AI data center: si gioca qui una delle più importanti partite della trasformazione digitale. Secondo JPMorgan, nei prossimi cinque anni il settore vedrà investimenti complessivi superiori a 5mila miliardi di dollari, spinti da una domanda di capacità di calcolo definita “astronomica”. Una cifra che segna il più grande ciclo di spesa infrastrutturale mai registrato nell’era digitale. Ma dietro questa corsa si nascondono insidie che potrebbero ridisegnare gli equilibri globali.
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Domanda di calcolo senza precedenti
L’analisi di JPMorgan evidenzia un trend chiaro: l’AI generativa e i modelli di machine learning stanno moltiplicando la richiesta di potenza computazionale. Entro il 2030 saranno necessari 122 GW in più per i nuovi AI data center, una capacità che supera di gran lunga quella attuale. Il mercato è in piena accelerazione: nel 2026 si prevede un investimento di 700 miliardi di dollari, che salirà a 1,4 mila miliardi nel 2030. La traiettoria è chiara: il boom degli AI data center è in arrivo e sarà globale.
Dietro questa crescita c’è la spinta degli hyperscaler, i grandi operatori cloud che generano flussi di cassa superiori a 700 miliardi di dollari l’anno. Ma anche per loro la sfida è enorme: il gap di finanziamento stimato da JPMorgan è di 1,4 mila miliardi di dollari, una cifra che richiederà il ricorso massiccio a bond, private credit e interventi governativi.
Il nodo energetico e le sfide infrastrutturali degli AI data center
Se il capitale è una variabile critica, l’energia è il vero collo di bottiglia degli AI data center. Per sostenere la crescita prevista, il settore dovrà aggiungere 150 GW di potenza elettrica. Un obiettivo che si scontra con tempi di realizzazione lunghi: 3-4 anni per le turbine a gas, oltre 10 anni per il nucleare. In questo scenario, la disponibilità di energia diventa il fattore determinante per la competitività dei Paesi e delle aziende.
JPMorgan sottolinea che la pressione sulle reti elettriche sarà senza precedenti. Le utility dovranno affrontare investimenti colossali, mentre i governi saranno chiamati a definire politiche di sostegno e incentivi per accelerare la transizione. Il rischio? Che la corsa all’AI si trasformi in una sfida geopolitica sull’accesso alle risorse energetiche.
Finanziamenti: hyperscaler in prima linea, ma non basta
Gli hyperscaler restano i protagonisti di questa rivoluzione. Con margini elevati e liquidità abbondante, sono pronti a guidare il boom. Ma la scala degli investimenti richiesti supera le loro capacità. JPMorgan stima che, per mantenere un ritorno del 10%, il settore dovrebbe generare 650 miliardi di ricavi annui. Una soglia che appare difficile da raggiungere nel breve termine, soprattutto se i costi energetici e infrastrutturali continueranno a crescere.
Per colmare il gap, il mercato si prepara a un’ondata di emissioni obbligazionarie e operazioni di private credit. Anche i governi avranno un ruolo chiave, sia come finanziatori sia come regolatori. Ma questa dinamica apre interrogativi sulla sostenibilità del modello: fino a che punto sarà possibile mantenere margini elevati in un contesto di costi crescenti?
Rischi di bolla e sostenibilità del modello
Dietro l’euforia degli investimenti si nasconde il rischio di una bolla speculativa. JPMorgan richiama il precedente del boom della fibra ottica nei primi anni 2000, quando le aspettative di crescita portarono a una sovracapacità che il mercato non riuscì ad assorbire. Oggi lo scenario è diverso, ma le analogie non mancano: ritorni incerti, costi in aumento e una corsa globale che potrebbe generare squilibri.
Il rischio non riguarda solo gli investitori. Una frenata improvvisa avrebbe impatti sistemici su supply chain, occupazione e innovazione. Per questo, la sfida non è solo finanziare il boom, ma farlo in modo sostenibile, bilanciando crescita e resilienza.



































































