La scalata di Musement: “Ora abbiamo un timbro di qualità”

Il ceo Alessandro Petazzi descrive a CorCom il colloquio con l’Ad di Apple: “Ci hanno chiamato una mattina dicendoci che ci aspettavano a Roma. Ci ha fatto domande specifiche sulla nostra offerta, non ci ha dato solo una pacca sulla spalla”

Pubblicato il 26 Gen 2016

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“Se c’è una professione su cui c’è più domanda dell’offerta è quella degli sviluppatori di app”. Lo dice chiaramente Alessandro Petazzi, ceo di Musement e tra i fortunati ad aver parlato con Tim Cook, in Italia per incontrare il premier Renzi e per l’annuncio dell’apertura a Napoli del primo centro europeo per lo sviluppo di app. Un’occasione per descrivere al dirigente americano i servizi di Musement, che permette di scandagliare l’offerta culturale e di intrattenimento in molte città sparse nel mondo e di prenotare biglietti in pochi secondi. Un’esperienza che Petazzi racconta a CorCom con grande soddisfazione.

Cosa si prova a incontrare uno dei business executive più importanti al mondo? Cosa vi ha chiesto?

Sicuramente è stata una piacevole esperienza. Senza nulla togliere a giornali e giurie, quando ti sceglie il management di Apple la soddisfazione è tanta. Non siamo stati nemmeno coinvolti nel processo di selezione, ci hanno chiamato una mattina dicendoci che ci aspettavano a Roma per una bella esperienza. Così è stato e per noi è un timbro di qualità importante.

È la seconda volta che Apple ci gratifica visto che dopo la release dell’app a Natale ci siamo ritrovati tra le best new app dell’App Store. E’ stato un incontro informale, ho avuto l’impressione di un genuino interesse rispetto al nostro lavoro. Ci ha fatto domande specifiche sulla nostra offerta, come abbiamo integrato il servizio con i sistemi di prenotazioni dei ristoranti o come gestiamo il rapporto con i fornitori. Non ci ha dato solo una pacca sulla spalla.

Quali prospettive si aprono per i nostri sviluppatori con il progetto di Apple a Napoli?

In Italia siamo bravi a fare dietrologia e vedere bicchieri mezzi vuoti. Secondo me è una buona cosa e se c’è una professione su cui c’è più domande che non offerta è quella degli sviluppatori di app. Ce ne sono meno di quelli che servirebbero, soprattutto di quelli bravi. Il mercato del lavoro ne richiede sempre più e avere un centro di formazione che mette in contatto Apple, le aziende e i ragazzi all’inizio di un percorso è utile dal punto di vista professionale. C’è anche un elemento di artigianalità, le nozioni teoriche non bastano e la differenza la fa la genialità e la bravura del singolo sul piano concreto.

Che ruolo deve avere l’università nell’ecosistema delle startup?

Non sono bravo a disegnare ricette generali. Riesco solo a dirti che nella mia esperienza ho notato che, studiando in Italia e all’estero, fuori c’è una competenza e una preparazione più specialistica rispetto al mercato di sbocco. Ti danno l’infarinatura teorica, ma poi ti fanno entrare subito nel merito di ciò che concretamente andrai a fare facendoti toccare con mano gli strumenti professionali. In Italia alcune università stanno andando in quella direzione, ma c’è ancora un ritardo. Serve un’offerta formativa mirata sulle esigenze del mercato del lavoro. L’università deve fare il suo, ma anche i singoli facciano la propria parte. Oggi è più facile trovare lavoro facendo ingegneria informatica che giurisprudenza, ma le nuove leve sembrano non averlo capito…

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