Mannheimer (Ibl): “Un Foia per l’Italia? Solo se la PA è digitale”

Il fellow dell’Istituto Bruno Leoni spiega cosa fare per rendere più trasparente l’amministrazione: “L’accesso agli atti deve essere online, il ddl Madia dia priorità all’innovazione”

Pubblicato il 03 Lug 2015

Federica Meta

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“Un passo avanti importante verso una PA più trasparente ed efficiente. Ma per cantare vittoria è ancora presto”. Giacomo Lev Mannheimer, Fellow dell’Istituto Bruno Leoni spiega perché l’emendamento alla ddl Madia sulla riforma PA che delega il governo a varare norme ad hoc per l’accesso agli atti dell’amministrazione – e dunque verso la strutturazione di un Freedom of Information Act (Foia) – è solo una tappa di un processo più lungo e articolato. Che non è detto porti i risultati sperati.

Mannheimer cosa la preoccupa?

L’emendamento ha due limiti. Il primo è esogeno: il ddl Madia sulla riforma PA è una legge delega che lascia al governo ampi margini di manovra e, dunque, staremo a vedere se Palazzo Chigi terrà fede a quanto previsto dalla norma approvata in Commissione Affari Costituzionali. È pur vero, però, che l’emendamento è stato votato all’unanimità ed è probabile che si prosegua sulla strada del Foia. L’altro limite è di carattere endogeno.

Di quale limite si tratta?

Va ricordato che le norme approvate trovano fondamento nella proposta dell’associazione Foia4Italy che sta portando avanti un’importante campagna perché anche l’Italia adotti il suo Foia. Tale proposta però non è immune da difetti. In generale, il rischio concreto insito nell’adozione di un Foia è che questo – pur nascendo con lo scopo dichiarato di semplificare il rapporto fra Stato e cittadini – finisca per “controbilanciare” le buone intenzioni con un’ulteriore burocratizzazione della procedura. In questo senso, è di fondamentale importanza che l’accesso agli atti non sia soggetto a un’eccessiva proceduralizzazione. C’è poi il tema dell’inversione dell’onere della prova.

La risposta di Foia4Italy prevede che sia la PA a spiegare l’eventuale diniego di accesso ai documenti…

La bozza, in questo senso, costituirebbe certamente una rivoluzione copernicana. Tuttavia, la proposta prevede un obbligo di motivazione in capo alla PA in caso di rifiuto espresso, ma non dispone sanzione alcuna in caso di silenzio dell’amministra A ciò bisognerebbe porre rimedio, in quanto si tratta del più classico degli escamotages per ritardare o comunque disincentivare l’assunzione di reali responsabilità all’internodegli enti interessati. A ben vedere, infatti, un protratto silenzio da parte dell’amministrazione potrebbe finire per imporre un nuovo rovesciamento dell’onere della prova in capo al cittadino: il che è proprio ciò che il Foia si propone di superare.

Come si possono superare tutti questi ostacoli a suo avviso?

Investendo sulla digitalizzazione delle PA. Non è pensabile che un cittadino che chieda l’accesso a documenti pubblici faccia il giro degli uffici o degli sportelli. È dunque indispensabile che il ddl Madia dia priorità all’innovazione per garantire l’accesso online altrimenti ogni Foia rischia di naufragare sullo scoglio della burocrazia.

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