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Protto (Retelit) “Servizi digitali e modello wholesale only per le reti ultrabroadband”

Per l’amministratore delegato gli investimenti nei network superveloci dovrebbero guardare prioritariamente alle aree industriali: “Ma attenzione alla domanda digitale: è essa che traina gli investimenti nelle infrastrutture”

Pubblicato il 22 Feb 2018

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“La banda ultra larga e la connettività veloce sono le fondamenta su cui poggiano le più importanti innovazioni della rivoluzione industriale che stiamo vivendo oggi: l’industry 4.0, l’internet of things, l’intelligenza artificiale, l’automatizzazione, il 5G e il cloud non potrebbero esistere senza l’infrastruttura in fibra”, osserva Federico Protto, amministratore delegato di Retelit – “Negli ultimi anni abbiamo registrato una grande attenzione da parte del legislatore su questi temi e ci auspichiamo che il prossimo Parlamento possa moltiplicare gli impegni e garantire adeguata priorità a queste tematiche.

Alla banda ultralarga sono state destinate molte risorse pubbliche attraverso Infratel. Si tratta di andare avanti sulla via indicata dalla legislatura appena finita o è necessario un ripensamento, magari con un ruolo più significativo dei privati rispetto al pubblico?

A nostro avviso il criterio di ripartizione tra pubblico e privato adottato dal Governo è equilibrato, ma auspichiamo che venga data maggiore priorità alle aree industriali.

Che pensa dell’affermazione di Gentiloni per cui Internet a banda larga è un servizio universale?

La connessione veloce e sicura alla rete in banda ultra larga è un diritto fondamentale delle famiglie e delle imprese. Le Smart City, che possono essere sinonimo di sviluppo competitivo per le aziende e migliore qualità di vita delle persone, necessitano di un’infrastruttura tecnologica strategica e al passo con i tempi.

Vi sono ancora ostacoli, ad esempio di tipo amministrativo, da superare per la posa delle nuove reti su cui il nuovo governo dovrebbe porre particolare attenzione?

Il Decreto Fibra Ottica (Dlgs 33/2016) ha testimoniato l’impegno concreto del legislatore ad avviare il cantiere per l’ammodernamento del sistema di telecomunicazioni italiano. Si avverte tuttavia un’ulteriore esigenza di semplificazione che deve mirare da un lato a rendere più immediata la concessione dei permessi e dall’altro a promuovere ulteriormente l’uso condiviso dell’infrastruttura fisica esistente.

Quanto sono importanti stabilità e supporto normativi per aiutare gli investimenti delle Telco?

A livello europeo l’Italia si caratterizza per un sistema di regole chiaro e condiviso da tutti gli operatori di telecomunicazioni.  La stabilità normativa è indubbiamente una condizione essenziale per il fiorire degli investimenti ed è un bene da tutelare ed auspichiamo che anche il prossimo Parlamento sia dello stesso avviso. L’agenda del prossimo esecutivo dovrà soprattutto valutare nuovi strumenti per favorire una migliore vigilanza sull’applicazione della normativa esistente che oggi purtroppo viene spesso disattesa.

Le infrastrutture da sole non bastano, è necessario anche lo sviluppo dei servizi digitali. Concorda?  Come la politica può favorire la digitalizzazione di imprese, pubblica amministrazione, cittadini?

I servizi digitali si sviluppano sul territorio se c’è chiaramente un’infrastruttura affidabile in grado di supportali. Gli investimenti non sono però l’unica chiave per lo sviluppo del settore. La crescita del dna digitale della nostra nazione passa anche da un cambiamento culturale sia delle famiglie che delle imprese. È infatti la domanda di servizi digitali che fa crescere gli investimenti nella rete. Venendo invece agli orientamenti delle aziende, possiamo sicuramente affermare che gli incentivi governativi hanno accompagnato in questi anni lo sviluppo del settore, ma l’accelerazione è possibile solo se il management delle nostre imprese aumenterà sempre più gli investimenti verso il comparto IT.

I voucher per l’uso dell’ultrabroadband possono essere una buona idea? A che condizioni?

Assolutamente sì, ma dovrebbero essere uniti a un cambio culturale nei modelli di business e ad un ripensamento in chiave digitale delle nostre aziende che non si risolve con i voucher.

L’Italia ha detto di volere essere all’avanguardia in Europa sul 5G tanto da sperimentarne i servizi in 5 città. La convince tale enfasi?

Se l’Italia viaggia ultraveloce c’è solo da essere contenti, specie se questo rappresenta un primato al momento in Europa. Tuttavia l’obiettivo non è solo costruire un’infrastruttura, ma anche sviluppare i servizi digitali e creare un sistema strutturato secondo il modello wholesale only in cui vi è un unico soggetto che gestisce l’accesso alla rete degli operatori retail.

A quali condizioni l’Italia può effettivamente diventare leader nel 5G?

Il primato che ha l’Italia a livello europeo è figlio del patrimonio tecnologico sulla rete 4G e Lte, cresciuta negli anni grazie agli investimenti degli operatori mobili. Tutto ciò è un presupposto di fondamentale importanza per lo sviluppo e l’implementazione anche del 5G in tutto il territorio nazionale.

Siamo prossimi alle aste delle frequenze sul 5G. Quali sono gli obiettivi da privilegiare? La massimizzazione delle entrate pubbliche? L’ingresso di nuovi player? Gli investimenti nelle reti consentendo una rapida infrastrutturazione del 5G?

Solo gli investimenti privati nelle reti possono garantire una rapida crescita dell’infrastruttura del 5G. Il modello più efficiente è quello non interventista che favorisce uno sviluppo dal basso e che crea le regole affinché gli operatori possano collaborare insieme.

Che ne pensa del “modello francese” con lo Stato che ha dato in uso pressoché gratuito le frequenze 5G agli operatori esistenti in cambio di una veloce e diffusa posa delle nuove reti?

È un esempio a cui ispirarsi e che riteniamo strategico per la crescita del settore.

Cosa dovrà fare il nuovo governo per favorire l’uso e i servizi delle reti 5G?

Serviranno regole che siano da un lato espressione delle necessità degli operatori e dell’altro tutelino le esigenze degli utenti.

Rete fissa e rete mobile vanno sempre più integrandosi. È immaginabile un modello di rete condiviso tra operatori?  A che condizioni?

La cooperazione sul 5G è possibile ed è il criterio che deve orientare il futuro del mercato. La strada passa dall’identificazione di operatori wholesale only e dal ricorso a tariffe trasparenti e accessibili.

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