REPORT VANSON BOURNE

CA Technologies: biz a rischio se il top manager è anafalbeta digitale

Indagine Vanson Bourne, l’allarme dei Cio italiani: ancora troppo diffusa nel management aziendale la visione dell’IT non come asset strategico ma come “costo di esercizio”

Pubblicato il 08 Gen 2013

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La scarsa consapevolezza da parte del top management delle aziende sul ruolo strategico delle tecnologie rischia di vanificare opportunità di business. La pensa così il 100% dei responsabili dei sistemi informativi delle aziende italiane interpellate nell’ambito di una ricerca su un campione di 685 aziende a livello internazionale, intitolata “The future role of Cio; Digital Literacy”, commissionata da CA Technologies e realizzata dalla società di analisi di mercato Vanson Bourne.

Il 100% dei responsabili dei sistemi informativi intervistati in Italia ritiene che l’alfabetizzazione digitale del top management costituisca un requisito indispensabile per lo sviluppo e la crescita del business aziendale. Il ritardo di tipo culturale da parte della direzione aziendale pubblico e privato rispetto all’utilizzo strategico delle tecnologie informatiche può generare conseguenze importanti sul business: mancate opportunità di business, perdita di quote di mercato a fronte di una concorrenza più dinamica, disaffezione da parte dei clienti, scarsa reattività alle richieste del mercato e un time-to-market inadeguato.

Il 59% dei Cio interpellati nello studio per l’Italia, ritiene che nonostante il positivo impatto di tecnologie dirompenti, come il cloud computing, il management aziendale continua a non considerare l’IT come un asset autenticamente strategico ma piuttosto come uno dei tanti “costi di esercizio”. I vertici aziendali non sempre comprendono fino in fondo che al di là dei semplici effetti di razionalizzazione ed efficienza, la tecnologia può creare un radicale cambiamento nei processi interni e nel modo di lavorare delle persone. Questa scarsa percezione del valore dell’IT genera un effetto negativo in termini di produttività, flessibilità, tempestività su mercati particolarmente sensibili a servizi e prodotti ad alto contenuto tecnologico.

Dalla ricerca emerge che la capacità di intuire il potenziale innovativo dell’IT per il business dell’impresa risulta ancora limitata. L’utilizzo strategico delle soluzioni tecnologiche può contribuire a realizzare cambiamenti organizzativi significativi e migliorare i livelli di efficienza e produttività.

Il “Global Competitiveness Index” (Gdi), stilato dal World Economic Forum, considera il fattore “technological readiness” quale uno dei dodici pilastri alla base della competitività di ogni Paese. Secondo il Gdi 2012-2013, l’Italia è quarantesima (su 144 nazioni) in termini di preparazione tecnologica, ovvero l’agilità con la quale l’economia è in grado di adottare le tecnologie esistenti per migliorare la produttività. Questo parametro consente di valutare la capacità di sfruttare le potenzialità offerte dall’Information and Communication Technology allo scopo di migliorare l’efficienza dei processi e liberare risorse da investire in progetti innovativi. Un altro dei parametri misurati dal Gdi è il livello di assorbimento delle nuove tecnologie da parte delle imprese, in questa classifica l’Italia si posiziona al 104° posto.

Lo studio condotto da CA Technologies evidenzia che il contributo delle nuove tecnologie ai cambiamenti auspicati trova molti ostacoli non solo finanziari, ma soprattutto di tipo culturale. Il potenziale innovativo delle tecnologie viene spesso vanificato da una serie di errate percezioni da parte del top management e dal mancato coinvolgimento dei responsabili informatici nella definizione delle strategie di business che nell’era della Digital Economy si intreccia in modo indissolubile con la disponibilità di soluzioni software, dispositivi mobili e reti tecnologicamente avanzate.

Il 47% dei responsabili dei sistemi informativi (Chief Information Officer – Cio) italiani intervistati ha detto che i vertici aziendali non intuiscono il ruolo strategico dell’IT per sviluppare il business, migliorare l’efficienza dei processi e introdurre maggiore agilità e competitività in azienda.

Non sorprende quindi che, secondo quanto emerge dalle risposte fornite dagli intervistati, solo il 40% dei Cio che lavora in aziende italiane sia chiamato a partecipare alle decisioni del top management e conseguentemente a contribuire alla definizione del pensiero strategico digitale nel team dirigente.

Lo studio rivela che troppo spesso nell’organizzazione aziendale le figure dirigenziali destinate alla gestione dell’IT vengono percepite come specialisti incaricati di “far funzionare la macchina”. Una percezione errata e controproducente, che nasce in un contesto storico ormai profondamente mutato. Il cambiamento che ha investito in questi anni la tecnologia è sfuggito all’attenzione di chi oggi ancora stenta a capire quanto l’innovazione sia critica per il successo di un’azienda e che innovazione e tecnologia procedono di pari passo.

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