OSSERVATORIO SULLA PUBBLICITA'

Agcom, l’advertising online batte la crisi

Secondo il primo Osservatorio sulla pubblicità, gli investimenti in comunicazione web hanno toccato i 3 miliardi. Tra i formati richiesti “vince” il search. Mentre il video è ancora al palo: paga lo scotto del digital divide

Pubblicato il 14 Feb 2013

Federica Meta

La pubblicità online resiste alla crisi. La fotografia è scattata dal primo Osservatorio sulla pubblicità realizzato da Agcom, secondo cui nel 2011 le imprese hanno investito circa 3 miliardi in comunicazione web tra “above the line” (pubblicità online) e “below the line” ( web marketing); il 52% di questa cifra è stato dirottato sulla pubblicità online. Complessivamente questi investimenti rappresentano il 15% delle spese complessive in comunicazione pubblicitaria.

Rispetto all’anno precedente, entrambe le voci della comunicazione pubblicitaria sono cresciute in modo consistente sebbene il web marketing ad un tasso maggiore (47%) rispetto alla pubblicità online (34%). Agcom rileva che dal 2005 ad oggi la pubblicità sui mezzi classici si è ridotta di un quarto (circa 2,5 miliardi in meno), mentre la pubblicità online è cresciuta di oltre il mille per cento, superando gli 1,5 miliardi di euro e diventando, dopo la televisione, il secondo mezzo pubblicitario in Italia.

Significativa è poi la quota degli inserzionisti dell’online sul totale aziende che svolge attività di comunicazione pubblicitaria, pari al 22% e, quindi, decisamente superiore a quella della televisione (3,5%) e della radio (5,1%). La “preferenza” per l’online si spiega con la maggiore accessibilità che caratterizza il web anche da parte delle aziende più piccole che generalmente investono budget ridotti.

I bassi costi di accesso alla piattaforma pubblicitaria, è una delle principali forze di internet, che presenta come detto un elevato numero di inserzionisti, peraltro con una specializzazione settoriale ancora assai marcata. “Da un punto di vista merceologico, i settori economici che investono quote significative della spesa pubblicitaria complessiva nel web sono quelli che per natura o vocazione sono più vicini al mondo di internet – spiega l’autorità – l’informatica e servizi processionali, i settori che sfruttano il vantaggio competitivo che internet offre loro (tempo libero con il 13,2%); i comparti le cui dinamiche sono più seriamente interessati dai processi evolutivi di internet (media/editoria con 14,1%); i settori che beneficiano della possibilità di dare immediatamente seguito alle necessità informative attraverso il passaggio alla fase di consumo (finanza/assicurazioni con il 15%)”. Queste aree non corrispondono, almeno ancora, ai maggiori investitori in pubblicità sui mezzi di comunicazione classici.

Gli investitori prediligono la pubblicità di tipo search – l’autorità censisce anche questo tipo di adv diversamente da quanto fanno generalmente le società di rilevazione – che dunque rappresenta il formato maggiormente richiesto (49%). Una quota significativa continua ad utilizzare il display advertising (31%) e la pubblicità di tipo classifield/directory che rappresentano i formati con i quali si è diffusa, inizialmente, la pubblicità sul web mentre il 17% destina parte delle proprie risorse all’acquisto di inserzioni diffuse attraverso i social network.

Più contenuto è, invece, il ricorso alla pubblicità di tipo video che viene scelta solamente dall’11% degli inserzionisti online. “Nonostante il video advertising possa essere più efficace della pubblicità display classica, il ricorso a tale formato è ancora contenuto, sia perché gli utenti web manifestano, ad esempio rispetto alla televisione, una minore tolleranza alla pubblicità su internet, sia perché molti video sono ancora piuttosto scarni”, spiega il report di Agcom. Va inoltre considerato che l’affermarsi di pubblicità video sul web è strettamente connessa alla disponibilità di banda larga per gli utenti ed è bene rilevare come, nonostante sia in decisa crescita, la percentuale di famiglie che possiedono un collegamento broadband in Italia è ancora di gran lunga inferiore agli altri paesi europei (49% rispetto al 57% della Spagna o al 75% della Germania).

Altro dato particolarmente interessante è quello realtivo alla pubblicità web diffusa via mobile, che sebbene non abbia ancora raggiunto livelli particolarmente significativi – si attesta al 12% – assume, tuttavia, importanza se si considerano le peculiarità riscontrate nel nostro paese con riguardo alle modalità di accesso e di fruizione dei media digitali, fra cui internet. Infatti, nonostante l’Italia presenti ancora uno dei tassi di penetrazione più bassi tra i paesi avanzati (circa il 70% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni ha potenzialmente accesso ad internet, ma solo 26,6 milioni, circa il 48%, sono utenti attivi nel mese), è uno dei mercati con la maggior penetrazione degli smartphone ed è tra i primi paesi al mondo come diffusione dei social media.

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