Il Cloud computing è il nuovo terreno di confronto per la concorrenza digitale in Europa. La Commissione europea ha annunciato l’apertura di tre indagini di mercato nell’ambito del Digital Markets Act (Dma), con l’obiettivo di verificare se i principali fornitori di servizi cloud operino come gatekeeper, condizionando l’accesso e la competitività del settore.
Secondo il comunicato ufficiale, due delle indagini riguarderanno Amazon Web Services e Microsoft Azure, i due colossi che dominano la fornitura di infrastrutture cloud a livello globale. La Commissione vuole capire se, pur non raggiungendo le soglie quantitative previste dal Dma in termini di dimensione, numero di utenti e posizione di mercato, queste piattaforme agiscano come “importanti gateway tra imprese e consumatori”, influenzando in modo sostanziale l’ecosistema digitale europeo.
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Perché il cloud è strategico per l’Europa
Il cloud computing è la spina dorsale di gran parte dei servizi digitali e rappresenta un elemento chiave per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Senza infrastrutture scalabili e sicure, l’innovazione rischia di rallentare. Per questo Bruxelles considera il settore un asset strategico per la sovranità digitale europea, puntando a garantire un ambiente aperto e competitivo.
Il Dma nasce proprio con questa finalità: limitare pratiche che ostacolano la concorrenza e impedire che pochi attori globali dettino le regole del gioco. Nel caso del cloud, il rischio è che modelli di pricing, vincoli contrattuali o integrazioni proprietarie creino barriere all’ingresso per nuovi operatori e riducano la libertà di scelta delle imprese.
Le tre indagini e il perimetro del Dma
La prima e la seconda indagine si concentrano su Amazon e Microsoft. La Commissione analizzerà se i loro servizi cloud possano essere considerati gatekeeper, anche in assenza dei requisiti quantitativi previsti dal regolamento. Questo approccio riflette la volontà di anticipare fenomeni di concentrazione che potrebbero compromettere la concorrenza nel medio periodo.
La terza indagine, invece, ha un obiettivo più ampio: valutare se il Dma sia sufficiente a contrastare pratiche che limitano la competitività nel settore cloud. Si tratta di un test cruciale per la normativa, che dovrà dimostrare la propria efficacia in un ambito tecnologico in rapida evoluzione.
Implicazioni per il mercato e per le imprese
Le decisioni della Commissione avranno un impatto diretto sulle strategie dei provider e sulle scelte delle aziende europee. Un’eventuale designazione come gatekeeper comporterebbe obblighi stringenti, tra cui la separazione di alcuni servizi, la trasparenza sui prezzi e il divieto di pratiche discriminatorie. Per i clienti, questo potrebbe tradursi in maggiore interoperabilità e riduzione del lock-in tecnologico.
Il tema è particolarmente sensibile per le Pmi, che spesso dipendono da soluzioni cloud per scalare i propri servizi. Un mercato più aperto favorirebbe la nascita di ecosistemi innovativi, riducendo la dipendenza da pochi player globali e rafforzando la resilienza digitale dell’Europa.
Cloud e AI: un binomio indissolubile
Non va dimenticato che il cloud è il motore dell’AI. Le piattaforme di machine learning e i modelli generativi richiedono capacità di calcolo enormi, che solo i grandi provider possono offrire. Questo crea un rapporto di forza asimmetrico tra chi sviluppa algoritmi e chi controlla le infrastrutture. L’indagine della Commissione si inserisce in questo contesto, cercando di evitare che il vantaggio infrastrutturale si traduca in un monopolio sull’innovazione.
Prospettive e sfide regolatorie
Il Dma rappresenta una delle normative più ambiziose mai adottate dall’Ue per il digitale. Tuttavia, la sua applicazione al cloud solleva interrogativi: come definire un gatekeeper in un mercato in rapida espansione? Quali metriche usare per valutare il potere di mercato quando la tecnologia evolve più velocemente delle regole?
Bruxelles dovrà bilanciare due esigenze: garantire la concorrenza e non frenare gli investimenti. Una regolazione troppo rigida potrebbe scoraggiare i provider globali, mentre un approccio troppo permissivo rischia di consolidare posizioni dominanti. La sfida è aperta e il risultato delle indagini sarà un indicatore importante della direzione che l’Europa intende prendere.









































