IL DECRETO

Parisi: “Debiti PA, si rischia l’ingorgo digitale”

Il presidente di Confindustria Digitale lancia l’allarme: “Se non si dota l’amministrazione di un sistema IT in grado di far dialogare gli enti, il decreto perderà di efficacia”. Il provvedimento operativo da oggi

Pubblicato il 09 Apr 2013

Il rimborso dei debiti della PA rischia l’ingorgo digitale. L’allarme è lanciato da Stefano Parisi, presidente di Confidustria Digitale, che pur riconoscendo che il decreto “va nella giusta direzione”, sottolinea come i tempi di riscossione da parte delle aziende potrebbero allungarsi a causa di una PA che sconta l’assenza di un sistema digitale in grado di far dialogare gli enti, rendendo operative e subito efficaci le norme del primo decreto Sviluppo.

Parisi fa riferimento agli obblighi per le PA di pubblicare online tutti i pagamenti oltre i mille euro. A questi si sono aggiunti obblighi di trasparenza e pubblicità negli appalti nonché l’obbligo di certificazione delle fatture su piattaforma Consip.

“Sono misute apprezzabili – dice il presidente di Confindustria Digitale al Messaggero – ma prima si sarebbe dovuto dotare le PA di un unico linguaggio informatico”. Secondo Parisi, dunque, c’è il rischio che per saldare in vecchi debiti si accumuli un ulteriore arretrato sui nuovi pagamenti e per questo auspica che l’Agenzia digitali operi nella direzione giusta “varando standard comuni a tutte le PA”.

E sul rischio di accumulo di nuovi debiti pone l’accento anche Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, e commissario per l’industria. “Credo che si debbano fare alcune cose: prima di tutto capire quanti sono i debiti della PA nei confronti delle imprese – ha detto intervenendo a “Radio anch’io” – La seconda è pagare tutto il debito che c’è. Il passo compiuto è un primo passo ed è positivo, ma bisogna pagare tutto il dovuto. Vigilerò poi per evitare che non si accumuli un altro stock di debiti”.

Intanto ieri è arrivato il via libera della Ue al decreto, operativo da oggi, che però sembra scontentare le Regioni. Secondo Vito De Filippo governatore della Basilicata, il provvedimento “non smuove un solo centesimo dei debiti delle Regioni verso le imprese e poi mettersi a lavorare con serietà per risolvere questa situazione”.

Secondo De Filippo “se l’obiettivo del Decreto sblocca crediti e’ quello di ridare ossigeno alle imprese non è possibile escludere le Regioni che anche ora continueranno a non poter pagare debiti scaduti relativi a lavori ed opere realizzate o in corso di realizzazione, pur avendo la disponibilità di cassa. Servono, pertanto, ulteriori modifiche normative che partano da un allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità per pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili di parte capitale come gia’ stabilito per gli Enti Locali e arrivino ad escludere dal tetto di spesa alcune voci finanziarie quali le risorse destinate alla ricostruzione nei territori colpiti da eventi sismici, i trasferimenti effettuati ai Comuni e le royalty derivanti dalle estrazioni petrolifere”.

Ieri anche l‘Upi per bocca del suo presidente, Antonio Saitta aveva sottolineato le carenze del dl. “Avevamo chiesto al governo di permetterci di pagare da subito il 50% dei debiti con le imprese – evidenziava Saitta – Invece si è scelto di imbrigliare la prima parte dei pagamenti in norme che, nella maggior parte dei casi, permetteranno di coprire non piu’ del 20% di quanto si aspettano le imprese. Ancora una volta si e’ scelta la strada dei vincoli per frenare gli enti locali”. Il testo, infatti, stabilisce che, da subito, Province e Comuni potranno effettuare pagamenti “nel limite massimo del 13% delle disponibilità liquide detenute presso la tesoreria statale al 31 marzo 2013” fino ad un massimo del 50% dei debiti che dovranno pagare.

La Conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha stabilito oggi che il decreto legge sui debiti sarà discusso in aula il 29 e 30 aprile, dopo l’esame da parte della Commissione speciale, mentre il voto si terrà il 2 e il 3 maggio.

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