IL REPORT

Svolta Design Thinking per le aziende: “Innovazione a misura d’uomo”

Studio School of Management del Polimi: a quota 289 le società che adottano il processo. Finanza, assicurazioni, informazione e PA gli ambiti “top”

Pubblicato il 08 Mag 2020

L. O.

industria -digital

Design Thinking più centrale nella gestione dell’innovazione delle aziende italiane. A quota 289 gli innovatori che lo adottano, mentre i settori “top” sono finanza, assicurazioni, informazione, comunicazione e PA. Emerge dal rapporto dell’Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui sono 452 i progetti di consulenza basati sul Design Thinking in Europa, di cui 200 in Italia, con lo scopo di risolvere problemi complessi (Creative Problem Solving), realizzare e testare rapidamente prodotti e servizi (Sprint Execution), coinvolgere i dipendenti nei processi creativi (Creative Confidence) e ridefinire la visione strategica aziendale (Innovation of Meaning).

Ancora poche le startup: nel mondo sono 279 quelle che offrono soluzioni digitali a supporto del processo innovativo, di cui 4 in Italia, per un totale di 2,1 miliardi di dollari di finanziamenti, pari a una media a 7,6 milioni di dollari a startup.

“Siamo ormai catapultati in una dimensione lavorativa in cui riunioni digitali e collaborazione a distanza stanno diventando la nuova normalità – dice Claudio Dell’Era, Direttore dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. Non c’è giorno in cui non saltiamo da uno strumento di conference call a un altro. In questo ginepraio digitale la dimensione umana è lasciata a margine: il Design Thinking ci mostra invece come questo aspetto sia fondamentale. Non basta portare in digitale quello che si faceva nel mondo fisico perché, così facendo, la dimensione umana dei prodotti e dei servizi è completamente stravolta”.

E’ in questo scenario che il Design Thinking si diffonde fra le società di consulenza, caratterizzando un numero crescente di progetti e iniziative, attirando così l’attenzione delle imprese italiane che lo applicano nei settori economici e nelle funzioni aziendali più diverse, e spinge l’ingresso sul mercato di nuovi attori innovativi.

In tempi di lockdown e utilizzo accelerato di digitale il Design Thinking, fa sapere il report, emerge come modalità per rendere la tecnologia “a misura d’uomo” abilitando un approccio human-centered all’innovazione.

Chi sono gli adopter del Design Thinking

Sono top manager, designer, esperti di marketing, business development e information technology le figure più coinvolte. Il 72% del campione è costituito da utenti esperti che adottano la metodologia da più di un anno (oltre quattro anni, in media), la cui impresa investe in media 1,8 milioni di euro in innovazione e utilizzano il Design Thinking principalmente per progettare nuove esperienze utente, sviluppare nuovi prodotti o servizi e rispondere a uno specifico bisogno dell’utenza. Il restante 28% ha un’esperienza media nell’applicazione del Design Thinking di sei mesi e investe in media 1,2 milioni di euro in innovazione.

L’Osservatorio sta mappando e analizzando i tool oggi disponibili per facilitare la collaborazione e l’innovazione da remoto: Miro, Mural, Google Docs tre fra le piattaforme che in questi mesi di emergenza sono entrati nel modo comune di gestire Design Thinking workshop per consulenti e innovatori.

Mappare la corsa all’innovazione

“Il Design Thinking è uno strumento che consente alle persone, in un momento di esposizione a una mole crescente di informazioni e a tecnologie sempre più complesse e in costante evoluzione, di cogliere ciò che è veramente di valore in un prodotto o servizio e ciò che può portare davvero innovazione e coinvolgimento nelle aziende – afferma Roberto Verganti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. Non è un caso che il Design Thinking stia crescendo in quei settori in cui la trasformazione digitale richiede nuove competenze per sviluppare un’esperienza utente realmente efficace e dove tecnologie come Big Data, Artificial Intelligence e Internet of Things hanno effetti più dirompenti”.

“Il Design è ormai un fattore fondamentale per creare e gestire l’innovazione in tutti i settori economici e le funzioni aziendali – commenta Francesco Zurlo, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. L’ecosistema del Design Thinking è più maturo rispetto allo scorso anno, con più progetti di consulenza, innovatori più esperti e strutturati e la nascita delle prime startup italiane che offrono soluzioni in questo ambito, ma per coglierne tutte le potenzialità deve diventare centrale non soltanto per le singole unità di business ma per l’intera strategia aziendale”.

Le società di consulenza, attraverso i progetti di Design Thinking. hanno generato mediamente ricavi per 225 milioni di euro. I settori con la più elevata domanda di progetti di Design Thinking sono finanza e assicurazioni (12% dei progetti censiti), manufacturing (10%) e retail (9%), seguiti da ICT (8%), automotive (7%), PA (67%), energia (6%) e consulenza (6%). I principali obiettivi dei progetti di Design Thinking sono la progettazione di nuove esperienze utente e lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi e rispondere a uno specifico bisogno dell’utenza. Nelle società di consulenza i progetti sono sponsorizzati perlopiù dal Board (33% dei progetti), dal Business Development (14%) e dalla funzione Ricerca e Sviluppo (11%), marginale il ruolo della funzione Design (9%). Nelle aziende clienti le funzioni più coinvolte nei progetti sono Business Development (15%), Ricerca e Sviluppo (14%) e Marketing (13%), mentre ICT (63%) è quella più coinvolta nelle società di consulenza.

I 4 modelli del Design Thinking

Sono quattro i modelli principali di Design Thinking utilizzati per affrontare tutti i problemi posti dai processi di innovazione. Un terzo del fatturato raccolto dalle società di consulenza attraverso iniziative di Design Thinking è generato da progetti basati sull’approccio Creative Problem Solving (34%), circa un quarto dai modelli Sprint Execution (24%) e Creative Confidence (25%), e solo il 17% dall’approccio Innovation of Meaning.

Innovazione e Design Thinking a braccetto

Design Thinking e tecnologie digitali si rafforzano reciprocamente. Solo il 23% dei progetti di consulenza di Design Thiking analizzati non punta a sviluppare innovazioni digitali e i Big Data sono la tecnologia più diffusa (52% dei progetti), seguita da Artificial Intelligence (40%) e Internet of Things (37%). Solo il 38% dei progetti Design Thinking di consulenza non è stato portato avanti utilizzando almeno una tecnologia digitale (il 43% in Italia) e anche in questo caso al primo posto figurano i Big Data (48%, il 56% in Italia), seguiti da IoT (25%), AI (16%, il 34% in Italia), realtà aumentata e virtuale (15%) e additive manufacturing (15%).

Fra i 289 innovatori che adottano il processo 208 sono “Adopter” e 81 “Wannabe”. “Nel 2019 i Wannabe hanno recuperato molto terreno rispetto ai più esperti Adopter – afferma Stefano Magistretti, Research Platform Development dell’Osservatorio Design Thinking for Business –, ma gli Adopter evidenziano investimenti in innovazione superiori rispetto ai Wannabe: 1,8 milioni di euro (di cui 0,5 milioni di euro in Design Thinkng), contro i 1,2 milioni di euro. Il 56% delle realtà più esperte è costituito da grandi imprese, il 2% in più dei Wannabe, mentre fra le realtà meno avanzate figurano più micro imprese (17% contro 12%)”.

“L’Artificial Intelligence è la tecnologia più utilizzata dalle startup che supportano i processi di Design Thinking – afferma Cabirio Cautela, Direttore dell’Osservatorio Design Thinking -. L’AI e, più in generale, le tecnologie digitali sono prevalentemente impiegate nelle fasi di Design Thinking con cui si raccolgono informazioni dagli utilizzatori di prodotti e servizi, entrando in empatia con loro e re-interpretandone le necessità. Le fasi di ideazione, prototipazione e lancio di un’innovazione rimangono invece appannaggio di progettisti e designer. Al momento pare che le tecnologie non possano ancora sostituire la creatività e l’innovatività individuale. Tuttavia, i Design Thinkers che sanno usare bene le tecnologie digitali sono estremamente più efficaci”.

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