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Digital tax, solo un tweet contro i colossi del web

Apple, Google, Facebook si sono limitati a far saltare frontiere e trasporti tradizionali, per questo tassarli è molto complicato. La rubrica di Edoardo Narduzzi

Pubblicato il 16 Dic 2016

Edoardo Narduzzi

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In un paese normale nel quale agisce un governo altrettanto normale l’annuncio di una nuova imposta è accompagnato dai tanti dettagli che la qualificano. Quale è la nuova base imponibile, le informazioni che riguardano il valore dell’aliquota, se trattasi di imposta diretta o indiretta, se è o meno deducibile da altre imposte eventualmente già pagate, quando e come si pagherà e così via. La nascitura digital tax italiana è invece poco più di un tweet.

In teoria si vorrebbe che gli OTT e le altre multinazionali del business digitale abbiano assegnata una stabile organizzazione coattiva in Italia la quale, poi, sconterebbe una aliquota del 25% sui ricavi, cioè sull’ammontare delle transazioni, contabilizzate come originate (qui il concetto è assai vago per la verità) dall’Italia. Difficile pensare che la stabile organizzazione coattiva sopravviva ai trattati internazionali sulle doppie imposizioni, ma se anche ciò accadesse resta sempre il problema di definire l’origine della transazione. Il fatto che ad acquistare sia un contribuente italiano nulla significa, perché la produzione del bene o del servizio digitale avviene altrove e solo la consegna finale è, forse, riconducibile ad una qualche forma di territorialità italiana. Software, store, server e tutto quello che serve a produrre e commercializzare l’oggetto da tassare è solitamente in California e la relativa base imponibile ritenuta propria dal governo Usa. Apple, Google, Facebook sono dei semplici distributori di servizi e di pubblicità, anch’essa esposta in Italia ma raccolta digitalmente e contrattualmente in altro territorio, che si limitano a rendere fattibile il consumo decentrato in ogni paese. Si sono limitati a far saltare frontiere e trasporti tradizionali per questo tassarli è molto complicato.

Tassare un OTT significa avere la possibilità di colpire la base imponibile valore aggiunto prodotto dalla conoscenza specialistica, tassare qualcosa di poco tangibile nella realtà.

C’è poi il capitolo incognito della traslazione dell’imposta: se i colossi del web fossero unilateralmente tassati dall’Italia potrebbero semplicemente chiudere la loro presenza in Italia oppure trasferire l’intera digital tax sui consumatori italiani. Insomma la digital tax difficilmente diventerà farfalla.

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