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Web tax sul tavolo dell’Ecofin. La Ue: “Lavoriamo a una tassazione giusta”

Al vertice di Tallin il 15 settembre Francia e Germania presenteranno una proposta unitaria mentre la Commissione ne porterà una sua. Ma le norme europee stabiliscono che sulla fiscalità ci sia l’unanimità degli Stati membri. Boccia (Pd): “Non bastano buone intenzioni, servono fatti”

Pubblicato il 10 Ago 2017

Federica Meta

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La web tax sul tavolo di Bruxelles. “Stiamo riflettendo al miglior modo per affrontare la tassazione del settore digitale”, ha annunciato la portavoce della Commissione europea, Vanessa Mock, commentando le dichiarazioni del ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, sulle pratiche delle grandi piattaforme dell’economia collaborativa come Airbnb e altri giganti della Rete.

Secondo Le Maire, è “ineccettabile” che i big della sharing economy e le grandi multinazonali del web non contribuiscano alla cresita dell’economia europea. Per questo motivo Francia e Germania presenteranno una proposta comune al prossimo Ecofin informale di Tallinn il 15 settembre. “Vogliamo che si trasformi in proposta della Commissione europea, che dovrebbe essere studiata daic api di Stato al Consiglio europeo di dicembre – ha spiegato il ministro delle Finanze francese.

L’iniziativa francese si inserisce nel solco di un progetto più grande. Arrivare ad una armonizzazione complessiva di tutte le corporate tax all’interno dell’Eurozona. Lo stesso Macron ha annunciato di volerla portare al 25% entro la fine del proprio mandato. “Non oltre il 2018 dovremmo essere in grado di avere lo stesso livello della Germania, il che sarebbe la base per uniformare il livello di tutti i Paesi dell’Eurozona”, ha detto.

La Commissione ritiene che l’Ecofin in programma a Tallinn sia “una buona opportunità” per discutere della questione. “Stiamo riflettendo al miglior modo per affrontare la tassazione del settore digitale – ha detto Mock – Porteremo le nostre idee al tavolo”. Ma la portavoce ha anche ricordato che sulla fiscalità vige la regola dell’unanimità degli Stati membri.

In Italia, nella manovrina di primavera, è stata introdottta la cosiddetta “Webtax transitoria”. La norma prevede che le società o gli enti “che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori al miliardo di euro e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 50 milioni di euro”, “possono avvalersi della procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata di cui al presente articolo per la definizione dei debiti tributari della eventuale stabile organizzazione presente sul territorio dello Stato”.

Ma secondo l’ufficio parlamentare del Bilancio (Upb) la misura è di dubbia efficacia. L’Ubp fa notare che la procedura “si configura come una sorta di sanatoria preventiva e volontaria, con una regolarizzazione agevolata delle posizioni fiscali pregresse e la garanzia per gli anni futuri di un trattamento basato sull’accordo e la collaborazione tra impresa e Amministrazione attraverso l’ammissione al regime di adempimento collaborativo introdotto nel 2015”.

Il primo a commentare le parole della portavoce Ue è Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera che dal 2013 si batte per una webtax globale. “Dalla Commissione e dall’Ecofin del 15 settembre servono risposte e proposte concrete, non l’elenco di buone intenzioni corredato dall’immancabile documento finale in cui si rinvia tutto per la consueta gioia dei vertici delle Over the Top – dice Boccia – Rinviando come sempre ogni decisione e nascondendosi dietro la regola dell’unanimità degli stati, anche oggi richiamata nel dibattito, l’Europa si è ridotta ad essere il colabrodo fiscale dell’economia al tempo del digitale”.

Per Boccia sono positive le prese di posizione di Francia e Germania, “anche se l’Italia per gettito recuperati in questi anni anche attraverso l’applicazione del ruling e delle procedure attivate ha ottenuto grazie alle inchieste della Gdf, della procura di Milano e dell’agenzia delle entrate i risultati migliori di tutti in Europa”.

“E mentre in Francia molte multinazionali del web continuano a dichiararsi non stabile organizzazione, in Italia hanno dichiarato di essere stabili e oggi iniziano a pagare le imposte come tutte le imprese, a partire da Google. Chi dice risolveremo tutto in sede internazionale deve dimostrare di avere un’idea di come si fa. Fino ad oggi questa dichiarazione ha coinciso con la volontà di prender tempo – conclude – La strada maestra resta quella del superamento definitivo del concetto di ‘non stabile organizzazione’. Lo spartiacque è questo: chi vuole tenere in vita questo concetto che corrisponde con l’idea di pagare le imposte dove si preferisce (dirette e indirette) fa da sponda allo strapotere delle Over the Top. Chi vuole superarlo fa gli interessi dei contribuenti italiani ed europei per una moderna equità fiscale. Tutto il resto è ipocrisia e danni che si sommano ogni giorno sui bilanci degli Stati membri”.

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