I cavi sottomarini rappresentano la spina dorsale invisibile della connettività globale: trasportano il 98% delle telecomunicazioni mondiali attraverso oltre 1,4 milioni di chilometri di dorsali marine. Eppure, la loro importanza vitale è spesso sottovalutata, mentre la loro vulnerabilità cresce di fronte a minacce naturali, attacchi esterni e criticità tecniche. È in questo contesto che si inserisce il Disegno di Legge per la sicurezza delle attività subacquee, attualmente all’esame della Commissione Ambiente del Senato, oggetto delle recenti audizioni di attori chiave del comparto.
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Sparkle: “Governance integrata e procedure più snelle”
Enrico Bagnasco, amministratore delegato di Sparkle, ha sottolineato il valore strategico del provvedimento in audizione, considerandolo “un passo importante per proteggere e valorizzare le infrastrutture sottomarine, in particolare i cavi digitali”. Tuttavia, secondo Sparkle, il ddl dovrebbe essere rafforzato in almeno tre direzioni.
- Governance multilivello – La gestione delle infrastrutture subacquee coinvolge numerosi soggetti, civili e militari, a livello nazionale ed europeo. Serve una cabina di regia efficace, in grado di coordinare interessi e responsabilità, in linea con la natura transfrontaliera delle dorsali sottomarine.
- Snellimento burocratico – Le procedure autorizzative per posa e approdo dei cavi risultano complesse e frammentate. Una maggiore semplificazione è ritenuta essenziale per accelerare gli interventi infrastrutturali, ridurre i tempi di realizzazione e garantire prontezza in caso di emergenze.
- Investimenti e tecnologie per la resilienza – Sparkle sta studiando nuove capacità tecnologiche per aumentare la sicurezza e la resilienza delle proprie infrastrutture, ma segnala la necessità di “contributi agli investimenti per coprire extra costi che potrebbero non trovare copertura commerciale”, suggerendo l’introduzione di meccanismi di sostegno pubblico mirati.
Il Polo nazionale: “Serve continuità operativa e un salto di scala”
All’audizione ha partecipato anche Giuseppe Berutti Bergotto, in rappresentanza del Polo nazionale della dimensione subacquea, che ha ampliato la visione oltre i soli cavi digitali, sottolineando come “una parte delle infrastrutture critiche del Paese si trovi sui fondali marini”, in particolare quelle legate all’approvvigionamento energetico.
Bergotto ha messo in evidenza l’intreccio tra vulnerabilità e opportunità degli ambienti subacquei: se da un lato ci sono rischi connessi a guasti, disastri naturali e atti ostili, dall’altro la frontiera sottomarina offre possibilità immense in termini di innovazione, estrazione sostenibile di risorse naturali e conservazione degli ecosistemi. “Le sfide e le opportunità sottomarine sono strettamente intrecciate”, ha detto.
Il Polo nazionale, che oggi può contare su risorse assicurate fino al 2026 da Ministero della Difesa, Ministero delle Imprese e del Made in Italy e Regione Friuli Venezia Giulia, rischia però il blocco operativo dopo tale data. Da qui l’appello a un intervento normativo nella Legge di Bilancio 2026, volto ad assicurare “continuità operativa e consolidamento del Polo come catalizzatore dell’innovazione subacquea in ambito nazionale”.
Verso una strategia nazionale per la dimensione subacquea
Le audizioni hanno evidenziato un punto chiave: la sicurezza delle attività subacquee non è solo una questione tecnica, ma un tema geopolitico, economico e ambientale. Che si tratti di proteggere i cavi digitali o di mappare le risorse marine, l’Italia è chiamata a definire una strategia nazionale per la dimensione subacquea, sostenuta da governance efficace, investimenti mirati e cooperazione europea.
Il disegno di legge in discussione rappresenta una prima risposta, ma le richieste emerse spingono per un’evoluzione più ambiziosa e sistemica. In gioco non c’è solo la protezione delle infrastrutture, ma la capacità del Paese di essere protagonista nella gestione sostenibile e sicura delle proprie profondità marine.