Per affrontare la sfida della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, serve un equilibrio tra tecnologia, competenze e collaborazione. È questa la visione di Riccardo Breda, alla guida delle strategie Cisco per il settore pubblico, che individua nella formazione digitale, nella cooperazione pubblico-privato e nella sicurezza integrata i pilastri su cui costruire un ecosistema più solido e sostenibile.
Dal potenziamento delle infrastrutture di rete alla riduzione del digital divide, passando per l’evoluzione dell’“Internet of Agents” e per il ruolo centrale dell’intelligenza artificiale supervisionata dall’uomo, Breda delinea un percorso chiaro: abilitare una PA capace di innovare, semplificare e restare vicina ai cittadini.
Breda, nel suo nuovo ruolo avrà il compito di accompagnare le Pubbliche Amministrazioni italiane verso infrastrutture digitali più resilienti e sicure. Quali ritiene siano oggi le priorità strategiche per il settore pubblico e in che modo Cisco intende sostenerle?
Credo che oggi nessuno metta più in discussione il ruolo centrale della tecnologia come leva per il cambiamento. Il digitale, se ben utilizzato, può ridurre le distanze, aumentare la trasparenza e migliorare l’efficienza dei servizi pubblici. Le priorità della PA, a mio avviso, si possono riassumere in tre parole: trasparenza, efficienza e semplificazione. Significa rendere chiari e accessibili i processi, offrire servizi innovativi ai cittadini a costi sostenibili e ridurre la complessità burocratica. In questo quadro, il digitale è un alleato formidabile, ma occorre capire come metterlo davvero a servizio di questi obiettivi e quali ostacoli ne frenano ancora i benefici. Gli indicatori del Digital Decade 2025 mostrano che l’Italia ha fatto progressi importanti, ad esempio nell’adozione del cloud (oltre il 70% dei Comuni lo utilizza) e nella sanità digitale. Tuttavia, sul fronte delle competenze digitali restiamo sotto la media europea: 45,8% contro il 55%.
Dunque, quale il contributo concreto di Cisco?
Qui Cisco può dare un contributo concreto. Con il programma Networking Academy abbiamo formato solo nell’ultimo anno circa 80 milapersone , di cui 4-5 mila ottengono certificazioni riconosciute a livello internazionale. È un passo fondamentale per costruire competenze diffuse e occupabilità. E con orgoglio posso dire che in Italia la partecipazione femminile in queste iniziative è più alta che altrove: il 16% contro una media globale del 12%. Parallelamente, le infrastrutture diventeranno sempre più complesse: l’intelligenza artificiale ne aumenterà il carico e la sofisticazione. Per questo le nostre priorità sono due: semplificare la gestione delle reti, puntando su architetture software defined e automazione, e garantirne la resilienza, rendendo i sistemi più autonomi, osservabili e sicuri. È in questa direzione che si muove la trasformazione dell’“Internet of Agents”, dove la supervisione umana resta essenziale ma supportata da tecnologie intelligenti.
Il successo della transizione digitale passa sempre più da modelli di collaborazione tra istituzioni e imprese. Quali strumenti o approcci reputa fondamentali per favorire una cooperazione stabile e orientata ai risultati tra pubblico e privato?
Gli investimenti sono indispensabili, ma da soli non bastano. Servono progetti condivisi e partecipazione attiva delle persone. È questo lo spirito del programma Digitaliani, parte del nostro percorso di Country Digitalization Acceleration: un’iniziativa che mette in rete competenze pubbliche e private — università, centri di ricerca, startup e imprese — per costruire insieme valore. In Cisco incoraggiamo i nostri solution engineer e innovation leader a partecipare direttamente a queste collaborazioni. Un esempio concreto è la partnership con Open Fiber e ThinkQuantum: non ci limitiamo a fornire apparati tecnologici, ma lavoriamo fianco a fianco con i team di innovazione per sviluppare soluzioni su misura. Solo dall’integrazione tra competenze diverse nascono risultati duraturi.
Quindi, possiamo dire che nell’era dell’AI, la bussola di Cisco è il principo dello “Human in the loop?
Per noi è un principio imprescindibile. Anche nel contesto dell’intelligenza artificiale, la supervisione umana resta centrale. L’AI sa replicare e correlare informazioni, ma non sa creare né porre le domande giuste. L’innovazione più autentica nasce ancora dall’intuizione e dalla responsabilità delle persone. La tecnologia deve amplificarne le capacità, non sostituirle.
Nel contesto dell’evoluzione digitale della PA, la protezione dei dati e la continuità dei servizi pubblici sono leve decisive per rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni digitali. Come intende Cisco contribuire a innalzare il livello di sicurezza e resilienza delle infrastrutture della PA?
Il primo passo per garantire la continuità operativa è potenziare le infrastrutture. Stiamo lavorando su chip di nuova generazione — i Silicon One — che rendono le reti più performanti e scalabili, capaci di gestire flussi di dati sempre più elevati e con requisiti stringenti di velocità, latenza e disponibilità. Un secondo fronte è la sicurezza integrata: non più concentrata in pochi punti critici, ma distribuita e vicina agli utenti e alle applicazioni. In questa visione si inserisce l’acquisizione di Splunk, che ci consente di monitorare in tempo reale le performance delle reti e individuare potenziali minacce prima che impattino gli utenti. Tutto confluisce nella piattaforma Cisco Security Cloud, che integra funzionalità di sicurezza, osservabilità e analisi avanzata dei dati. Splunk è anche una risorsa strategica per la trasformazione agentica: permette agli “agenti” intelligenti di scambiare informazioni e prendere decisioni in autonomia, sempre sotto la supervisione umana. È un modello che unisce efficienza, resilienza e controllo.
La trasformazione digitale della PA, ma non solo, non può prescindere da una visione inclusiva che tenga conto delle differenze tra territori e amministrazioni. Quali strategie ritiene più efficaci per ridurre i divari e garantire che anche i piccoli enti possano accedere a tecnologie avanzate?
È un tema cruciale. L’Italia è spesso efficiente quando centralizza, ma fatica a distribuire risorse e competenze. Cisco può fare la differenza grazie alla sua rete capillare di partner sul territorio, un modello di business interamente indiretto. Lavoriamo con migliaia di partner locali, che conoscono le realtà e le esigenze dei territori. Questo approccio è uno strumento concreto contro il digital divide, perché consente di portare innovazione anche nei comuni più piccoli e nelle aree meno connesse.
Complessivamente quale impatto auspica di poter generare, insieme al team di Cisco, nel percorso di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana nei prossimi anni?
L’Italia ha intrapreso la strada giusta, ma servono continuità e accelerazione. Il primo passo è continuare a formare competenze: diffondere cultura digitale è parte integrante della missione di Cisco, e continueremo a farlo con convinzione. Parallelamente, vogliamo contribuire allo sviluppo di infrastrutture critiche sicure e performanti, fondamentali per sostenere l’evoluzione dell’intelligenza artificiale e dell’“Internet of Agents”. Il nostro Dna è “mettere in connessione” — persone, imprese, istituzioni — e questo resterà il nostro obiettivo: abilitare una PA più moderna, aperta e connessa, capace di offrire ai cittadini servizi sempre più affidabili, inclusivi e innovativi.










