IL REPORT

Asset management in crisi, dal digitale chance di rilancio

Nel 2018, rileva Boston Consulting Group, il valore globale delle attività gestite è sceso a 74,3 bilioni di dollari (-4%). Per i prossimi anni si prospettano più volatilità e concorrenza. I manager chiamati a sfruttare le opportunità della tecnologia che offre incrementi di efficienza fino al 30%

Pubblicato il 13 Ago 2019

F. Me

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L’asset management è in crisi la tecnologia può rappresentare un valido strumento per risalire la china. Emerge dalla 17esima edizione del report sull’asset management globale di Boston Consulting Group, che indica la necessità per i player del settore di adattarsi a un mondo in evoluzione per continuare a essere competitivi nel prossimo futuro.

Nell’ultimo anno il settore dell’asset management globale ha manifestato il primo calo significativo dal 2008, con una riduzione delle masse che ha toccato i 3 mila miliardi di dollari. Nel 2018 il valore delle attività gestite è diminuito del 4% a livello mondiale, scendendo a 74,3 bilioni di dollari rispetto ai 77,3 dell’anno precedente. Un’inversione di tendenza che ha annullato alcuni dei benefici del 2017, quando l’AuM globale era aumentato del 12%. Lo scorso anno i nuovi flussi netti sono stati di 944 miliardi di dollari, comunque al di sotto dei 2,15 bilioni del 2017. Nonostante il calo, il settore resta solido, con il 35% di profitti operativi generati in un anno negativo, mentre nella prima metà del 2019 si registra un miglioramento. Ma per gli asset manager è il momento di pianificare il futuro: le prospettive del prossimo decennio indicano volatilità in crescita e concorrenza più serrata anche da parte di nuovi attori, in un quadro di generale incertezza economica. Le opportunità vengono in particolare dall’uso della tecnologia, che può portare incrementi di efficienza fino al 30%, insieme alle scelte strategiche su economie di scala, forza dei marchi e distribuzione.

Indice degli argomenti

I due modelli

Secondo Bcg, la formula per il successo negli anni ’20 sarà sempre più binaria, con gli asset manager chiamati a scegliere tra due modelli: le “boutique alpha”, piccoli operatori molto focalizzati e agili che possono raggiungere ottimi guadagni massimizzando la capacità d’investimento; o i grandi player che fanno distribuzione su un mercato di massa, capaci di gestire oltre mille miliardi di dollari in AuM e di offrire una gamma completa di prodotti. Penalizzate le società di medie dimensioni, poco specializzate e non in grado di sfruttare le economie di scala. In questo contesto, la Cina diventerà il secondo mercato dopo gli Stati Uniti, superando l’Europa, mentre si attendono le mosse dei giganti digitali, come Google o Amazon (intanto, proprio in Cina, Alibaba è entrato con successo nella gestione patrimoniale e ha stretto partnership di distribuzione con operatori locali ed esteri).

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La tecnologia

Secondo BCG, alla base delle strategie di successo per gli asset manager del prossimo decennio ci sarà la tecnologia, in particolare big data e analytics, che può rendere i processi decisionali più precisi, razionalizzare i costi e massimizzare le prestazioni. Il digitale aiuterà le società a identificare e gestire i colli di bottiglia facilitando l’automazione delle operazioni, con incrementi di efficienza possibili dal 15% al 30%. Ma al momento le imprese del settore mancano di capacità tecnologiche: un sondaggio di Bcg sui gestori patrimoniali mostra che solo il 20-30% oggi può essere classificato come “pioniere”, capace di investire con convinzione in un’ampia gamma di soluzioni digitali. Il successo della transizione verso un business guidato dalla tecnologia dipenderà dalla capacità delle società di identificare gli strumenti più adatti al proprio modello di sviluppo, oltre che di attrarre i talenti in grado di sfruttare al meglio i nuovi strumenti e trattenere le risorse capaci di acquisire le nuove competenze.

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