Consolidamento in Europa: verso quale futuro andare? Lo spunto chiave arriva da Roma e mette in luce una criticità che non è più rinviabile: gli operatori di telecomunicazioni non riescono a sostenere gli investimenti necessari per le infrastrutture digitali. A dirlo è Pietro Labriola, Ad di Tim, intervenuto al convegno “In libertà, pensieri liberali per l’Italia”.
“Senza infrastrutture digitali non si può competere nella nuova economia. L’Europa oggi è il nano in una competizione globale. Dobbiamo avere operatori molto forti. Qui sono 120. Non riescono a sostenere investimenti”, ha dichiarato, invocando un equilibrio tra liberismo e gestione centralizzata e ricordando che nei prossimi 5-10 anni ogni attività produttiva dipenderà da 5G, fibra, cloud e intelligenza artificiale. Parole nette, che collocano il tema della sostenibilità della filiera al centro delle scelte di politica industriale.
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Consolidamento e frammentazione: il paradosso europeo
Il mercato europeo delle telecomunicazioni è iper-frammentato, con oltre cento operatori, a differenza di Stati Uniti o Cina, dove il numero è molto più contenuto. Questa struttura genera una competizione esasperata sul prezzo, che erode i margini e rende complesso finanziare reti ad altissima capacità. In Italia il problema è ancora più evidente: tariffe ultra-low e traffico dati in crescita hanno creato una spirale che mette a rischio la tenuta del sistema. “Il consolidamento non è una strategia di lungo termine, è una necessità urgente, e deve partire dall’Italia”, ha affermato tempo fa Labriola. Il messaggio è chiaro: senza un cambio di paradigma, il settore non potrà sostenere la transizione digitale.
Prezzi troppo bassi, investimenti a rischio
Il Centro Studi Tim ha evidenziato il paradosso italiano: più dati, meno ricavi. L’accesso a tariffe ultra-low ha spinto la domanda, ma ha anche eroso i margini delle telco, rendendo difficile sostenere le infrastrutture e l’innovazione. “Se vogliamo player europei più forti e competitivi, dobbiamo affrontare questa realtà ora, smettendo di correre verso il basso sui prezzi”, sono state le parole di Labriola. Il consolidamento si intreccia con la sostenibilità economica del settore, che non può più sacrificare la qualità e la capacità di investimento sull’altare della concorrenza tariffaria.
Cloud sovrano e Polo Strategico Nazionale: una scelta industriale
Il consolidamento telco è solo una parte di un disegno più ampio. Cruciale è il tema del cloud sovrano come scelta industriale: “Non è un tema tecnico, ma una decisione strategica: significa scegliere se innovazione, dati e sicurezza resteranno patrimonio del Paese o diventeranno dipendenze tecnologiche da altri continenti”. In questo contesto, il Polo Strategico Nazionale rappresenta un asset chiave per Tim e per l’Italia, con contratti pluriennali che assicurano visibilità e sostegno ai margini, e con oltre 550 PA già aderenti.
Energia, regole e visione: le condizioni per la transizione digitale
Ma il cloud non basta. Labriola ha di recente indicato tre priorità per accelerare la transizione digitale: energia a costi competitivi, incentivi per tecnologie europee e cloud sovrano. Il costo dell’energia in Italia è un ostacolo (+70% rispetto alla media europea), che rallenta i data center e aumenta i costi operativi. “La transizione digitale non si fa a parole: servono infrastrutture, regole e una visione industriale chiara”, ha ribadito.
Digital Networks Act: il rinvio che pesa sull’Europa
Intanto il Digital Networks Act, la riforma comunitaria attesa per armonizzare regole, consolidamento e gestione delle reti, è stato rinviato e rischia di subire un ridimensionamento rispetto all’ambizione iniziale. Il rinvio al gennaio 2026 accentua l’incertezza; sei Paesi avrebbero chiesto di trasformare il regolamento in direttiva, segnale di resistenze nazionali sulla convergenza regolatoria. Per l’Italia, che già sconta prezzi bassi e ricavi in calo, un Dna timido implicherebbe ritardi nella governance dello spettro, nel consolidamento e nella simbiosi con gli Ott.








