INNOVAZIONE

Banche, primi passi social. Ma l’interazione è scarsa

Il 76% degli istituti ha account su Facebook e Twitter. Ancora troppo “basic” però la dinamica comunicativa

Pubblicato il 21 Lug 2015

Flavia Gamberale Fraticelli

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Le banche italiane cavalcano l’onda dei social media che contano nel nostro Paese 28 milioni di account. Ad aprile di quest’anno il 76% degli istituti presidiava almeno un canale tra Facebook, Twitter, Linkedin, con una crescita della propria presenza del 14% rispetto al 2014. A rivelarlo l’indagine Social Minds, condotta su un campione rappresentativo di 50 gruppi e a cura della società Dml.

Ad oggi le utilizzano prevalentemente come strumenti di marketing e comunicazione. Tranne qualche rara eccezione, come ad esempio Banca Sella, che un anno fa aveva lanciato il primo bonifico su Facebook, questi canali non sono ancora abilitati a offrire servizi. Tutt’al più in alcuni casi vengono guardati con interesse dagli istituti per le attività di assistenza clienti. Un segmento, quello della customer care, che per le banche potrebbe diventare nei prossimi anni la nuova frontiera dei social media.

“Si accentuerà l’interazione con i clienti e si rafforzeranno le logiche di social customer care”, prevede Stefano Doronzo, Junior Reasercher di Social Minds.

E, in effetti, in Italia esistono già 15 grandi gruppi bancari che hanno un canale social dedicato all’assistenza clienti. In genere lo strumento prescelto è Twitter, dove il correntista può lamentarsi di un prodotto oppure chiedere spiegazioni rispetto a un servizio. Gli argomenti più dibattuti? “Conti correnti e carte di credito”, rivela Doronzo. “Ma c’è di più. Le banche con canali social esplicitamente dedicati al customer care presentano tassi di risposta agli utenti del 125%”, fa notare il Junior resaercher di Social Minds. “Ciò vuol dire che i riscontri delle banche superano i quesiti dei clienti”.

Come dire: chi ha intuito le potenzialità dei social media punta molto sull’interazione rapida, puntuale e immediata.

Certo, si tratta di eccellenze, perché la maggioranza degli istituti è decisamente meno all’avanguardia in materia. In base allo studio a cura della Dml, risulta che il 24% delle banche italiane è completamente assente sui social. Di quel 76% presente, invece, circa il 26% usa la propria pagina Facebook, Linkedin o Twitter come vetrina delle sue attività e dei suoi servizi bancari, ma soprattutto extrabancari. L’attenzione e il dialogo verso l’utente sono, però, minimi. Il 32% degli istituti, invece, ha una presenza più attiva. Oltre che promuovere il brand, si relaziona con la clientela anche su più canali, ma la strategia di comunicazione non appare diversificata da social a social. Ciò significa che gli istituti, pur avendo una maggiore padronanza degli strumenti, utilizzano Twitter, Facebook, Linkedin, Youtube, ecc. come se si equivalessero tra loro, senza una vera e propria visione strategica.

Solo il 18% delle banche censite ha un “ecosistema social” evoluto, ossia è presente su più canali, con modalità di comunicazione diverse a seconda dello strumento usato, e manifesta un’attenzione molto alta verso ciò che fa o dice il cliente.

Insomma, volendo trarre delle conclusioni, si può dire che il settore bancario è in movimento. “Rispetto ai competitor europei siamo ancora indietro, perché sui social si tende a interagire poco, ma stiamo progressivamente crescendo. Anche le banche locali stanno avviando un’attività di comunicazione promettente”, sintetizza Doronzo.

E proprio queste ultime sono apparse al momento le meno preparate alla sfida social. Il 57% non è ancora presente su nessun network.

“Si tratta, in particolare, d’istituti molto piccoli, di banche di credito cooperativo”, spiega Doronzo, “è interessante notare come in rete siano sorte pagine non ufficiali di questi stessi istituti, create magari da soci delle banche medesime, a testimonianza del radicamento locale di tali realtà”.

Di certo la parola d’ordine su questi canali resta una: engagement, cioè coinvolgimento, come spiegato nella “Guida all’utilizzo dei social media”, realizzato dalla società Dml per le banche. Proprio lo scorso marzo, a Milano, il manuale è stato oggetto di approfondimento in un workshop, organizzato in collaborazione con l’Abi, a cui hanno partecipato diversi istituti. Perché se è vero che i numeri parlano di una costante attenzione del mondo del credito verso questi canali di comunicazione, è altrettanto vero che in molti casi le strategie comunicative sono ancora tutte da costruire e da migliorare. “Manca ancora la consapevolezza diffusa che sui social serve un paradigma di comunicazione basato su dialogo, apertura e ascolto”, argomenta Leonardo Bellini, fondatore della società Dml e autore della ricerca Social Minds. “Molti istituti tendono a replicare modelli tradizionali di marketing, non riuscendo a creare il giusto coinvolgimento dell’utente”. Insomma, la strada è tracciata ma bisogna lavorare.

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