LA RICERCA

Il boom del cloud in Europa: 500mila nuovi posti di lavoro entro il 2030

Il report Ovh: il mercato della “nuvola” arriverà nei prossimi nove anni a raggiungere un valore compreso tra i 300 e i 500 miliardi di euro. John Gazal: “Ma per non perdere terreno aziende e istituzioni in Ue devono comprendere a fondo gli scenari del cambiamento”

Pubblicato il 21 Mag 2021

A. S.

grafico Ovh cloud

Uno degli scenari che caratterizzeranno l’Europa per i prossimi anni nel campo dell’innovazione, da qui al 2030, è una crescita sostenuta del cloud, in accelerazione rispetto a quanto già accaduto nell’ultimo lustro. Se infatti il mercato del cloud computing è cresciuto in media del 27% dal 2017 a oggi, raggiungendo nel 2020 un valore di 53 miliardi di euro, questa cifra sarà destinata a moltiplicarsi per nove entro il 2030, quando il mercato del cloud arriverà a valere tra i 300 e i 500 miliardi di euro. A evidenziarlo è uno studio pubblicato da OvhCloud in collaborazione con Kpmg Francia, InfraNum, Talan e Linkt, che analizza le principali sfide che interesseranno il settore nel decennio in corso e traccia i cinque possibili scenari di evoluzione ai quali potremo assistere nei prossimi anni. Evidenziando che sebbene il mercato europeo sia ancora dominato da tre attori principali, gli specialisti europei stanno gradualmente acquisendo importanza nei rispettivi mercati nazionali, come nel caso di OvhCloud, che oggi è al terzo posto in Francia nel panorama delle infrastrutture e piattaforme cloud.

“Il cloud non è solo questione di tecnologia o tecnica, ma di governance che deve essere compresa a livello globale sia dalle aziende sia dalle istituzioni politiche. La posta in gioco per l’Europa è considerevole – afferma John Gazal, vice presidente Southern Europe e Brasile di OvhCloud – In assenza di  decisioni  di rilievo, l’Europa potrebbe perdere fino alla metà del proprio impatto economico e sociale su questo mercato”.

“Dal 2016 negli Stati Uniti e nell’Unione Europea sono state implementate diverse normative sui dati per fornire un quadro giuridico specifico, si legge in una nota della società – L’annullamento del Privacy Shield da parte della Corte di Giustizia europea nel 2020 ha dimostrato che i princìpi statunitensi e i requisiti del Gdpr non sono compatibili”.

Ma passiamo ai cinque scenari che potrebbero realizzarsi entro il 2030 ipotizzati da report:

Il cloud come bene comune

Al centro di questa prospettiva c’è l’interoperabilità volontaria dei servizi cloud, con ecosistemi cloud comuni a livello settoriale e un’accelerazione  del multi-cloud, che consentirebbe la crescita di un ecosistema europeo con maggiori vantaggi per i consumatori, con la fine del lock-in e maggiori possibilità di sviluppo per gli attori europei operanti nel settore. Questo scenario potrebbe concretizzarsi, secondo il report, grazie all’iniziativa GAIA-X che intende costruire un ecosistema cloud interoperabile basato su princìpi e valori forti.

Eguide
Il futuro della crittografia dopo l'introduzione del computer quantistico
Machine Learning
Metaverso

La crescita dei provider europei

A guidare questo processo sarebbero le esigenze di mercato emergenti e ancora sottovalutate, che derivano dall’edge computing, dall’intelligenza artificiale per dati industriali o dallo sviluppo di offerte sovrane, oltre che dalla spesa pubblica con progetti B2G. “Questo scenario – spiega OvhCloud – potrebbe concretizzarsi con il supporto delle autorità UE che con forza sostengono la creazione di un Mercato Unico dei Dati”

Una nuova fase normativa

Si tratterebbe, spiega OvhCloud, di uno scenario simile a quello che si è osservato nel mercato delle telecomunicazioni qualche anno fa, con l’emergere di un ente regolatore del cloud che vincoli i provider, in particolare gli hyperscaler, attraverso una maggiore trasparenza dei prezzi, l’interoperabilità forzata o l’open access all’innovazione. “Questo scenario – si legge nel report – è fortemente supportato dai decision-maker che si aspettano una concorrenza più sana e il definitivo decollo dei cloud provider e dell’ecosistema europeo”.

L’europeizzazione dei cloud provider

A questa prospettiva si potrebbe arrivare sia attraverso l’europeizzazione delle operation, con investimenti in ricerca e sviluppo, appalti e creazione di valore, sia con  l’effettivo controllo europeo delle filiali – come già accade in alcuni Paesi – con le autorità UE a sostegno della creazione di valore effettivo a livello locale e un rigoroso allineamento alle normative europee.

La separazione delle attività cloud

Si tratterebbe, secondo la ricerca, di una separazione sia funzionale, intesa come separazione tra attività cloud e altre attività con una chiara suddivisione in termini di personale, uffici e IP, sia strutturale  con una netta separazione del business del cloud in una legal entity differente, come già discusso negli Stati Uniti. Tutto ciò porterebbe ad una competitività “più equa” tra i provider europei e quelli statunitensi.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articolo 1 di 3