Con l’accelerazione della corsa globale verso il 6G, le telecomunicazioni si preparano a vivere una delle trasformazioni più significative di questi ultimi 20 anni. Le applicazioni avanzate come la realtà estesa e l’uso delle frequenze radio terahertz “ultra-alte” sono al centro di questa trasformazione insieme a un altro aspetto cruciale che non può essere ignorato: la condivisione dello spettro. Un elemento, che per molti è ancora sottovalutato, ma che giocherà un ruolo fondamentale con l’avvento del 6G.
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La condivisione dello spettro come pilastro del 6G
La condivisione dello spettro è già una pratica in uso nel 5G, specialmente in alcune regioni del mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, la CBRS (Citizens Broadband Radio Service ovvero il servizio Usa a banda larga radio con accesso condiviso) ha spinto la diffusione delle reti private tra molte imprese, creando opportunità per l’uso delle risorse spettro in modo innovativo. La GSA (Global mobile Suppliers Association) ha evidenziato come il CBRS sia stato la banda più utilizzata e la più rapidamente in crescita per le implementazioni di reti mobili private a livello globale. Con il 6G, questa strategia di condivisione diventa ancor più importante, poiché non ci sono sufficienti blocchi di spettro inutilizzati per lanciare nuovi servizi. Le connessioni del futuro richiederanno un ampio utilizzo dello spettro disponibile per soddisfare le crescenti esigenze di connettività e larghezza di banda.
Secondo Dean Bubley, direttore di Disruptive Analysis, la condivisione dello spettro non solo è una soluzione pratica, ma diventerà uno degli aspetti centrali del 6G. “Senza abbondanti blocchi di frequenze esclusive, la gestione efficiente delle risorse spettro diventa fondamentale, e la condivisione sembra essere l’unica via percorribile per raggiungere gli obiettivi di capacità e copertura delle reti di nuova generazione“, spiega Bubley.
6G, le implicazioni della condivisione dello spettro
Nel contesto del 6G, la condivisione dello spettro avrà una rilevanza ancora maggiore rispetto al passato. Gli operatori di telecomunicazioni e le aziende tecnologiche dovranno fare affidamento non solo sulle risorse spettro già utilizzate da tecnologie come il 4G LTE ma anche su quelle frequenze che sono state impiegate per 2G e 3G. L’utilizzo condiviso di queste frequenze permetterà di liberare risorse per il 6G e soddisfare le crescenti esigenze di larghezza di banda necessarie per le nuove applicazioni. Tuttavia, la gestione e la condivisione delle risorse radio sarà sempre più complessa e dovrà essere affrontata con soluzioni tecnologiche avanzate e protocolli di condivisione.
Una delle soluzioni in discussione è la creazione di un protocollo nativo di condivisione delle reti private 6G. Questo consentirebbe alle aziende di comprendere se ci sono altri utenti sulle bande adiacenti che non servono lo stesso caso d’uso, ottimizzando l’uso delle risorse senza interferenze. Sebbene questo approccio possa sembrare rivoluzionario, è chiaro che sarà necessario per garantire un’evoluzione ordinata del 6G a livello globale.
Il ruolo dell’Europa nella competizione globale per il 6G
Intanto anche l’Europa si triva ad affrontare la questione frequenze per il 6G. Un gruppo di big telco europee – tra cui Vodafone, Deutsche Telekom, Orange, BT Group, Telefónica e Tim – ha già lanciato un appello alle istituzioni dell’Unione Europea per riservare l’intera banda dei 6 GHz (6,425 – 7,125 GHz) per l’uso mobile. L’obiettivo è garantire che l’Europa non resti indietro rispetto a potenze tecnologiche come Stati Uniti e Cina, che già detengono un vantaggio significativo nelle tecnologie di telecomunicazione avanzata.
Le telco stanno facendo pressioni sulla Ue perché si prendano decisioni rapide in merito all’allocazione di queste bande perché, senza uno spettro sufficiente e dedicato al 6G, l’Europa rischia di perdere il suo ruolo di leadership nel panorama globale.
6G, la banda dei 6GHz risorsa chiave
La banda dei 6 GHz è infatti una risorsa cruciale per il futuro delle telecomunicazioni globali. Le sue caratteristiche uniche la rendono la banda perfetta per il 6G, in quanto fornisce una larghezza di banda elevata e una bassa latenza, che sono essenziali per garantire la qualità e la velocità delle nuove applicazioni connesse. Le bande a onde millimetriche, pur offrendo velocità estremamente elevate, hanno una portata limitata, mentre le bande più basse sono in grado di coprire ampie aree ma non offrono la capacità necessaria per gestire il volume di dati richiesto dal 6G.
La capacità di questa banda di garantire un’elevata produttività nelle aree urbane dense e nelle grandi aree rurali sarà determinante per la crescita e l’adozione di applicazioni come la guida autonoma, le fabbriche intelligenti basate sull’intelligenza artificiale, la medicina a distanza e le ambientazioni virtuali immersive. Senza un accesso adeguato a queste frequenze – come evidenziano le telco Ue – l’Europa rischia di rallentare la propria trasformazione digitale, perdendo opportunità fondamentali per il proprio sviluppo economico e tecnologico.
Il “Big Beautiful Bill” Usa e l’impatto sulla Ue
A complicare ulteriormente la situazione c’è anche il “One Big Beautiful Bill”, la riforma di bilancio voluta dal presidente Trump, che prevede di mettere all’asta porzioni di spettro chiave come 600 MHz, 3,1-3,45 GHz e, potenzialmente anche di banda 6 GHz. Per i principali operatori di telefonia mobile statunitensi come AT&T, Verizon e T-Mobile, questa decisione sviluppo apre l’accesso a frequenze a banda media e bassa, fondamentali per espandere la capacità e la copertura del 5G, soprattutto nelle aree rurali e suburbane, dove la redditività è stata storicamente più difficile da raggiungere.
Tuttavia, l’inclusione della banda 6GHz ha suscitato preoccupazioni. In molte giurisdizioni, inclusa l’Europa, questa banda è stata destinata all’uso di spettro non licenziato e condiviso, che supporta le implementazioni emergenti come il Wi-Fi 6E e il Wi-Fi 7.
L’assegnazione di questa banda per uso esclusivo negli Stati Uniti potrebbe non solo ostacolare l’innovazione nel settore del Wi-Fi, ma anche causare una frammentazione dell’ecosistema globale dei dispositivi, complicando l’interoperabilità hardware e la produzione di chipset.
Di conseguenza, gruppi commerciali come la Wi-Fi Alliance e la Ncta hanno sollevato obiezioni formali, sottolineando che questa mossa privilegia i ricavi delle aste a breve termine rispetto all’innovazione a lungo termine della connettività.
L’assegnazione di queste bande, comunque, velocizzerebbe di molto il roll out della banda ultralarga mobile Oltreoecano e rischierebbe di mettere l’Europa nelle retrovie (anche considerando la corsa della Cina sul 6G).
Attualmente il Radio Spectrum Policy Group (RSPG) dell’Unione Europea è pronto a pubblicare la bozza di parere sulla banda dei 6 GHz. Questo documento sarà messo in consultazione pubblica e avrà un impatto fondamentale sulle decisioni future. Il parere finale di RSPG, previsto per novembre 2025, influenzerà notevolmente la politica europea sullo spettro, poiché, sebbene non vincolante, guiderà le decisioni che saranno prese riguardo all’allocazione esclusiva dello spettro per il 6G mobile.
Il futuro del 6G: un’era di innovazione e competizione
La sfida per l’allocazione dello spettro dei 6 GHz rappresenta un punto di svolta non solo per le telecomunicazioni ma anche per la competitività dell’Europa a livello globale. Se non si garantirà l’accesso a queste frequenze fondamentali, l’Europa rischia di rimanere indietro rispetto alle potenze globali, dipendendo dalle tecnologie di paesi come gli Stati Uniti, la Cina e la Corea del Sud.
Il futuro del 6G è una corsa globale, e l’Europa deve compiere scelte strategiche decisive ora, prima che sia troppo tardi. Senza un accesso adeguato alle bande di spettro, l’Europa rischia di compromettere la propria capacità di innovare e di rimanere competitiva nel panorama tecnologico mondiale. La gestione intelligente e la condivisione delle risorse spettro saranno quindi la chiave per il successo di questa nuova era della connettività.