In un momento di elevata attenzione internazionale verso il nostro
Paese per l’ammontare del nostro debito pubblico, è importante
sì focalizzarsi sulla risoluzione del debito e sulla diminuzione
della spesa pubblica, ma anche su quali sono le leve che possono
far riprendere la crescita del Paese.
Le infrastrutture rappresentano un catalizzatore per il cambiamento
e soprattutto per la ripresa. È importante quindi che si definisca
un approccio strategico e industriale di sviluppo nelle aree che
maggiormente influenzeranno la crescita del Pil. Da qui al 2015,
secondo uno studio del Boston Consulting Group, per ogni euro di
crescita del Pil italiano, in media 15 centesimi potranno essere
riconducibili all’espansione dell’economia digitale.
Credo che questo dato dica molto sul contributo che l’Ict e
l’Internet Economy possono dare alla crescita dell’Italia. Il
nostro Paese è oggi ancora fortemente penalizzato rispetto agli
altri Paesi sviluppati che riescono a sfruttare meglio i vantaggi
della digitalizzazione. Ce lo dice lo studio che ogni anno Nokia
Siemens Networks elabora sulla connettività globale di molti Paesi
nel mondo. L’Italia viene catalogata nel comparto dei Paesi
trainati dall’innovazione, ma i risultati ottenuti sono piuttosto
deludenti per la maggior parte degli indicatori analizzati e
posizionano il nostro Paese in fondo alla classifica della
connettività utile. L’utilizzo di Internet in Italia ad esempio
è limitato a meno della metà della popolazione. Inoltre, solo
meno di un quinto degli Italiani utilizza la rete per operazioni
finanziarie ed acquisti online, rispetto al 50-60% delle altre
nazioni dell’Europa occidentale.
Questo scarso utilizzo dei servizi Internet potrebbe essere in
parte legato al tasso relativamente basso dell’adozione della
banda larga in generale. In Italia, infatti, il tasso di
penetrazione della banda larga è appena al di sopra di 50 utenti
su 100 nuclei familiari. Inoltre, la velocità media della
connessione sopra i 5 Mbps e la percentuale di indirizzi Ip sono
tra le più basse rilevate in tutte le economie guidate
dall’innovazione. Dal punto di vista delle aziende, l’Italia si
posiziona agli ultimi posti della classifica in termini di server
sicuri, personal computer e investimenti Ict pro capite. Nel campo
delle amministrazioni e settore pubblico, l’Italia ha un primato
negativo secondo l’indice dei servizi di e-government delle
Nazioni Unite e ottiene il penultimo posto in termini di
percentuale della popolazione che utilizza i servizi di e-gov.
Questi dati possono rappresentare uno spunto per il Governo Monti.
La leva dell’Ict è certamente tra le principali per lo sviluppo
del Paese. Il nuovo Governo può affrontare il tema della
digitalizzazione anche attraverso uno sforzo per abbassare il tasso
di analfabetismo digitale che è ancora troppo alto nel nostro
Paese. I tre consigli dunque potrebbero essere:
1) contribuire ad un maggior impulso agli investimenti in tutto
l’Ict, anche attraverso il concreto coinvolgimento delle
strutture di R&I (Ricerca e Innovazione) di imprese nazionali e
multinazionali, di enti ed università. Concrete proposte ai
Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Istruzione, Università
e Ricerca sono state recentemente inoltrate dal “Tavolo
Ricerca” del Comitato Investitori Esteri di Confindustria,
2) supportare i progetti di e-government per dare impulsi ed
attrattività all’intero Sistema Paese
3) lanciare un grande progetto di alfabetizzazione digitale
recuperando all’utilizzo degli strumenti digitali quella
importante percentuale della popolazione italiana che ancora oggi
ne ignora i rudimenti.