WORLD ECONOMIC FORUM

L’hi-tech brucia 5 milioni di posti, ma IoT e cloud creeranno nuovi mestieri

Secondo una ricerca del World Economic Forum le nuove tecnologie sostituiranno molte mansioni oggi svolte dall’uomo di qui al 2020. Formazione continua e investimenti ad hoc nelle industrie eviteranno il peggio

Pubblicato il 19 Gen 2016

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La tecnologia migliora la vita delle persone e crea nuove opportunità economiche ma innesca anche trasformazioni nel modo di lavorare che rischiano di avere impatti profondi di cui occorre tenere conto per evitare che il progresso inneschi gravi crisi sociali. Un nuovo studio presentato a Davos al World Economic Forum (Wef) prevede che saranno persi 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi cinque anni per effetto degli avanzamenti hitech.

Non si tratta solo di robot che assumeranno le mansioni prime coperte dall’uomo: intelligenza artificiale, stampanti 3D e i progressi nella genetica, nelle biotecnologie e in altri campi ancora comporteranno una perdita di posti di lavoro che solo in parte sarà compensata dalla creazione di nuove figure professionali. Per dare una misura di questa trasformazione nel report si legge che una delle previsioni più accreditate sul futuro del mondo lavorativo è che il 65% dei bambini che oggi inizia la scuola elementare farà da adulto un lavoro che oggi nemmeno esiste.

Il report, che si basa su un sondaggio condotto nei dipartimenti HR di 371 aziende mondiali nel primo semestre del 2015, descrive nel dettaglio gli effetti della tecnologia sul mercato del lavoro, sia positivi che negativi. La “quarta rivoluzione industriale”, si legge nello studio, “sarà la più complessa e a vasto raggio di qualunque altro cambiamento cui abbiamo finora assistito”.

Lo studio stima una perdita di 7 milioni di posti di lavoro in 15 economie che oggi contano complessivamente 1,86 miliardi di occupati o circa il 65% della forza lavoro mondiale, ma si aspetta anche che verranno creati 2 milioni di nuovi posti.

I motori tecnologici di questa trasformazione senza precedenti sono: Internet mobile e cloud; i progressi nel potere di calcolo dei computer e nei Big data; nuove fonti di energia e nuove tecnologie applicate al settore energy; l’Internet of Things; crowdsourcing, sharing economy e piattaforme peer to peer; robotica avanzata e trasporti autonomi; intelligenza artificiale e machine learning; manifattura avanzata e stampa 3D; materiali avanzati, biotecnologia e genomica.

Il settore che sarà più colpito dalla perdita di posti di lavoro è quello delle mansioni “amministrative”, i cosiddetti lavori “d’ufficio”. Anche la produzione industriale e le industrie dell’intrattenimento e dei media saranno impattate. E i rami sanità, energia e servizi finanziari perderanno diversi occupati per effetto dell’automazione. Nel caso dell’health care — dove ci si aspetterebbe un aumento dei posti di lavoro perché l’aspettativa di vita oggi è maggiore – lo studio parla invece di declino netto degli occupati perché Internet mobile e il cloud favoriranno un utilizzo “diffuso della telemedicina”.

Inoltre, il report afferma che le donne perderanno più facilmente il lavoro perché sono attualmente occupate in larga misura proprio nei settori e nelle mansioni che più saranno colpiti dagli effetti dell’hitech sull’occupazione.

Al contrario, i settori dove saranno creati più posti di lavoro nei prossimi cinque anni sono quelli dell’informatica, dell’ingegneria e dell’architettura e tutte le mansioni che richiedono competenze nella matematica; anche le aree management, operazioni finanziarie e vendita acquisteranno più occupati di quanti ne perderanno.

Per evitare il “worst-case scenario” – uno scenario disastroso in cui l’avanzamento tecnologico si accompagna a carenza di personale qualificato, disoccupazione di massa e forti diseguaglianze sociali – la riqualificazione e l’affinamento delle competenze dei lavoratori è cruciale, conclude il report. Non si tratta solo di migliorare i programmi scolastici, sottolinea lo studio: anche le imprese sono chiamate ad assumere un ruolo attivo per un re-training della loro forza lavoro. Conterà molto anche la collaborazione tra imprese dello stesso settore per creare “pool” di talenti. Da parte loro i singoli lavoratori dovranno adottare un approccio proattivo alla formazione, nella consapevolezza di dover aggiornare nel tempo le proprie competenze.

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