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Trump e Musk all’attacco dell’Ue: chance imperdibile per rivendicare la sovranità



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Le bordate del presidente Usa e del tycoon dimostrano che l’Unione non è irrilevante: sta ai leader europei trasformarle in occasione per rafforzare autonomia strategica, capacità di difesa, modello digitale e peso politico di Bruxelles

Pubblicato il 9 dic 2025

Federica Meta

Direttrice



Donald Trump

C’è un filo rosso che lega la nuova Strategia di sicurezza nazionale varata da Donald Trump, le dichiarazioni del senatore JD Vance e l’ultimo affondo di Elon Musk contro Bruxelles. Nelle ultime 48 ore questo filo si è trasformato in una stretta attorno all’idea stessa di Unione europea. Trump parla di “cancellazione della civiltà”, Musk arriva a scrivere che “l’Ue dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli Paesi”, il mondo Maga dipinge le istituzioni europee come un ostacolo alla libertà e alla sovranità politica.

La reazione europea finora non è stata all’altezza. Di fronte a un attacco simultaneo dal presidente degli Stati Uniti e da uno degli uomini più ricchi e influenti del pianeta, l’unica risposta ufficiale è stata affidata a un portavoce della Commissione. Nessun grande leader si è finora esposto in prima persona. Con l’eccezione dell’Alta Rappresentante Kaja Kallas, che però si è concentrata soprattutto nel ribadire il legame con Washington. Il risultato è un’immagine di Europa incerta, timida, spaventata all’idea di dover difendere la propria autonomia politica e normativa.

Questo è il vero terreno su cui Trump e Musk hanno deciso di colpire: la vulnerabilità di un’Unione che fatica ancora a percepirsi come soggetto pienamente sovrano.


Una multa che diventa geopolitica

La miccia che ha acceso l’ira di Musk è la sanzione da 120 milioni di euro inflitta dalla Commissione a X per violazione degli obblighi di trasparenza previsti dal Digital Services Act. Dopo due anni di indagini, Bruxelles ha contestato alla piattaforma opacità sulle verifiche vendute agli utenti, il blocco ai ricercatori che vogliono accedere ai dati pubblici, la scarsa trasparenza sui finanziatori delle inserzioni. Si tratta del primo vero banco di prova del nuovo regime europeo sui servizi digitali, pensato per limitare gli abusi di mercato e riequilibrare il rapporto di forza tra piattaforme e cittadini.

Musk trasforma tutto questo in un conflitto politico, presentandosi come vittima di un’Unione liberticida e burocratica. Ma il contesto in cui si inserisce la sua sortita è molto più ampio. Da Washington è arrivata una Strategia di sicurezza nazionale che descrive l’Europa come debole, disfunzionale, esposta a una “cancellazione della civiltà” a causa dell’immigrazione, delle limitazioni alla libertà di parola, della “soppressione dell’opposizione politica”. Nel documento si insinua che le istituzioni Ue minino la sovranità dei popoli europei.

In questo quadro l’attacco di Musk contro Bruxelles non è un episodio isolato: è piuttosto il gesto di chi percepisce un clima politico favorevole, una Casa Bianca che ha scelto di ridimensionare il ruolo dell’Europa e di rimettere in discussione l’impianto del rapporto transatlantico.


L’Europa ha una via d’uscita: scegliere finalmente se stessa

Proprio questo attacco però può trasformarsi in un’occasione. L’Unione europea dispone oggi di un corposo patrimonio normativo e politico. Il Gdpr ha alzato l’asticella sulla tutela dei dati personali nel mondo. Il Digital Services Act e il Digital Markets Act segnano un cambio di passo nella regolazione delle piattaforme digitali. Sugli standard ambientali l’Europa ha spinto più di chiunque altro. Nel campo della difesa ha avviato, faticosamente, un percorso di integrazione industriale e di aumento degli investimenti comuni.

Questo insieme di regole, scelte politiche e strumenti di intervento rappresenta ormai un modello europeo di sviluppo: impegnativo per le imprese, talvolta contraddittorio, ma capace di definire un perimetro chiaro di diritti, tutele, responsabilità. È esattamente questo ruolo di potenza normativa a infastidire Washington e Musk. L’Europa non appare più soltanto come un grande mercato aperto ai prodotti e ai capitali d’oltreoceano, ma come un soggetto che fissa paletti, condiziona i modelli di business, impone standard sociali e ambientali elevati.

Quando l’amministrazione Trump parla di istituzioni Ue che “minano la libertà e la sovranità politica” traduce una preoccupazione concreta: se l’Europa continua su questa strada, diventa un punto di riferimento alternativo a quello statunitense – e anche a quello cinese – nella definizione delle regole globali. E chi costruisce il proprio potere sulla deregolazione o su una sovranità intesa come spazio di impunità percepisce questo processo come una minaccia diretta.


Il silenzio dei leader è un vuoto che si paga

In questo contesto, affidare la risposta a un portavoce riscgia di diventare un grande errore politico. Le parole contano, ma conta soprattutto chi le pronuncia. Se a difendere l’autonomia normativa dell’Unione è una figura senza volto e senza mandato elettivo, il messaggio che arriva all’opinione pubblica e agli interlocutori internazionali è quello di un’Europa che non osa esporsi.

Intanto da Roma arrivano segnali ambivalenti. Il ministro della Difesa Guido Crosetto riconosce apertamente che “Trump ha semplicemente esplicitato che l’Ue gli serve poco o nulla” e invita a prendere atto che il ruolo dell’Europa non è più funzionale agli interessi di Washington, sottolineando la centralità dello scontro globale con la Cina. La premier Giorgia Meloni afferma che l’Europa “deve essere capace di difendersi da sola e non può dipendere dagli altri”. Nel dibattito politico italiano, il Partito democratico denuncia la “dottrina Trump” come attacco senza precedenti all’Europa, il Movimento 5 Stelle mette l’accento sulla debolezza di un’Unione che risponde a presidente Usa e a miliardari tech tramite un portavoce.

Tutto questo conferma che la frattura non è soltanto tra Europa e Stati Uniti, ma anche dentro l’Unione. La posta in gioco è il modo in cui i governi e i partiti europei interpretano l’integrazione: come costruzione di una soggettività politica autonoma oppure come cornice amministrativa da adattare, di volta in volta, agli interessi dei singoli Paesi e alle oscillazioni della politica americana.


Sovranità europea: da slogan a scelta obbligata

In questi anni il termine “sovranità europea” è stato spesso usato come slogan, per coprire con grandi parole l’assenza di decisioni concrete. L’attacco combinato di Trump e Musk costringe ora a un chiarimento. La vera alternativa non è tra sovranità europea e sovranità nazionale, ma tra un’Europa capace di agire in modo coordinato e Stati che si ritrovano a negoziare da soli con potenze continentali o con colossi tecnologici globali.

La sovranità europea diventa una scelta obbligata se si vuole mantenere un margine di controllo sulle trasformazioni tecnologiche, sulla sicurezza, sui flussi economici. Nel digitale questo significa proseguire con determinazione sul terreno della regolazione, sostenendo allo stesso tempo una politica industriale che rafforzi le tecnologie e le piattaforme europee. Sul piano della difesa implica consolidare davvero una base industriale comune e una capacità di intervento che non dipenda a ogni passo dall’ombrello statunitense. Sul piano geopolitico comporta l’assunzione di una postura chiara anche rispetto alla Russia, alla Cina, al Sud globale, senza aspettare ogni volta la linea di Washington.

Trump e Musk colgono precisamente il punto debole dell’Unione: un’architettura avanzata di regole e strumenti che non è ancora accompagnata da una piena consapevolezza politica del proprio ruolo. L’Europa ha iniziato a comportarsi come potenza normativa, ma fatica ancora a parlare e muoversi come potenza politica.


Le mosse dell’Ue

L’attacco che arriva da Washington e da Musk non rappresenta soltanto una sfida esterna. È uno specchio che rimanda all’Europa la propria immagine. Il quadro mostrato oggi è quello di un’Unione con grandi ambizioni regolatorie e una capacità sempre più consistente di investimento comune, ma ancora incerta nel rivendicare la propria autonomia strategica.

Proprio per questo, gli affondi di queste ore possono trasformarsi in un passaggio decisivo. Se i leader europei decideranno di rispondere con una voce chiara e unita, questo confronto potrà consolidare la consapevolezza che l’Unione non è un artificio burocratico, bensì lo spazio politico indispensabile per difendere diritti, standard sociali, modello economico. In caso contrario, resterà l’immagine di un’Europa che si limita a gestire le conseguenze delle decisioni altrui, mentre altri discutono il suo destino.

Trump e Musk hanno scelto di mettere in discussione la legittimità dell’Unione proprio nel momento in cui l’Europa prova a definire regole e politiche coerenti con i propri valori. È un passaggio rivelatore: indica che il modello europeo è abbastanza rilevante da suscitare resistenze e attacchi.

Sta ora ai governi e alle istituzioni di Bruxelles decidere se considerare questi attacchi come un avvertimento o come un’occasione per affermare, senza ambiguità, che l’Europa esiste, decide e difende se stessa. Il tempo delle risposte tecniche e dei comunicati neutri è finito. Serve una scelta politica, visibile e assumibile di fronte ai cittadini europei. Solo così la sovranità europea smetterà di essere una formula astratta e diventerà una realtà credibile sul piano interno e internazionale.

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