Renzi, tanto digitale nella “Buona scuola”

Banda larga per tutti gli istituti. Lezioni di programmazione informatica, a partire dalle primarie. Corsi per “digital makers” nelle secondarie. Tra stampanti 3D e Internet ad alta velocità, ecco i punti innovativi del progetto per la scuola presentato dal Governo

Pubblicato il 03 Set 2014

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E’ una Scuola 2.0 quella illustrata oggi sul sito in cui Governo presenta i “1.000 giorni” delle riforme annunciate da Matteo Renzi, (passodopopasso.italia.it), e prevede una robusta iniezione di digitale nelle classi. Il piano che sarà sottoposto all’attenzione e condiviso con tutti coloro che vorranno dare suggerimenti o esprimere parerei nel merito, “la Buona scuola”, prevede in due passaggi tutta una serie di innovazioni che erano da tempo nell’aria tra gli addetti ai lavori, ma che ora vengono formalizzate in un piano complessivo di ampio respiro.

La proposta del Governo vede nei concetti di connessione e apertura due punti chiave della propria visione: “Connessione alla Rete, alla conoscenza, al mondo; apertura verso il territorio, la comunità, la progettualità di esperienze emergenti”, si legge nel documento. “Per liberare la scuola ci vuole più connessione, anzitutto digitale. Ad oggi – si legge nel piano – solo il 10% delle nostre scuole primarie, e il 23% delle nostre scuole secondarie, è connesso ad Internet con rete veloce. Le altre sono collegate a velocità medio-bassa, ma con situazioni molto differenziate, e spesso sufficienti a mettere in rete solo l’ufficio di segreteria, o il laboratorio tecnologico; quasi in una scuola su due (46%), la connessione non raggiunge le classi e quindi non permette quell’innovazione didattica che la Rete può abilitare. Più della metà delle classi del nostro Paese, quindi, non può applicare forme di didattica digitale. Un digital divide che non possiamo permetterci, se abbiamo a cuore la nostra scuola”.

C’è spazio per l’autocritica: “Il processo di digitalizzazione della scuola è stato troppo lento, non solo per mancanza di risorse pubbliche. Abbiamo anche investito in tecnologie troppo “pesanti”, come le Lavagne Interattive Multimediali (le famose “Lim”), che hanno da una parte ipotecato l’uso delle nostre risorse per innovare la didattica, dall’altra parzialmente “ingombrato” le nostre classi, spaventando alcuni docenti”.

L’obiettivo, in ogni caso, è chiaro: “Questa è la visione su cui vogliamo investire, per far sì che nessuna scuola sia isolata o lasciata indietro, e per completare, con urgenza, la digitalizzazione degli istituti scolastici di ogni ciclo”.

Ma dai deficit infrastrutturali il documento si sposta ad analizzare anche quelli formativi: “quella digitale è una rivoluzione della conoscenza che va ben oltre la tecnologia, e tocca il modo in cui il sapere si crea, si alimenta, e si diffonde, imponendo una riflessione profonda sui modi, sugli strumenti e sulle fonti che i nostri giovani utilizzano per imparare, per informarsi, per lavorare – si legge nel piano – Se il secolo scorso è stato quello dell’alfabetizzazione di massa (…) il nostro è il secolo dell’alfabetizzazione digitale: la scuola ha il dovere di stimolare i ragazzi a capire il digitale oltre la superficie. A non limitarsi ad essere “consumatori di digitale”. A non accontentarsi di utilizzare un sito web, una app, un videogioco, ma a progettarne uno. Perché programmare non serve solo agli informatici. Serve a tutti, e serve al nostro Paese per tornare a crescere, aiutando i nostri giovani a trovare lavoro e a crearlo per sé e per gli altri”.

Un’analisi da cui scaturisce l’impegno del Governo per “un piano nazionale che consenta di introdurre il coding (la programmazione) nella scuola italiana. A partire dalla primaria: vogliamo che nei prossimi tre anni in ogni classe gli alunni imparino a risolvere problemi complessi applicando la logica del paradigma informatico anche attraverso modalità ludiche (gamification)”.

Quanto alle scuole secondarie, “Il punto di arrivo sarà promuovere l’informatica per ogni indirizzo scolastico. Fin dal prossimo anno – recita il piano – vogliamo attivare un programma per ‘Digital Makers’, sostenuto dal Ministero e anche da accordi dedicati con la società civile, le imprese, l’editoria digitale innovativa. Concretamente, ogni studente avrà l’opportunità di vivere un’esperienza di creatività e di acquisire consapevolezza digitale, anche attraverso l’educazione all’uso positivo e critico dei social media e degli altri strumenti della rete. E imparando a utilizzare i dati aperti per raccontare una storia o creare un’inchiesta, oppure imparando a gestire al meglio le dimensioni della riservatezza e della sicurezza in rete, o ancora praticando tecniche di stampa 3D”.

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