Quasi una donna italiana su due, il 47%, ha subito almeno una volta violenza digitale. E il dato arriva al 59% tra le 16-24enni, mostrando come le fasce più giovani siano le più esposte alla problematica che viaggia in rete.
È quanto emerge da un’indagine realizzata dalla piattaforma di sondaggi Toluna e promossa da Samsung Electronics Italia, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre.
Indice degli argomenti
Violenza digitale contro le donne, i dati dell’Italia
Le forme di violenza più diffuse sono molte, dall’invio di contenuti sessuali non richiesti, segnalato dal 19% delle vittime, alla manipolazione emotiva online e al body shaming, entrambi riscontrati nel 15% dei casi.
Per il 49% delle segnalazioni, la violenza è “senza volto”, perpetrata cioè da sconosciuti che sfruttano l’anonimato della rete. Il 26% segnala episodi da parte di persone conosciute.
Nonostante il 98% delle donne dichiari di conoscere almeno una forma di violenza digitale, tre su quattro ritengono che la società non prenda realmente sul serio la questione. Sei intervistate su dieci dichiarano di conoscere poco o per nulla le leggi italiane sulla violenza digitale, nonostante il recente potenziamento degli strumenti legislativi come il Codice Rosso.
Per prevenire il problema, il 64% limita chi può vedere il proprio profilo o i contenuti condivisi, un comportamento difensivo che coinvolge l’83% nella fascia 16-24 anni.
Proprio Samsung ha annunciato l’adesione al progetto nazionale dei “punti viola”, che mira a trasformare alcuni spazi aziendali in luoghi sicuri di ascolto e orientamento per le vittime.
I casi più recenti e la proposta di Noi Moderati
Negli ultimi mesi casi come il sito “phica.net”, dove immagini manipolate e sessiste sono state diffuse senza alcun consenso, o l’ondata di contenuti a tema “mia moglie”, che trasforma le donne in oggetti di condivisione e derisione, hanno riportato al centro del dibattito il fenomeno della violenza online contro le donne.
Per rispondere a questa emergenza, in Parlamento è stata depositata una proposta di legge del gruppo Noi Moderati che punta a colmare il vuoto normativo e a rafforzare gli strumenti di contrasto.
Tre i pilastri centrali: l’obbligo di identità digitale per accedere alle piattaforme, così da rendere immediatamente identificabili gli autori di contenuti illegali; l’introduzione del reato di diffusione fraudolenta di deepfake, con pene severe soprattutto nei casi di pornografia non consensuale e coinvolgimento di minori; e infine il ruolo rafforzato dell’Agcom, chiamata a vigilare sull’applicazione della norma e a comminare sanzioni milionarie alle piattaforme inadempienti.
L’ascesa della pornografia deepfake
L’odio digitale rispecchia la violenza di genere nella vita reale e alimenta un ambiente sempre più ostile per ragazze e donne, ha affermato Belén Sanz, direttrice di UnWomen per l’Europa e l’Asia centrale, in un’intervista a Euronews. “La violenza digitale è violenza reale – spiega Sanz – e ha conseguenze enormi perché toglie alle donne la voce, i loro diritti e le loro scelte”.
Uno studio del 2021 dell’Economist Intelligence Unit indica che il 74% delle donne in Europa ha subito violenza online in prima persona o ne è stata testimone. Tra le forme più dannose di abuso digitale, la pornografia deepfake rappresenta un problema crescente: circa il 98% dei video deepfake online riguarda atti sessuali simulati senza consenso, e il 99% dei bersagli sono donne, secondo il rapporto 2023 della società di cybersicurezza Home Security Heroes.
Per Sanz è fondamentale introdurre regole chiare sull’uso dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie digitali, assicurando al contempo che le giovani generazioni possano discernere le informazioni che ricevono.
La campagna annuale delle Nazioni Unite “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere”, che parte il 25 novembre, si propone di porre fine alla violenza digitale e di sottolineare che questo tipo di aggressione non deve restare impunita.
Nel mirino politiche, giornaliste e attiviste
Le molestie informatiche, spiega il Parlamento europeo, possono includere l’invio di e-mail, messaggi di testo o video indesiderati, offensivi o sessualmente espliciti, oltre a comportamenti inappropriati o offensivi sui social network.
Le tecnologie deep fake, capaci di imitare la voce, il volto, il corpo o le azioni di una persona, destano particolare preoccupazione. I principali bersagli di queste tecniche sono le donne, soprattutto con la creazione di immagini di nudo senza il loro consenso.
Questi attacchi possono avere gravi conseguenze a lungo termine per le vittime e comportare costi significativi per la società, poiché rischiano di scoraggiare le donne dal partecipare attivamente alla vita pubblica e politica.
Un’indagine del 2014 dell’Agenzia dell’Ue per i diritti fondamentali ha mostrato che una donna su 10 nell’Unione europea ha subito molestie informatiche dall’età di 15 anni.
Il Parlamento europeo riferisce anche le donne politiche, giornaliste e difensori dei diritti umani nell’Ue devono affrontare livelli più elevati di abusi pubblici nel mondo online rispetto alle loro controparti maschili. Gli attacchi e gli abusi contro le donne politiche dilagano in rete perché questi atti avvengono in forma anonima, raggiungono un vasto pubblico e mirano a mettere a tacere il loro obiettivo.
Le misure Ue per prevenire la cyber-violenza sulle donne
Nell’aprile 2024, il Parlamento ha adottato la prima normativa dell’Ue sulla lotta alla violenza contro le donne. La direttiva chiede leggi più severe contro la cyberviolenza, una migliore assistenza alle vittime e misure per definire meglio il consenso sessuale.
Le nuove norme delineano linee guida particolari per i reati commessi online, come la divulgazione di informazioni private e l’invio di immagini oscene. I Paesi dell’Ue dovranno adeguare la propria legislazione nazionale ai requisiti entro giugno 2027.
La direttiva prevede inoltre che la violenza contro i rappresentanti pubblici, i giornalisti e i difensori dei diritti umani costituisca un’aggravante di reato.
Anche la legislazione dell’Ue sulla protezione della privacy mira a ridurre la cyberviolenza. Ad esempio, la nuova legge sui servizi digitali impone alle grandi piattaforme digitali dell’Ue l’obbligo di rimuovere i contenuti illegali dai loro siti web. Questo dovrebbe aiutare a rimuovere le immagini intime o manipolate che vengono diffuse su Internet senza il consenso della persona.
Infine, la legge sull’intelligenza artificiale cerca di mitigare i rischi legati alle tecnologie deep fake. Le norme prevedono che le immagini, i contenuti audio e video artificiali o manipolati con l’Ai debbano essere chiaramente etichettati come tali.





