In 50 anni il Csi Piemonte è passato da “laboratorio pionieristico” di informatica pubblica a centro di competenza nazionale su cloud, cybersecurity e intelligenza artificiale per la PA. Nato a metà anni ’70 da un patto lungimirante tra università e istituzioni, il consorzio ha trasformato un modello giuridico allora quasi sperimentale in un motore di aggregazione per 140 soci, tra Regione, grandi città, aziende sanitarie, enti nazionali e amministrazioni di altre regioni.
Oggi il Csi è il perno di un ecosistema che lavora su cloud open source e federato, sicurezza informatica, intelligenza artificiale “di filiera pubblica”, smart city e tecnologie 5G e IoT, con l’obiettivo di rafforzare sovranità dei dati e autonomia digitale della pubblica amministrazione. Ne abbiamo parlato con Pietro Pacini, direttore generale di Csi Piemonte.
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Pacini, il Csi Piemonte compie 50 anni: come si è evoluto il modello?
Il Csi nasce nel 1975 da un’intuizione allora quasi visionaria: far lavorare insieme pubbliche amministrazioni e università su informatica e centri di calcolo. Nel 1977 parte operativamente con un modello che appariva “eretico”, ma che oggi definiremmo di grande modernità, soprattutto sul piano giuridico
Il consorzio è un unicum nel panorama italiano: un’in-house capace di aggregare soggetti molto diversi – Regioni, Comuni grandi e piccoli, aziende sanitarie, enti nazionali – e che negli ultimi anni si è aperta anche oltre il perimetro piemontese. Oggi i soci sono 140, di cui 91 Comuni e 14 enti di altre Regioni, comprese città come Milano, Roma, Napoli e Palermo. Questo modello si è rivelato decisivo anche per i progetti PNRR, dove spesso i nodi erano di governance e capacità realizzativa più che di tecnologia.
Negli ultimi anni siamo cresciuti in modo costante: dal 2018 al 2023 il valore della produzione è passato da circa 120 a 170 milioni di euro, senza acquisizioni ma grazie a progetti e competenze. È la prova che il modello immaginato 50 anni fa è ancora attuale e può essere un riferimento nazionale per la trasformazione digitale della PA.
Sul cloud federato avete giocato d’anticipo. Qual è oggi il ruolo del Csi e quale potrà essere nel disegno nazionale di sovranità digitale?
Abbiamo creduto presto al cloud open source come leva di sovranità digitale: la nostra piattaforma nasce nel 2014, quando questi temi erano ancora per addetti ai lavori. Oggi molti si stanno muovendo in quella direzione, a conferma della bontà della scelta.
Siamo ormai un player rilevante, soprattutto nel Nord Ovest ma con una presenza crescente a livello nazionale. Per circa l’80% dei nuovi soci il primo motivo di ingresso è proprio il nostro cloud. Sulla nostra infrastruttura gestiamo oltre 400 amministrazioni pubbliche e puntiamo a superare quota 500 nel prossimo anno, anche grazie ad accordi con operatori nazionali che ci scelgono come riferimento per la tutela di applicazioni e dati.
Il cloud federato è tecnologico e organizzativo insieme: data center distribuiti tra Torino e Milano, federazione con Liguria Digitale a Genova e con altre realtà, con dati che restano in data center italiani e tecnologia open source. Attraverso Assinter siamo stati tra i primi a portare questi temi al tavolo nazionale e oggi stiamo già realizzando quel modello di federazione e sovranità digitale di cui tanto si discute.
Il Piemonte può essere considerato un laboratorio nazionale sulla cybersecurity e sulla resilienza digitale?
Per la nostra natura consortile, infrastrutture e sicurezza sono nel Dna del Csi. Da anni siamo CSIRT regionale e abbiamo un accordo con la Polizia Postale che ci riconosce come riferimento per la sicurezza informatica sul territorio.
Nel 2019 abbiamo attivato una service control room per il monitoraggio continuo dei servizi dal punto di vista della sicurezza. Solo quest’anno abbiamo realizzato oltre 300 vulnerability assessment sulle infrastrutture dei soci e, con la nuova sicurezza perimetrale, analizziamo ogni giorno più di 170 GByte di dati, destinati a salire fino a 300: un lavoro che consente una protezione più profonda di reti e flussi informativi.
Oggi proteggiamo oltre 17mila postazioni di lavoro e raggiungiamo, con formazione e policy, più di 7mila dipendenti delle amministrazioni consorziate. Con la direttiva NIS2 siamo stati individuati tra i soggetti essenziali, con l’obbligo di adottare standard di sicurezza elevati, valutazioni periodiche dei rischi e controllo stringente dei fornitori. In questo modo il Csi si sta configurando come hub di sicurezza per la PA del territorio, mettendo a disposizione capacità che molte amministrazioni, soprattutto le più piccole, da sole non potrebbero permettersi.
Vi definite una “AI company per la PA”. Come si declina questa ambizione e in che modo l’intelligenza artificiale cambia l’interazione tra sistemi pubblici, reti e cittadini?
Lavoriamo sull’intelligenza artificiale fin dagli anni Ottanta, ma oggi le condizioni tecnologiche ci permettono un salto di qualità. Ci siamo dati il mandato di diventare una AI company per i nostri soci, con un cambio di passo tecnologico e culturale.
Stiamo operando su tre fronti. Il primo sono gli assistenti virtuali basati su linguaggio naturale per semplificare l’accesso ai servizi e ridurre il digital divide, sfruttando basi dati molto ricche, frutto dell’aggregazione dei 140 soci, che consentono risposte più pertinenti.
Il secondo è la Robotic Process Automation, con “robottini” che svolgono attività ripetitive e amministrative – dalla classificazione delle email a passaggi automatizzati sui bandi – liberando tempo per compiti a maggior valore aggiunto e riducendo gli errori. Il terzo è quello dei digital twin, che usano i dati per simulare scenari a supporto delle politiche pubbliche, dalla pianificazione urbana ai consumi energetici, integrando cartografia georeferenziata e dati territoriali, base delle smart city.
Tutto questo richiede reti performanti, edge computing e dati quasi in tempo reale, in un dialogo stretto tra applicazioni AI, infrastrutture cloud e connettività. In parallelo stiamo investendo sulle competenze, con assunzioni di profili specializzati e formazione continua. Anche attraverso Assinter, con il Libro Bianco ICT “Il lavoro domani”, cerchiamo di guidare la trasformazione non solo tecnologica ma anche organizzativa e professionale.
Il Csi ospita la Casa delle Tecnologie Emergenti. Che ruolo possono giocare Torino e il Nord Ovest nella costruzione di un ecosistema 5G e IoT per i servizi pubblici innovativi?
La Casa delle Tecnologie Emergenti nasce nel 2021 grazie a un bando vinto con il Comune di Torino e altri partner, come il Politecnico e l’agenzia di sviluppo locale. È uno spazio di innovazione urbana che affianca i nostri laboratori di R&S e consente di sperimentare sul campo 5G, IoT e AI.
Oggi ospitiamo circa 24 startup e abbiamo organizzato oltre 350 eventi con più di 16mila partecipanti, comprese le iniziative online. I filoni principali sono mobilità intelligente, sensoristica, analisi dei dati satellitari, guida autonoma, gestione smart di edifici e infrastrutture, spesso in ottica di facility management, basandoci su un’infrastruttura 5G multiservizio e reti ad altissima velocità.
Per il Csi la Casa delle Tecnologie Emergenti è un laboratorio che alimenta le smart city del territorio e, insieme, un osservatorio a supporto delle attività su AI, mobilità, IoT e Big Data. Qui si testano soluzioni che poi possono scalare sulle amministrazioni. Si inserisce nella vocazione industriale del Piemonte che, dal cuore storico della mobilità e dell’automotive, oggi si proietta verso manifattura avanzata, sensoristica e servizi digitali: così traghettiamo quella tradizione dentro le smart city del XXI secolo.
Come avete deciso di celebrare il cinquantesimo compleanno di Csi Piemonte?
Abbiamo voluto trasformare l’anniversario in un momento di confronto sul futuro più che in una semplice ricorrenza. Il fulcro sarà una convention il 27 novembre all’auditorium del Lingotto, con le principali autorità del territorio, i soci, il mondo accademico e i dipendenti.
Sarà l’occasione per ripercorrere mezzo secolo di storia del Csi e, soprattutto, per discutere di cloud federato, sovranità digitale, cybersecurity, intelligenza artificiale, smart city. A questa iniziativa se ne affiancheranno altre di presentazione e disseminazione dei progetti, con l’obiettivo di ribadire che il Csi nasce dal territorio ma guarda a un ruolo sempre più nazionale, al servizio della trasformazione digitale della PA.







