefficaci.

Anzi, se si stesse a guardare soltanto l’andamento del titolo in Borsa, gli azionisti dovrebbero essere più che soddisfatti: nell’ultimo anno l’azione è cresciuta di oltre il 30%: una performance assolutamente apprezzabile e migliore delle altre aziende del settore, non solo europee.

Per di più, dopo anni di tentennamenti e di rinvii l’azienda ha imboccato la via degli investimenti nella banda ultralarga. Qualcuno può obiettare che la determinazione non è sufficiente, ma è ingeneroso non prendere atto della novità rispetto al passato. Oggi il debito fa meno paura.

Il vero nodo di Telecom Italia è il ritorno di quel male oscuro che accompagna la società sin dai tempi della privatizzazione. E cioè una ricorrente instabilità dell’azionariato di controllo che poi si è riflettuta in aumento del debito per mere operazioni finanziarie, divisioni del management, incertezze nelle strategie a lungo termine, decisioni zigzaganti. E Telecom l’ha pagata cara.

Ci siamo tornati. L’illusione di una Telecom public company, accarezzata dal management e dal cda (e non soltanto da loro), in pochi mesi si è rivelata quello che era: illusione, appunto. Telco/Telefonica è uscita di scena (ma il cda attuale è parto proprio dell’ex azionista di controllo) e per un po’ Vivendi è stata alla finestra. Ora ha deciso di sedersi al tavolo anch’essa, con 4 rappresentanti in cda. Non come meri osservatori, visti i nomi schierati. L’interregno è finito.

Nel frattempo, sono tornate tensioni e divisioni già viste in passato (basta leggere i giornali). Vicende come Metroweb o la conversione delle risparmio danno l’idea di scelte solo formalmente unanimi e ben ponderate. Nel frattempo, si affacciano nell’azionariato un azionista “pesante” come Xavier Niel e una JP Morgan salita a oltre il 5%. Segnali di altre guerre in arrivo? Sul fronte interno arriva la fibra dell’Enel: competitor poco offensivo, minaccia vera o magari opportunità da cogliere? Ma chi può prendere decisioni forti e “lunghe” in un quadro così instabile?

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