Il comparto delle telecomunicazioni in Europa vive un paradosso. Da un lato cresce la domanda di reti sempre più avanzate, dall’altro gli operatori non riescono a sostenere i costi. I ricavi medi restano bassi e i ritorni sugli investimenti non coprono spesso il capitale impiegato. Questo scenario ha un impatto diretto sulla competitività industriale del continente. Alessandro Gropelli, direttore generale di Connect Europe, lo ha sottolineato durante il suo intervento a Connecting Tomorrow, ospitato nell’edizione 2025 del Nexus Luxembourg.
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Un settore di peso ma con basi fragili
Secondo i dati citati da Gropelli, l’ecosistema della connettività contribuisce al 4,7% del PIL europeo. La quota è rilevante se confrontata con l’agricoltura e la pesca (1,7%). Conferma inoltre il ruolo centrale delle reti digitali nello sviluppo economico e sociale dell’Europa. Le telecomunicazioni non sono più soltanto un’infrastruttura tecnica: rappresentano un pilastro economico, paragonabile all’energia.
Il confronto con vent’anni fa aiuta a capire la portata del cambiamento. All’inizio degli anni Duemila, la connessione era legata al 3G e ai personal computer. I messaggi erano limitati a 140 caratteri e le connessioni passavano ancora dai modem. Oggi il traffico dati riguarda persone, oggetti e applicazioni, con un peso crescente dell’intelligenza artificiale. In questo mercato globale, gli attori principali arrivano sempre più da Stati Uniti e Cina.
Prezzi bassi, margini ridotti
Il peso economico del settore non si traduce in solidità per gli operatori. In Europa l’ARPU, cioè il ricavo medio per utente, è il più basso a livello mondiale e continua a calare. Questa dinamica riduce i margini delle società. In molti casi, il rendimento del capitale resta al di sotto del costo medio ponderato, segnalando che gli investimenti non generano ritorni adeguati.
Durante il convegno, Gropelli ha descritto con un esempio concreto la sproporzione tra valore delle reti e prezzo di mercato. A Roma ha osservato un’offerta da 150 gigabyte di dati con chiamate illimitate a 7,95 euro al mese. Una cifra inferiore a quella di un pasto in zona Vaticano. L’episodio mostra come servizi complessi da realizzare e mantenere siano spesso venduti a tariffe che non riflettono il loro valore reale.
Il paradosso degli investimenti
Il tema diventa ancora più critico guardando alla capacità di investimento. Connect Europe monitora il settore da oltre 15 anni. Nel 2023 ha rilevato il primo calo del CapEx (-2%) degli ultimi sette anni. Una frenata che desta preoccupazione, soprattutto perché la domanda di reti ad alta capacità continua a crescere.
Il confronto con gli Stati Uniti mette in evidenza un forte divario. Gli investimenti nelle telecomunicazioni in Europa ammontano a circa la metà di quelli statunitensi se rapportati alla popolazione. Questa distanza rischia di rallentare lo sviluppo delle reti e di ridurre la competitività europea in campi come l’industria digitale e i servizi avanzati.
L’equilibrio tra prezzi e competitività
La politica dei prezzi resta il nodo centrale. Per anni, ha ricordato Gropelli, le istituzioni europee hanno chiesto agli operatori di mantenere tariffe basse per garantire accesso ai servizi. Questa scelta ha avuto effetti positivi sul piano sociale, ma oggi entra in conflitto con la necessità di stimolare nuovi investimenti.
Il dibattito a Bruxelles riflette questa tensione. Le reti digitali non possono più essere considerate un servizio accessorio: sono infrastrutture decisive per la competitività. Produttività e innovazione dipendono da connessioni veloci e affidabili. Creare condizioni che rendano sostenibili gli investimenti diventa quindi essenziale per la crescita economica europea.
Prospettive per la sostenibilità del settore
Il futuro del comparto non dipende soltanto dall’estensione della copertura o dall’arrivo di nuove tecnologie. Conta soprattutto la solidità finanziaria degli operatori che devono costruire e mantenere le reti. La sostenibilità economica è dunque un fattore chiave. Senza ritorni adeguati, l’Europa rischia di restare indietro nella corsa globale all’innovazione digitale.
Le considerazioni di Gropelli a Luxembourg mettono in luce un punto chiaro: la questione non è più teorica. Il calo degli investimenti e i bassi ricavi medi mostrano una fragilità strutturale. La politica e l’economia devono trovare un equilibrio tra tariffe accessibili per i cittadini e la necessità di sostenere operatori in grado di garantire la crescita tecnologica del continente.