C’è una “sveglia” che suona per tutta la filiera delle telecomunicazioni, e non solo. A ricordarlo, nell’intervista conclusiva di Telco per l’Italia con Alessandro Longo di Nextwork360, è Laura Di Raimondo, direttore di Asstel-Assotelecomunicazioni: “Stiamo provando a farla suonare per tutti. Operatori e filiera la sveglia se la danno tutti i giorni: se il digitale corre e gli operatori continuano a investire è perché questa consapevolezza ce l’abbiamo ben presente”. Il punto, avverte, è che la crescita del digitale, del traffico dati e dei servizi “corre sulle nostre reti, mentre i risultati finiscono spesso nelle tasche di altri”. Una responsabilità che il settore non può “portare avanti fino allo sfinimento”: è il momento che se ne facciano carico anche altri attori, a partire dalle istituzioni.
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Contratto nazionale e “patto industriale”: la sveglia per tutti
Un primo segnale concreto arriva dal nuovo contratto nazionale di settore, rinnovato fino al 2028: “Abbiamo garantito la tenuta occupazionale della filiera e rinnovato un contratto importante, con una decisione forte condivisa con le parti sociali”, sottolinea Di Raimondo. Nel contratto è stato costruito un vero e proprio “patto industriale” che vuole suonare la sveglia a tutti i soggetti con un ruolo decisionale, cambiando l’architettura del settore e aprendo all’evoluzione delle competenze e del mercato del lavoro. “È una spinta importante – rimarca – perché al centro sono le persone”.
Ma il tempo, insiste il direttore di Asstel, “è ora”. Il senso di urgenza è il messaggio che l’associazione sta portando alle istituzioni: “Ci sono fattori industriali che non quadrano più: il tema delle frequenze, con l’obbligo di investire; l’AI che sta correndo e rischia di lasciarci tutti indietro; il costo del capitale; il tema dell’energia”. Gli operatori sono strutturati e capaci di fare la loro parte, ma “se il costo dell’energia è tre volte quello di altri Paesi, serve una svolta”. Le decisioni, avverte Di Raimondo, vanno prese adesso: “La legge di bilancio può stabilire scelte cruciali, ad esempio allocare le frequenze non a titolo oneroso, prevedere rinnovi non onerosi e intervenire sull’energia”. Il governo, riconosce Longo, “sembra sensibile”, ma “noi dobbiamo vederlo scritto”, ribatte Di Raimondo. E quindi si lavora alla promozione di un maxi-emendamento.
Proprio il tema energia mostra quanto le telco non possano più essere lette con le “lenti del passato”. “Abbiamo una presenza capillare sul territorio. Quando c’è stata la crisi energetica – ricorda – qualcuno in Europa ha pensato si potessero semplicemente spegnere cloud e data center. Ma noi non possiamo: dobbiamo garantire servizio h24”. È qui che Di Raimondo invoca un cambio di cultura: se la manifattura ha rappresentato la spina dorsale della rinascita del Paese nel dopoguerra, oggi è la rivoluzione digitale a richiedere regole e norme completamente diverse. Per questo Asstel chiede di ridurre il costo dell’energia, adeguando il sistema dei prezzi a quanto accade negli altri Paesi e riconoscendo alla filiera un trattamento equivalente a quello degli energivori: “Il digitale è altamente energivoro, ma questo ancora non è pienamente riconosciuto”.
Regole simmetriche con gli Ott e ruolo dell’Italia
Sul fronte delle regole verso gli Ott, la domanda è di natura strategica: “Quale scelta, come Europa, vogliamo fare? Vogliamo governare o subire gli ecosistemi degli altri continenti? Se competiamo, dobbiamo farlo a pari condizioni”. L’asimmetria, denuncia Di Raimondo, è evidente: le telco investono miliardi in frequenze, sono obbligate a garantire un’assistenza umana e un customer care gratuito, sottostanno a una lista infinita di regole costruite nel mondo “fisico” delle imprese; molte big tech, invece, non si muovono con gli stessi vincoli – “WhatsApp non ha l’obbligo di assistente umano”, osserva ad esempio. La richiesta è di regole equivalenti, a partire proprio dall’accesso alle frequenze e dagli obblighi di servizio.
Alla domanda conclusiva di Longo su cosa possa fare concretamente Asstel per l’Italia, Di Raimondo risponde rivendicando un impegno che viene da lontano: “Noi abbiamo fatto, facciamo e faremo: questa è la strategia di chi fa impresa con responsabilità”. Il lavoro dell’associazione e delle imprese della filiera, ricorda, è proseguito anche quando il contratto non era ancora rinnovato, con iniziative verso la cittadinanza e le Pmi. La “sveglia” non è quindi una semplice chiamata alle armi: è la richiesta di condividere la responsabilità di un’infrastruttura che è ormai vitale per l’intero sistema Paese.










