GLOBAL PIRACY STUDY

Bsa: in Italia la pirateria vale oltre un miliardo

Secondo il Global Piracy Study di Bsa il nostro Paese si attesta all’ottavo posto mondiale per il valore economico dei prodotti pirata in circolazione. In Europa peggio di noi solo la Grecia. Mille: “Manca una salda normativa a tutela del copyright”

Pubblicato il 15 Mag 2012

Federica Meta

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Il tasso di pirateria in Italia nel 2011 è stato pari al 48%, il che significa che quasi la metà dei programmi installati sono illegali. A dirlo il Gobal Software Piracy Study di Bsa, secondo cui il valore commerciale del software illegale in circolazione nel nostro Paese ammonta a ben 1.398 milioni di euro. Il valore registrato fa del nostro mercato l’ottavo al mondo nella poco invidiabile classifica di quelli che perdono maggiori volumi d’affari a causa della pirateria.

Nonostante rispetto al 2010 si registri una riduzione dell’1% (dal 49 al 48%), si tratta ancora purtroppo di un tasso d’illegalità che nell’Europa Occidentale è secondo solo a quello della Grecia (61%), e pari a quello di Cipro e Islanda. Il dato italiano del 48% acquista poi maggior significato se raffrontato con la media relativa all’Unione europea che dallo scorso anno è calata dal 35 al 33%.

“Se il 48% dei consumatori taccheggiasse i prodotti sugli scaffali dei negozi, questo sicuramente indurrebbe le Istituzioni ad intensificare la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine e ad appesantire le pene per i trasgressori della legge – commenta Matteo Mille, presidente di Bsa Italia – Invece il nostro Paese si trova ancor oggi privo di una salda normativa per la tutela della proprietà intellettuale in rete, laddove altre nazioni europee stanno già traendo positivi risultati da innovazioni regolamentari che noi da tempo chiediamo alle Istituzioni, insieme alle altre associazioni di categoria dei titolari di diritti d’autore”.

A livello globale, la ricerca qualitativa condotta da Ipsos evidenzia inoltre che il 57% degli utenti intervistati ammettono di aver impiegato software illegale, se non sempre o quasi, quantomeno occasionalmente o “raramente”.

“La pirateria del software continua a drenare risorse all’economia legale nel mondo intero, rallentando l’innovazione nel settore IT e danneggiando l’occupazione – sottolinea Robert Holleyman, presidente e ceo di Bsa – Per questo i governi devono accelerare l’evoluzione normativa a tutela della proprietà intellettuale ed intensificare l’impegno nell’enforcement, per garantire la certezza delle sanzioni a carico dei pirati”.

La ricerca evidenzia che i tassi di pirateria nei mercati emergenti sovrastano prevedibilmente quelli riscontrati nei mercati maturi – in un rapporto media da 68 a 24 circa – e che i primi rappresentano una quota massiccia del controvalore economico connesso ai prodotti illecitamente utilizzati. Ciò aiuta a capire la dinamica sottesa al tasso di pirateria globale, che nel 2011 si è mantenuto sul 42%, mentre la costante crescita del mercato Ict nel mondo in via di sviluppo ha portato il valore commerciale del software “piratato” a crescere fino ad oltre 45,6 miliardi di dollari.

Inoltre, nel mondo, i pirati del software sono prevalentemente molto giovani e maschi, oltre a vivere in sistemi economici emergenti in misura più che doppia rispetto ai sistemi maturi (38 contro 15%);

I business decision maker intervistati ammettono di utilizzare software illegale più frequentemente degli utenti comuni e di praticare diffusamente l’underlicensing nei propri uffici (ossia comprare una licenza e installare il software su molti Pc);

Infine nche a livello globale (non solo in Italia) si registra un deciso sostegno alla proprietà intellettuale in via di principio, cui però fa fronte una certa carenza di incentivi pratici atti a far cambiare comportamento ai pirati: infatti, solo il 20% di quelli che agiscono nelle economie mature (e il 15% in quelle emergenti) dichiara di temere il rischio di essere scoperto.

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