#TELCO4ITALY

Giacomelli: “Piano ultrabroadband non si cambia. Andiamo avanti”

Il sottosegretario del Mise striglia le telco: “Si gioca solo guardando agli interessi del Paese. Gli operatori “concentrino le energie sull’upgrade della rete nelle zone grigie”. Sul 5G: entro l’anno gara frequenze. Limiti elettromagnetici? “Un non problema: li dobbiamo portare in linea con gli standard Ue”

Pubblicato il 14 Giu 2017

Patrizia Licata

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Lo Stato italiano ha fatto uno sforzo enorme per il Piano Bul: 4 miliardi di euro non sono uno scherzo, soprattutto in tempi di conti pubblici sotto controllo. E avrebbero fatto comodo anche ad altri settori. Ma il governo ha scelto di investire nell’infrastruttura su cui poggia il futuro della nostra economia: l’Italia non può permettersi una digitalizzazione a metà che non rispetta gli impegni presi con l’Unione europea e ci lascia fuori dai grandi giochi della globalizzazione. Le aziende telecom da parte loro hanno assunto precisi impegni di partecipazione allo sforzo comune e non possono tirarsi indietro a scapito dell’interesse del paese. Questa la sintesi del messaggio di Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo economico, intervistato dal direttore di CorCom Gildo Campesato nel corso dell’evento Telco per l’Italia a Roma.

“Oggi in Italia c’è un forte interesse a investire in nuovi reti Tlc e si è stimolata la competitività perché il governo ha smosso una paura che ci condannava all’immobilismo”, ha chiarito Giacomelli. E ha proseguito: “L’Italia si illudeva di affidare la competitività al doppino in rame. Alcuni giornali hanno accusato il governo di dirigismo perché abbiamo voluto investire in fibra; il rame veniva considerato sufficiente per soddisfare la domanda esistente. Non è così”. Senza mezzi termini il sottosegretario ha chiarito: “Abbiamo chiesto il parere degli operatori telecom con una consultazione per capire le loro intenzioni di investimento e così abbiamo definito le aree a fallimento di mercato dove nessuno programmava di spendere: 7.300 Comuni. Qui lo Stato ha deciso di intervenire. E’ ovvio che le imprese investano dove c’è ritorno ma ora ci sono le gare in corso e non si fermano: non si cambiano le regole per qualche annuncio sul giornale. Il governo ha fatto dei sacrifici sulla base delle dichiarazioni degli operatori, se qualcuno ha pensato di giocare con gli interessi del paese si sbaglia. Il piano è questo, si va avanti”.

L’intervento dello Stato, ha continuato Giacomelli, assicura condizioni di sviluppo uniformi della rete: “Ci devono essere pari opportunità per i tutti cittadini e i Comuni. Anche se pensiamo al 5G, non possiamo fare a meno di una rete in fibra che copre tutto il paese. Lo Stato ha messo tra le sue priorità il recupero del ritardo sulla connettività digitale: lo rivendico come merito del governo Renzi, e ora Gentiloni. La rete esistente non era all’altezza delle aspettative del paese, la nuova infrastruttura invece dà condizioni di certezza e parità. Ed è di proprietà pubblica. Suggerisco agli operatori di convogliare le loro energie verso la copertura delle zone grigie dove ancora c’è lavoro da fare sull’upgrade della rete”.

Altro tema caldo i voucher: incentivare la domanda è necessario, ma le imprese chiedono sgravi fiscali e interventi per i servizi digitali nel Piano Industria 4.0. “Certo, i voucher sono rivolti alla grande domanda delle famiglie, in linea con gli obiettivi dell’Agenda Digitale“, ha risposto Giacomelli. “Bruxelles è d’accordo sulla forma dei voucher e sono in corso discussioni con i ministri Calenda e De Vincenti sulle risorse da destinare. Alle imprese dico: la connettività nelle aree bianche e l’upgrade della rete nelle aree grigie è già un forte aiuto per i distretti industriali. Ora arricchiremo il Piano Industria 4.0 con nuovi strumenti. Ma c’è un altro tema, molto a cuore al ministro Calenda: le competenze. E’ un elemento decisivo e anche la Commissione europea ci invita a fare di più”.

Molto puntuale il sottosegretario anche in tema di 5G, frequenze e elettromagnetismo: “Abbiamo voluto considerare il 5G una partita separata dalla rete fissa proprio per recuperare il ritardo sull’infrastrutturazione e abbiamo avviato le sperimentazioni in cinque città. Questo ci garantisce un piccolo vantaggio rispetto al resto d’Europa che intendiamo conservare: vogliamo liberare presto la banda 700 Mhz e già quest’anno ci sarà l’assegnazione con gara delle frequenze per il 5G. L’Italia ha condizioni ideali per sperimentare il 5G e farne un mercato anche per le imprese nazionali, non solo per imprese e prodotti che vengono dall’estero”. Sui limiti alle emissioni elettromagnetiche Giacomelli ha affermato: “E’ un non problema. Seguiamo gli standard europei su tutto, lo faremo anche in questo caso: i limiti italiani vanno innalzati”. Sul ruolo di coordinamento del Mise tra gli attori del 5G il sottosegretario ha garantito: “Lo faremo, su 5G e connettività c’è una responsabilità condivisa tra tutte le aziende e tutte le parti politiche”.

Il sottosegretario ha anche rilasciato un commento sull’ascesa della proprietà straniera nel settore telecom italiano: “La mia posizione è nota: il controllo straniero è un problema, un errore e un limite per il paese. E’ stato un errore privatizzare l’incumbent, nessun altro in Europa ha seguito questa via, e faccio il mea culpa per la mia parte politica. Ma ora non si può tornare indietro. Ben vengano gli investimenti stranieri in Italia: mi fa piacere che Bolloré trovi conveniente investire in Telecom. Ma credo che debba esserci un confine oltre il quale non si deve andare per non toccare l’interesse nazionale. Ci sono alcune realtà industriali che appartengono alla comunità. Secondo me la rete pubblica è una pre-condizione di mercato, con lo Stato che garantisce livelli adeguati di investimenti e alcuni campioni nazionali che andrebbero preservati”.

Resta la soddisfazione per il Piano Bul, ha concluso Giacomelli, ma c’è anche la consapevolezza che all’Italia molto resta da fare, per esempio nelle misure per le start-up: “Siamo molto indietro, vedere che i ragazzi vanno all’estero a realizzare la loro idea d’impresa fa male. Qui c’è ancora troppa burocrazia, troppa resistenza al cambiamento. Possiamo fare di più, non ci manca niente”. Nella visione di Giacomelli, dei campioni italiani del digitale, equivalenti nostrani dei big esteri, potrebbero fare leva sullo sterminato patrimonio culturale, artistico e imprenditoriale del nostro paese, mentre ora siamo colonizzati dai colossi stranieri. “Dopo la connettività dobbiamo lavorare sui servizi e metterci sopra il marchio dell’ingegno e dell’imprenditorialità italiana”.

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