Google ha annunciato una revisione profonda delle condizioni del suo app store, in risposta alle pressioni dell’Unione Europea e alle contestazioni di non conformità al Digital Markets Act (Dma). La decisione arriva dopo mesi di confronto con la Commissione Europea, che aveva accusato Alphabet – la casa madre di Google – di pratiche anticoncorrenziali nella gestione di Google Play e del sistema operativo Android.
Il cuore della questione riguarda la libertà degli sviluppatori di indirizzare gli utenti verso canali alternativi di acquisto, al di fuori dell’ecosistema Google. Fino ad oggi, le regole imposte da Mountain View limitavano fortemente questa possibilità, imponendo commissioni elevate e ostacolando la concorrenza. Ora, sotto la spinta del Dma, Google ha annunciato una maggiore flessibilità, con commissioni ridotte e nuove opzioni per i pagamenti esterni.
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Digital Markets Act: fine del gatekeeping e nuovo equilibrio competitivo
Il Digital Markets Act, entrato in vigore nel 2023, rappresenta una svolta epocale per il mercato digitale europeo. Il suo obiettivo è limitare il potere dei grandi operatori tecnologici, definiti “gatekeeper”, e garantire un accesso equo e trasparente ai servizi digitali. Google, insieme a Meta e Apple, è tra i principali soggetti sotto osservazione.
Nel caso specifico di Google, la Commissione ha contestato la pratica del self-preferencing, ovvero la tendenza a favorire i propri servizi (come Google Maps o Google Shopping) nei risultati di ricerca, a discapito dei concorrenti. Inoltre, ha rilevato che Google impediva agli sviluppatori di informare gli utenti su offerte migliori disponibili al di fuori di Google Play, violando il principio di apertura del mercato.
Le nuove regole di Google Play: più libertà per gli sviluppatori
In risposta alle contestazioni, Google ha annunciato modifiche sostanziali al programma “External Offers” per l’Unione Europea. Secondo Clare Kelly, senior competition counsel per Emea, “gli sviluppatori potranno ora indirizzare gli utenti Android verso link esterni per completare acquisti, con commissioni riviste e maggiore libertà di integrazione”.
Questa apertura rappresenta un cambiamento strategico per l’intero ecosistema Android, che finora ha generato oltre 3 miliardi di euro di ricavi per gli sviluppatori europei. Tuttavia, Google ha espresso preoccupazioni per la sicurezza degli utenti e la qualità dell’esperienza, temendo che l’apertura possa esporre gli utenti a contenuti dannosi.
Gli sviluppatori europei: tra opportunità e nuove responsabilità
Per gli sviluppatori, le nuove regole imposte dal Digital Markets Act aprono scenari inediti. App di e-commerce, streaming, gaming e servizi in abbonamento potranno gestire direttamente le transazioni, evitando le commissioni del 15-30% imposte da Google. Questo potrebbe favorire la nascita di modelli di business più sostenibili, soprattutto per le startup e le pmi digitali.
Ma la libertà comporta anche responsabilità. Gli sviluppatori dovranno garantire la sicurezza dei pagamenti, la protezione dei dati e la trasparenza delle offerte. In assenza del filtro di Google, il rischio di frodi o pratiche scorrette aumenta. Per questo, si prevede una crescita della domanda di soluzioni fintech integrate, capaci di offrire compliance e user experience di qualità.
Enforcement e sanzioni: il ruolo della Commissione Europea
La Commissione Europea ha adottato un approccio rigoroso nell’enforcement del Digital Markets Act. Dopo aver notificato a Google due set di rilievi preliminari, ha lasciato intendere che ulteriori misure correttive potrebbero essere richieste. Le sanzioni previste dal Dma sono tra le più severe al mondo: fino al 10% del fatturato globale, e fino al 20% in caso di recidiva.
Questo approccio riflette una strategia di regolazione proattiva, che mira non solo a punire, ma a modellare il comportamento delle big tech. La Commissione ha già avviato procedimenti simili contro Apple per le regole dell’App Store e contro Meta per la gestione dei dati pubblicitari. Il messaggio è chiaro: l’Europa vuole un mercato digitale aperto, competitivo e centrato sull’utente.
Geopolitica della regolazione: Europa, Stati Uniti e Asia a confronto
Il Digital Markets Act si inserisce in un contesto globale di crescente attenzione alla regolazione delle piattaforme digitali. Negli Stati Uniti, il dibattito è acceso ma frammentato, con iniziative statali e federali che faticano a convergere. In Asia, la Cina ha già imposto limiti severi alle big tech locali, mentre il Giappone sta studiando un modello simile a quello europeo.
L’Europa si propone come laboratorio normativo globale, capace di influenzare le scelte di altri Paesi. La capacità di imporre regole a colossi come Google dimostra che la sovranità digitale è possibile, se sostenuta da una visione strategica e da strumenti giuridici efficaci. Per il settore telco, questo significa operare in un contesto più prevedibile e orientato alla concorrenza.
Banda ultralarga e interoperabilità: le nuove sfide infrastrutturali
Le modifiche all’app store di Google si inseriscono in un contesto tecnologico in rapida evoluzione, dove la banda ultralarga gioca un ruolo chiave. L’apertura degli ecosistemi digitali e la possibilità di accedere a servizi alternativi richiedono infrastrutture di rete robuste e capillari, capaci di garantire velocità, sicurezza e affidabilità. In questo senso, le politiche europee sulla banda ultralarga diventano un fattore abilitante per la nuova economia digitale.
In parallelo, il Dma promuove la interoperabilità tra piattaforme, la portabilità dei dati e la neutralità dei dispositivi. Questi principi impongono alle telco e agli sviluppatori di ripensare l’architettura dei servizi, puntando su Api aperte, standard condivisi e modelli di governance inclusivi.
Un mercato digitale più aperto e competitivo
Il confronto tra Google e la Commissione Europea non è concluso. Le modifiche annunciate rappresentano un primo passo verso la conformità, ma restano aperti interrogativi sulla reale efficacia delle misure adottate. La Commissione ha già inviato due set di rilievi preliminari ad Alphabet, e non si escludono ulteriori sanzioni o richieste di cambiamenti strutturali.