IL CASO

Discriminazione e molestie contro le donne, Microsoft nella bufera

Tra il 2010 e il 2018 il colosso di Redmond ha ricevuto ben 238 reclami interni. E ora la battaglia si sposta sul fronte legale: le lavoratrici accusano l’azienda aver sistematicamente negato aumenti di stipendio e promozioni, favorendo i colleghi uomini. Class action in vista?

Pubblicato il 13 Mar 2018

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Le dipendenti di Microsoft impiegate negli Stati Uniti in mansioni tecniche hanno presentato 238 reclami interni per episodi legati a discriminazione di genere o molestie sessuali tra il 2010 e il 2016, come emerso dai documenti dei legali dell’accusa resi pubblici e diffusi dall’agenzia di stampa Reuters. Le dipendenti del colosso di Redmond hanno fatto causa a Microsoft accusandola di aver sistematicamente negato aumenti di stipendio e promozioni alle dipendenti, favorendo i colleghi uomini; potenzialmente sono 8.000 le donne interessate da discriminazione, secondo l’accusa, che sta provando a trasformare la causa in class action.

La causa è stata depositata presso una corte federale di Seattle nel 2015 ed è di quelle destinate ad attrarre l’attenzione dei media, dell’industria e della politica, anche perché si unisce a una schiera di accuse su comportamenti discriminatori o addirittura violenze sul lavoro: il caso Weinstein nel mondo dello spettacolo è il più eclatante ma non l’unico.

La prima udienza per avviare il dibattito in aula non è stata ancora fissata, ma gli avvocati delle dipendenti Microsoft hanno intanto presentato richiesta al tribunale di trattare l’azione legale come class action, una richiesta che ora il giudice dovrà valutare. I legali dell’accusa hanno definito “scioccanti” i 118 reclami relativi alla discriminazione sul lavoro (escludendo dunque le molestie) e “molto blande” le inchieste interne condotte dal gruppo di Redmond. Al momento gli avvocati delle due parti stanno scambiando documenti nella fase pre-trial.

Microsoft ha negato di aver mai attuato politiche discriminatorie e, tra tutti i reclami presentati in merito alla discriminazione di genere, ha definito solo uno “fondato”. L’azienda ha anche affermato che il numero di dipendenti coinvolte non è sufficiente a garantire lo status di class action e ricordato che spende più di 55 milioni di dollari l’anno per promuovere la diversity e l’inclusione.

Un’analisi condotta da Reuters sui casi depositati presso tribunali federali americani tra il 2006 e il 2016 ha portato alla luce centinaia di dossier su presunte molestie sessuali presso aziende che avrebbero cercato di ricorrere a tattiche comuni nei casi civili per mettere a tacere ogni informazione potenzialmente dannosa per la loro reputazione. Microsoft, per esempio, ha sostenuto che il numero di reclami presentati dalle donne che lavorano in azienda non va divulgato perché rendere pubblico l’esito delle indagini interne sarebbe un deterrente alla presentazione di altri reclami, ma il tribunale di Seattle ha respinto questo punto di vista e decretato che non c’è ragione di tenere le informazioni segrete.

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