Controllare la comunicazione che corre lungo i cavi sottomarini non significa solo evitare interruzioni all’accesso a internet globale. Si tratta di una questione strategica di controllo dell’informazione, come dimostra la storia delle due guerre mondiali del secolo scorso. E se oggi stiamo vivendo quella che, purtroppo, appare come una terza guerra mondiale distribuita, il controllo dei cavi sottomarini diventa l’asse portante delle strategie di difesa dei Paesi, come si legge nell’analisi di Richard Dunley, Senior Lecturer in History and Maritime Strategy della Unsw Canberra, pubblicata dalla rivista The Interpreter del Lowy Institute.
L’articolo è stato prodotto nell’ambito di un progetto pluriennale intrapreso sulla sicurezza dei cavi sottomarini da parte dell’Australia India Institute dell’Università di Melbourne, con il sostegno del Dipartimento della Difesa australiano.
“Gli esempi storici ci fanno riflettere attentamente sul perché la capacità di distruggere (o proteggere) i cavi sottomarini è importante“, scrive Dunley. “La tecnologia è cambiata radicalmente dall’era delle guerre mondiali e la radio e i satelliti hanno aggiunto sistemi di comunicazione alternativi. Tuttavia, i cavi sottomarini rimangono il fondamento della rete di comunicazione globale. Questi cavi trasmettono oltre il 98% del traffico dati internazionale e controllarlo è sia una significativa vulnerabilità che un’enorme risorsa per l’Occidente“.
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Cavi sottomarini, perché sono strategici
“Le operazioni di sabotaggio condotte contro cavi e oleodotti nelle acque europee, che sono generalmente attribuiti alla Russia, hanno reso gli attacchi alle infrastrutture marine un argomento caldo negli ultimi due anni”, scrive Dunley. “Allo stesso tempo, abbiamo assistito a una crescita di attacchi ai cavi che collegano Taiwan e le sue isole periferiche, la cui responsabilità è comunemente attribuita alla Repubblica popolare cinese”.
Prosegue l’esperto: “Mentre questa ondata di attacchi ha fatto sì che i cavi sottomarini siano diventati un po’ meno invisibili di quanto non siano state finora, gli sforzi per proteggere questa infrastruttura non sono una novità“.
Infatti, secondo quanto insegna la storia, le azioni per interferire con i cavi hanno due obiettivi: interferire con i cavi di un avversario a scopo di intercettazione, come l’operazione Ivy Bells dell’era della Guerra Fredda, o condurre una vera opera di sabotaggio al fine di interrompere la comunicazione per un vantaggio militare o per tagliare fuori dall’informazione la società civile.
Oltre l’accesso internet: il controllo dell’informazione
Altri esempi della prima e della seconda guerra mondiale suggeriscono che altri impatti possono essere probabilmente ancora più significativi nel plasmare l’ambiente informativo.
“In tempo di guerra, probabilmente più che in qualsiasi altro momento, l’informazione è potere. È attraverso questa lente che dobbiamo vedere la rete globale via cavi sottomarini”, scrive Dunley. “Le nazioni occidentali devono pensare ancora una volta a come sfrutterebbero il loro controllo dei beni comuni globali in tempo di guerra per controllare l’infrastruttura di comunicazione globale e la conoscenza che scorre attraverso di essa”.
In entrambi i conflitti, il dominio anglo-americano in mare ha permesso agli Alleati di proteggere le proprie infrastrutture di comunicazione sottomarine e distruggere quelle dei loro avversari. Questa capacità ha costretto le comunicazioni globali a confluire sull’infrastruttura controllata da alleati. E il controllo di questa infrastruttura globale ha dato agli Alleati un vantaggio fondamentale.
Per esempio, durante la prima guerra mondiale, dall’inizio dell’agosto del 1914, il governo britannico, attraverso strette relazioni con le principali società via cavo di proprietà britannica e il taglio selettivo dei cavi tedeschi, stabilì un dominio globale della rete via cavo. Ci è voluto un po’ di tempo per la Gran Bretagna per capire cosa fare con questo potere, ma alla fine questo dominio ha fornito a Londra un vantaggio indiscutibile nello spazio dell’informazione.
Nelle settimane precedenti lo scoppio della guerra, circa un terzo di tutte le storie sui giornali americani relative alla crisi globale proveniva dalla Germania. Dopo il taglio dei cavi tedeschi, questo flusso di informazioni si è prosciugato. Dall’agosto del 1914, il 70% delle storie legate alla guerra sulle prime pagine dei giornali statunitensi proveniva da fonti alleate. La percentuale ricevuta direttamente dalla Germania non ha mai superato il 4%.
Lezioni dalle guerre mondiali: vantaggi militari ed economici
Controllare lo spazio informativo non era solo rilevante in termini di propaganda, ma era anche vitale per facilitare la guerra economica. Il controllo britannico dell’infrastruttura informativa ha permesso di costruire un “database” senza precedenti di informazioni sul commercio globale. La conoscenza estratta dalla possibilità di leggere e censurare le comunicazioni sulla rete via cavo ha permesso alla Gran Bretagna di sequestrare carichi sospetti e di inserire nella lista nera le aziende che commerciavano con il nemico. Senza il controllo dello spazio informativo, il controllo dei mari avrebbe contato poco.
È per questo motivo che i piani britannici per la guerra contro il Giappone imperiale, elaborati negli anni ’20 e ’30, contenevano un’appendice dedicata al taglio dei cavi sottomarini. Ancora una volta, la Gran Bretagna, ormai salda nella sua egemonia navale globale, si preparava a usare il suo controllo dei beni comuni globali per proteggere le reti via cavo globali e isolare il suo avversario.
I successi militari giapponesi nel 1941-42 limitarono la portata di tale approccio, ma l’operazione Sabre verso la fine della guerra dimostra ancora una volta l’importanza di controllare i cavi sottomarini per modellare l’ambiente informativo. In questa operazione, i cavi giapponesi che collegavano l’arcipelago nipponico con il sud-est asiatico sono stati tagliati per costringere i giapponesi a utilizzare comunicazioni wireless, che potevano essere intercettate e potenzialmente decodificate.
Cavi sottomarini, il diritto di autodifesa
In merito agli attacchi perpetrati ai danni dei cavi sottomarini, l’analista Christian Schaller su Ejil talk, il blog della Rivista europea di diritto internazionale, ha scritto che una questione aperta è se l’azione esecutiva contro le navi sospette in acque internazionali, dove tale azione non è coperta dal diritto internazionale del mare, possa essere consentita come esercizio del diritto di autodifesa.
Mettere in campo questo diritto per rispondere alle forme più gravi di sabotaggio dei cavi sottomarini più critici sembra comportare un certo rischio di escalation. Tuttavia, la questione non è se lo Stato vittima possa usare la forza militare contro lo Stato attaccante. La questione più urgente è se lo Stato vittima possa intraprendere azioni esecutive per autodifesa contro le navi sospette in aree marittime in cui il diritto internazionale del mare non gli fornisce un’autorità sufficiente per farlo. Adottando un approccio complementare di autodifesa, gli Stati potrebbero aumentare il loro spazio di manovra legale senza andare oltre quanto consentito dal diritto internazionale del mare. E potrebbero segnalare ai potenziali aggressori che sono pronti ad agire in modo più deciso, se necessario, per proteggere le loro infrastrutture sottomarine.