Intel abbandona i suoi piani da un miliardo di euro per una fabbrica a Magdeburgo, nella Germania Orientale. Lo ha annunciato il produttore di microchip statunitense, che sta attraversando una fase di difficoltà. I progetti pianificati in Germania e Polonia saranno interrotti al fine di ottimizzare le capacità produttive, ha dichiarato Intel in una nota.
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Obiettivo: ritorni sul capitale
“Intel sta adottando misure per ottimizzare la propria presenza produttiva e ottenere maggiori ritorni sul capitale investito. Nell’ambito di questo impegno, Intel non proseguirà più con i progetti pianificati in Germania e Polonia”, si legge. Non sono stati forniti ulteriori dettagli. Intel è tra le aziende su cui l’Ue ha maggiormente puntato con il Chips Act, un piano per aumentare la produzione interna di microprocessori.
L’annuncio è arrivato contestualmente ai risultati trimestrali di Intel, che hanno mostrato un fatturato stagnante su base annua a 12,9 miliardi di dollari e una perdita netta di 2,9 miliardi di dollari, in aumento rispetto alla perdita di 1,6 miliardi di dollari dell’anno precedente.
Il progetto tedesco
L’azienda aveva annunciato la costruzione di due fabbriche di chip nello stato della Sassonia-Anhalt. La cerimonia di inaugurazione era prevista per il 2024. A settembre dello scorso anno, il produttore di chip aveva annunciato che avrebbe sospeso i progetti in Polonia e Germania per circa due anni, in base alla “domanda di mercato prevista”. L’allora amministratore delegato Pat Gelsinger ha lasciato Intel alla fine del 2024 ed è stato sostituito da Lip-Bu Tan, che ha avviato un ampio programma di riduzione dei costi, volto a stabilizzare le finanze dell’azienda.
In Sassonia-Anhalt sarebbero stati creati circa 3mila posti di lavoro. L’investimento era stimato in circa 30 miliardi di euro (35,2 miliardi di dollari). Il governo tedesco aveva promesso aiuti di Stato per un totale di 9,9 miliardi di euro per il trasferimento. Un tempo potenza dominante nel settore dei chip, Intel è rimasta indietro, dopo aver mancato il boom degli smartphone, in cui hanno prevalso i processori più efficienti dal punto di vista energetico di rivali come Qualcomm e Tsmc.
Capone: “Impatti sulle Tlc”
Il cambio di strategia di Intel, che finora si distingueva dai big asiatici per aver integrato design e fonderie, avrà impatti importanti sul settore delle Tlc. “Intel negli scorsi anni ha assunto molto personale per lo sviluppo del software: strategia funzionale, sì, a vendere chip ma anche a sviluppare un ecosistema di più complesso – spiega a CorCom Antonio Capone, professore ordinario di Telecomunicazioni presso il Politecnico di Milano – Considerato che la maggior parte dei tagli riguarda il software, è possibile che questi faranno farà sentire i propri effetti anche nelle Tlc, soprattutto sul fronte edge cloud e open ran. Ovviamente questo non vuol dire che Intel uscirà dal mercato del mobile o del cloud ma che lascerà fare queste cose a qualcun altro”.
“E rischi si potrebbero profilare per il Chips Act dell’Ue che ha puntato molto sull’investimento di Intel in Germania – prosegue Capone – La scelta di Intel dimostra lo scarso interesse del chipmaker nei confronti dell’Europa e una preferenza verso in mercati asiatici dove il costo del lavoro è molto più basso”.
La decisione riguarda infatti investimenti per oltre 35 miliardi di euro e rappresenta una battuta d’arresto per l’autonomia strategica europea nel settore dei chip, proprio mentre la Commissione Ue puntava a raddoppiare la propria quota di produzione mondiale entro il 2030.
Dove va Intel
La ristrutturazione prevede anche la chiusura di alcune attività in Costa Rica, dove sono occupate circa 3mila addetti. Lo stop riguarda esclusivamente l’impianto di Assemblaggio e Collaudo (Atm) che riguarda 900 persone – queste linee saranno trasferite in Vietnam e Malesia – mentre le altre 2mila resteranno occupate in attività di ingegneria, progettazione, finanza, cybersicurezza e servizi corporate.
Secondo Rene Mora-Casal, docente di Chemical Engineering presso l’Università Nazionale del Costa Rica “la decisione non è legata né alla competitività della Costa Rica né ai livelli salariali, ma piuttosto alla crisi interna di Intel, riflessa nelle sue scarse performance finanziarie, nei ritardi tecnologici e nella perdita di fiducia da parte degli investitori”.
Il fatto che restino nel Paese altre attività “core” indica che “la competitività della Costa Rica non è in discussione – puntualizza l’esperto – Piuttosto, Intel sta eseguendo un ritiro tattico a livello globale. Anche operazioni ad alto valore possono essere sacrificate se non rientrano negli obiettivi immediati di riduzione dei costi e razionalizzazione strategica”.