Alvarez (BT Global Services): “Italia mercato in movimento, ma è necessaria la banda larga”

Il ceo dell’azienda: “La nostra strategia prevede collaborazione con clienti locali e globali. Le imprese devono avere la flessibilità di poter passare da un’architettura all’altra nel modo più trasparente possibile”

Pubblicato il 11 Dic 2015

Domenico Aliperto

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La qualifica esatta sul biglietto da visita è CEO – BT Global Services. Ma se dipendesse da lui, probabilmente Luis Álvarez ci farebbe scrivere sopra ‘Glocal’ Services: “È la capacità di agire sul piano locale pur avendo un respiro e un network globali uno dei plus della nostra offerta”, sostiene il super manager spagnolo. Del resto non ci sarebbe da stupirsi, fa parte del suo stile aggiungere un tocco personale a ciò che affronta sul lavoro. A Grove, Oxfordshire, sede della Williams Martini Racing dove CorCom l’ha incontrato in occasione di un press briefing dedicato alla partnership con la scuderia di Formula 1, Álvarez si rivolgeva a ciascuno dei circa venti giornalisti presenti chiamandoli senza esitazione per nome e citando a memoria nazione e testata di appartenenza. “Creo delle mappe mentali che mi aiutano a fissare dei punti di riferimento”, spiega quando gli si chiede quale sia il suo segreto. Ed è evidentemente lo stesso principio che adotta quando descrive i 170 mercati in cui opera BT. Uno dei più interessanti, in prospettiva, è quello italiano. Dove però, ammonisce Álvarez, è necessario che il governo tracci le linee strategiche per l’infrastrutturazione della rete ad alta velocità.

Nella Penisola lavorate con griffe come Ferragamo e Prada. Vi state muovendo per scovare oggi le multinazionali tascabili di domani?

La nostra strategia prevede la collaborazione con clienti globali che lavorano in Italia, con gruppi come FCA, Eni e Generali, che viceversa dall’Italia si affacciano sul piano globale, e poi con organizzazioni più piccole che hanno bisogno di un network internazionale affidabile, come quelle che ha citato. Abbiamo identificato ulteriori opportunità tra le imprese che appartengono a ecosistemi ad alto potenziale di crescita, a cavallo di automotive e automazione industriale. Ma notiamo un certo fermento pure rispetto ai Web services.

Come creare valore in un mondo in cui la connettività è sempre di più una commodity?

Il valore nasce dalla complessità: un network non è mai una semplice commodity per le imprese che lavorano a cavallo di diversi mercati, che devono operare con tecnologie e standard differenti e che non possono sottovalutare l’aspetto della sicurezza informatica. Lo chieda ai gruppi energetici, che hanno bisogno di connettere piattaforme petrolifere, oppure alle banche, per cui il tema della privacy dei propri clienti è sempre più cruciale. Molti vendor stanno poi lavorando al famoso cloud of clouds, ma siamo solo all’inizio e i nostri clienti non sanno ancora chi tra gli sviluppatori avrà successo. Per questo le imprese devono avere la flessibilità di poter passare da un’architettura all’altra nel modo più trasparente possibile. Aggiungere valore significa riuscire a rendere interoperabili gli ambienti in cui lavorano i clienti.

Che ruolo avrà il 5G nel vostro futuro?

L’Internet of Things ormai è tutto: dispositivi, sensori, wearable, automobili, droni necessitano di connessioni di qualità per erogare servizi già disponibili oggi, servizi che possono abilitare nuovi modelli di business. Sembra fantascienza, ma Yara, nostro cliente specializzato nella produzione di fertilizzanti, ha sviluppato un sistema di sensori applicato alle piante, attraverso cui una flotta di droni viene istruita per trattare il terreno quando ce n’è bisogno e in risposta alle reali esigenze delle coltivazioni. Vogliamo citare le opportunità che si aprono per nuovi player nel mercato delle assicurazioni? Le connected cars sono destinate ad avere un impatto imponente sui prezzi e sull’erogazione dei servizi assicurativi e di assistenza. Senza contare tutto ciò che rappresenterà la crescita delle smart city.

Come evolverà lo scenario competitivo per BT?

Il nostro principale concorrente siamo noi stessi. Da leader è facile sedersi sugli allori, ma la verità è che ogni giorno siamo di fronte a una sfida nuova. Per risponderle, penso che rispetto ai grandi fornitori di network realmente globali, con prezzi e livelli di servizio simili ai nostri, la situazione non cambierà: ci sono pochissimi competitor e quelli resteranno. I consulenti tradizionali al momento mi sembrano un po’ impacciati sul fronte dell’hybrid cloud, ma credo continuino ad avere grosse chance su operazioni che i carrier non sanno e non vogliono fare. Poi ci sono le compagnie che propongono il già citato cloud of clouds. Peccato che spesso lo facciano offrendo un’unica soluzione a problemi che, a mio avviso, richiedono risposte multivendor.

E possibili newcomer?

Non sappiamo ancora chi potranno essere. Continuiamo a osservare i focolai dell’innovazione, dalla Silicon Valley a Israele, per cogliere segnali positivi e identificare potenziali concorrenti: nella nostra industry non si è ancora palesata alcuna evidente minaccia, ma basta pensare a Uber per capire com’è facile essere travolti da modelli di business che in nome della condivisione prevedono l’accettazione di una soglia di rischio in cambio di benefit economici.

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