Via libera senza condizioni Antistrust all’acquisizione, da parte di Poste, del 15% di Tim. “In relazione all’acquisizione del 15% delle azioni ordinarie di Tim, comunicata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il 21 maggio 2025, all’esito della quale Poste Italiane detiene il 24,81% delle azioni ordinarie di Tim”, si legge in una nota del gruppo guidato da Matteo Del Fante, “la Società comunica che, nella seduta del 3 settembre 2025, l’Agcm ha deliberato di approvare senza condizioni l’operazione e, dunque, di non procedere all’avvio dell’istruttoria, in quanto essa non ostacola in misura significativa la concorrenza effettiva nei mercati interessati e non comporta la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante”.
Poste diventa così di fatto il primo azionista della telco, un passaggio necessario per l’apertura del cantiere governance in Tim e l’ingresso dell’amministratore delegato, o di un suo rappresentante, nel consiglio d’amministrazione, oltre che per l’integrazione a livello operativo e le sinergie da attivare a cavallo dei due gruppi.
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Il nulla osta di Agcom
Il semaforo verde è arrivato a stretto giro dopo il nulla osta dell’Agcom, che a inizio settimana aveva reso noto l’esito della delibera approvata durante la riunione del consiglio del 23 luglio. In particolare, rispetto ai profili relativi alle comunicazioni, Agcom aveva fatto sapere di non avere nessun rilievo, decidendo non avviare nemmeno un’istruttoria: l’acquisizione da parte di Poste Italiane del 15% di Tim, secondo l’Autorità “non risulta, sulla base delle informazioni raccolte nell’ambito del procedimento, rilevante nel determinare l’instaurarsi di effetti distorsivi o comunque lesivi del pluralismo“.
L’AgCom si è premurata si accertare che non vi fossero sovrapposizioni fra Poste e Tim con riguardo al settore dell’informazione e degli audiovisivi, in quanto la telco opera nel settore della TV on-demand con il marchio Tim Vision, ma “non realizza programmi di informazione”, mentre Poste svolge attività editoriale, ma tale attività si sostanzia nella distribuzione di “un solo notiziario al giorno” attraverso l’house organ Poste News, concesso a titolo gratuito a dipendenti ed ex dipendenti del Gruppo e disponibile online e a circuito chiuso negli Uffici postali.
Pertanto, l’AgCom è giunta alle sue conclusioni “tenuto conto dell’esiguo valore nel Sistema Integrato delle Comunicazioni di Tim e del fatto che Poste non opera nello stesso, considerata, inoltre, la dinamica concorrenziale e la tipologia di contenuti messi a disposizione”. L’autorità si riserva comunque “un’attenta azione di monitoraggio, al fine di evitare che possano determinarsi eventuali alterazioni delle condizioni concorrenziali del mercato e del livello di pluralismo”, ha precisato il presidente Giacomo Lasorella.
I nodi da sciogliere sul piano concorrenziale
Il semaforo verde dell’Agcm era atteso. Già a metà luglio, del resto, era trapelato che Poste avrebbe ricevuto il via libera dell’Antitrust, a cui si erano appellati operatori del settore, fra cui Iliad, evidenziando potenziali distorsioni derivanti dalla concentrazione.
Il nodo sarebbe stato non tanto nel campo delle telecomunicazioni quanto in quello dei servizi ancillari: Tim per esempio potrebbe sfruttare la rete di Poste di 13mila uffici, una delle potenziali sinergie da mettere in campo sulle quali i manager non sono ancora entrati nei dettagli. Pietro Labriola, l’amministratore delegato di Tim, durante l’ultima conference call sui risultati finanziari, ha immaginato di poterlo fare commentando i dati del terzo trimestre.
Gli analisti della banca di investimento Intermonte vedono, in particolare, “opportunità nei settori Rete (per esempio, il ‘rimpatrio’ di Poste), Consumer (sfruttando la piattaforma esistente per vendere nuovi prodotti e potenzialmente ottimizzare le due reti estese e i contact center) ed Enterprise (con un focus su soluzioni Cloud e nuove opportunità ICT)”, ma viene tenuta in conto anche la volontà espressa da Poste di supportare il consolidamento del settore Tlc, da poco sfumato con l’interruzione delle trattative tra Tim e Iliad su un’eventuale fusione.
La sfida di Poste Italiane
La sfida, però, è un’altra: per Poste come maggiore azionista ora si apre la partita della redditività di una Tim tutta italiana, dopo il fallimento dei progetti d’integrazione a livello europeo che si sono seguiti negli anni: il gruppo ha chiuso il primo semestre 2025 con una perdita netto ancora negativa per 132 milioni, sia pure in miglioramento dai 646 di un anno prima. La telco italiana ha visto giusto oggi un’ondata progressiva di acquisti fino a chiudere in rialzo del 4,89%, che mette alle spalle il tonfo dell’8,7% segnato a fine agosto, proprio quando Iliad aveva ufficializzato la fine dei colloqui con Tim, smentendo coi fatti le ipotesi che erano circolate di un consolidamento pan-europeo nonostante l’ingresso di Poste.
In si tratta ogni caso di un passaggio fondamentale per Poste: nonostante la società avesse formalmente acquisito da tempo la maggioranza relativa nel gruppo telefonico, sinora non era stato possibile indicare consiglieri nel board proprio perché mancava il via libera dell’Acm.
L’autorizzazione non implica naturalmente che Poste procederà subito a chiedere la convocazione di un’assemblea straordinaria di Tim per integrare il board con nuovi consiglieri. Il processo richiederà ancora qualche mese e non è del tutto da escludere, sottolinea il Sole24 Ore, che nel frattempo qualche amministratore della società telefonica possa decidere di fare un passo indietro lasciando spazio ai rappresentanti di Poste.