IL CASO

Caso Fca, Marchionne: “Nostro software legale, non siamo come Volkswagen”

La replica alle accuse dell’Agenzia per l’Ambiente Usa: “La nostre emissioni sono riportate chiaramente, è tutto alla luce del sole”. Ecco le differenze con il caso dell’azienda automobilistica tedesca. Anche Renault nel mirino in Francia. Preoccupazione della Ue: “Pronti a collaborare con Usa”

Pubblicato il 13 Gen 2017

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“Non abbiamo commesso alcuna frode. Il nostro caso non è in nulla assimilabile a quello di Volkswagen. Non permetteremo a nessuno di discutere la moralità della nostra azienda. Da mesi discutiamo con Epa e con le autorità che ci hanno chiesto molto materiale sul funzionamento dei nostri motori. Le nostre emissioni sono riportate chiaramente, tutto è alla luce del sole”. L’Ad di Fca, Sergio Marchionne, in un’intervista a Repubblica, ribadisce che il gruppo non ha violato nessuna regola sulle emissioni di 104mila veicoli e assicura che non ci sarà nessun impatto sugli obiettivi del piano industriale.

“Volkswagen ha montato un dispositivo che era in grado di distinguere quando l’auto si trovava al test e quando si trovava su strada. Il nostro software si comporta sempre allo stesso modo. Chi ci paragona al gruppo tedesco ha fumato qualcosa di illegale”, sottolinea. Ai dirigenti degli enti di controllo che lo accusano di aver “tentato di aggirare le regole”, replica: “Questa è la cosa che mi fa incavolare di più. Se mettono in dubbio la mia coerenza morale, posso sopravvivere. Ma non tollero che lo si faccia sulle spalle delle decine di migliaia di persone che lavorano nella nostra azienda”.

“La tempistica colpisce. Evidentemente c’era qualcuno all’Epa che doveva chiudere il dossier, fare pulizia sulla scrivania prima dell’arrivo della nuova amministrazione. Ma voglio sperare che non sia una vicenda politica. A Obama, alle sue scelte, Chrysler deve la rinascita. In ogni caso – afferma il ceo di Fca – noi continuiamo a confrontarci con tutti, anche con la prossima amministrazione Trump. Lo si poteva fare serenamente, come è accaduto in questi mesi. Non c’era bisogno dei toni moralistici che sono stati usati”.

“L’Epa ha cominciato a chiederci chiarimenti su dispositivi installati sui nostri motori. Noi abbiamo risposto puntualmente. I nostri motori diesel sono realizzati soprattutto da tecnici europei che sono abituati alle norme europee. E’ possibile che questo abbia creato dei problemi. Non credo che fossero questioni insormontabili o che abbiano avuto un peso particolare in questa storia”, sottolinea.

E sull’ipotesi di una multa fino a 4,6 miliardi di dollari e sul rischio di non raggiungere quindi gli obiettivi del piano industriale e finanziario al 2018, Marchionne assicura: “Confermo gli obiettivi del piano, questa vicenda non avrà impatto sui nostri programmi. Discuteremo in questi giorni con le autorità Usa le proposte per il nostro piano di omologazione del 2017. Se verranno accettate, le nuove regole potranno servire anche a risolvere i problemi legati ai modelli del periodo 2014-2018″.

L’accusa mossa dall’Epa contro Fca non è pesante quanto quella contro Volkswagen. L’autorità ha infatti accusato la casa automobilistica guidata da Marchionne di aver usato un software di gestione del motore che provoca un aumento degli ossidi di azoto rilasciati nell’atmosfera; ma non ha affermato che Fca abbia utilizzato un sistema appositamente compilato per aggirare le legge, così come era il famigerato cheating device usato da Vw.

Il software di Fca sotto accusa è stato definito Auxiliary emission control device (Aecd) e si basa su tecnologie legali in specifici casi, come per la protezione del motore in estreme condizioni di guida ma che devono, però, essere rese note.

Al contrario i device della casa tedesca sono stati usati proprio per truccare intenzionalmente le emissioni di 600mila veicoli diesel negli Usa, abbassandole nei test ma causando un inquinamenti di 40 volte superiore oltre il consentito in condizioni normai di guida.

Proprio ieri Vw ha patteggiato un accordo con il Dipartimento della Giustizia Usa per il pagamento di una maxi multa da 4,3 miliardi per chiudere il contenzioso civile e penale.

Preoccupazione per vicenda dieselgate è stata espressa dalla Commissione Ue. “L”Epa, con la quale siamo in costante contatto – ha riferito la portavoce Lucia Caudet durante il briefing quotidiano della Commissione Europea oggi a Bruxelles – ci ha trasmesso ieri le informazioni sulle accuse secondo le quali, per alcuni camion e Suv diesel venduti negli Stati Uniti, Fiat Chrisler non ha fornito alle autorità americane le informazioni complete sulla descrizione della strategia di controllo delle emissioni durante
il processo di certificazione”.

“Sottolineo il fatto – ha avvertito la portavoce – che le accuse riguardano una insufficiente descrizione sulla strategia (di controllo delle emissioni, ndr), e che la parola ‘software truccati’ (‘defective devices’, ndr) non è stata usata finora”.

“Ciò nondimeno, le accuse sono naturalmente preoccupanti. Lavoreremo con l’Epa, le autorità degli Stati nazionali interessate e con Fiat Chrisler per appurare i fatti e le potenziali implicazioni per i veicoli venduti nell’Ue”, ha concluso Lucia Caudet.

Nemmeno Renault può dormire sonni tranquilli. Anche l’azienda è finita sotto indagine in Francia per la questione delle emissioni dei suoi motori diesel, sospettata di aver “alterato” i test sulle sue auto per valutare gli impatti inquinanti dei motori.

Dopo lo scandalo analogo che, nel 2015, aveva interessato la Volkswagen, il ministero francese dell’ecologia aveva istituito una commissione di inchiesta incaricata di effettuare dei test su centinaia di vetture commercializzate in Francia.

I lavori della commissione pubblicati nel luglio 2016 avevano rivelato importanti superamenti delle soglie di inquinamento consentite da parte di importanti produttori di auto, in particolare di Renault, il primo gruppo automobilistico transalpina.

Parallelamente, sotto la supervisione del ministero dell’economia, un’altra inchiesta era stata avviata, lo scorso anno, su una dozzina di marchi automobilistici che commercializzavano vetture diesel, eseguite anche numerose perquisizioni in diversi siti di Renault.

L’azienda francese ha reso noto di continuare “a rispettare le norme francesi ed europee, i nostri veicoli sono omologati conformemente alla leggi vigenti e non sono equipaggiati di dispositivi per frodare la rilevazione delle emissioni”.

“Renault rispetta la legislazione francese ed europea. I veicoli Renault sono sempre stati omologati conformemente alla legge e alle regolamentazioni. Sono conformi alle norme in vigore. I veicoli Renault non sono equipaggiati di software di frode ai dispositivi anti-inquinamento”.

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