L’obiettivo è duplice: assecondare la crescita dell’azienda con la maggiore capitalizzazione della storia e alleviare quella pressione competitiva – derivata dall’astinenza tecnologica – che sta portando la Cina a sviluppare in proprio chip per l’AI sempre più performanti.
Così Donald Trump ha reintrodotto l’export di processori avanzati americani verso le imprese del Far East, segnando una vittoria in primo luogo per l’amministratore delegato di Nvidia Jensen Huang, il quale ha trascorso mesi a fare pressioni sulla Casa Bianca per eliminare il ban. Gli Stati Uniti hanno introdotto il divieto di vendita dei chip di ultima generazione alla Cina per “motivi di sicurezza nazionale” nel 2022.
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La strategia (poco ortodossa) di Trump
“Ho informato il presidente cinese Xi che gli Stati Uniti consentiranno a Nvidia di spedire i suoi prodotti H200 a clienti approvati in Cina e in altri Paesi, a condizioni che consentano di mantenere una forte sicurezza nazionale”, ha scritto Trump ieri su Truth. “Il presidente Xi ha risposto positivamente!”.
Il presidente ha precisato che il Dipartimento del Commercio sta finalizzando i dettagli e che intende fare la stessa offerta ad altre aziende produttrici di chip, tra cui Advanced Micro Devices (Amd) e Intel. I chip H200 di Nvidia sono i secondi più potenti tra quelli offerti dalla società e molto più avanzati degli H20, originariamente progettati come modelli a basso consumo per il mercato cinese, che non violavano le restrizioni, ma che gli Stati Uniti avevano comunque vietato ad aprile.
Trump ha affermato che gli Stati Uniti riceveranno il 25% dei proventi, più del 15% concordato in precedenza con Nvidia, per revocare le restrizioni, secondo un meccanismo per cui il governo federale godrà di una percentuale finanziaria dalle transazioni commerciali private. Ad agosto, Trump aveva tra le altre cose annunciato che gli Stati Uniti otterranno una partecipazione del 10% nella società tecnologica Intel.
Alcuni osservatori hanno messo in dubbio la legalità di tali operazioni, considerate poco ortodosse. Secondo The Hill, i senatori democratici Elizabeth Warren del Massachusetts e Andy Kim del New Jersey hanno per esempio inviato la scorsa settimana una lettera al segretario al Commercio Howard Lutnick, esprimendo le loro preoccupazioni per la vendita di questi chip alla Cina e affermando che ciò rischia di alimentare la “sorveglianza, la censura e le applicazioni militari” del Paese. “La esorto a smettere di ignorare il contributo dei membri bipartisan del Congresso e dei suoi stessi esperti per concludere accordi che compromettono la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, hanno scritto i senatori. Sui social media, Warren ha chiesto a Huang di comparire davanti al Congresso per testimoniare sotto giuramento.
L’incessante attività di lobby di Huang
Non è del resto un mistero che Huang abbia lavorato a stretto contatto con Trump sin dall’insediamento compiendo diverse missioni alla Casa Bianca. Il manager ha anche partecipato al summit sull’intelligenza artificiale organizzato dal presidente a luglio, ha incontrato Trump proprio la scorsa settimana ed è stato persino ospite alla cena alla Casa Bianca in onore del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Huang si è anche impegnato a investire 500 miliardi di dollari in infrastrutture di intelligenza artificiale negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni.
Huang d’altra parte ha visitato assiduamente la Cina, incontrando funzionari e dirigenti del settore tecnologico, mentre i divieti statunitensi venivano variamente revocati e reintrodotti. All’inizio di quest’anno, la Cina aveva imposto una serie di controlli sulle importazioni di chip, con le principali aziende tecnologiche che hanno di fatto ricevuto l’ordine di annullare gli ordini, citando motivi di sicurezza nazionale e fiducia nello sviluppo dei processori nazionali. Come conseguenza, secondo lo stesso Huang, Nvidia è passata dal detenere il 95% del mercato cinese allo 0% e ha definito i divieti un “errore strategico”.
Ora, la vendita di chip alla Cina, la seconda economia mondiale, potrebbe significare un guadagno inaspettato del valore di miliardi di dollari per Nvidia, che ha già un valore di 4,5 trilioni di dollari.
“Applaudiamo la decisione del presidente Trump”, ha dichiarato un portavoce dell’azienda, spiegando che offrire i chip H200 “a clienti commerciali approvati, controllati dal Dipartimento del Commercio, rappresenta un equilibrio ponderato che è ottimo per l’America”.
Il portavoce di Nvidia e Trump hanno affermato che questa mossa sosterrà l’occupazione e la produzione negli Stati Uniti. Nel suo post su Truth Social, Trump ha condannato le politiche dell’amministrazione Biden, che ha imposto severi controlli sulle esportazioni di chip potenti. L’amministrazione Biden aveva affermato che negare tale tecnologia alla Cina rafforzava la concorrenza degli Stati Uniti, proteggeva la sicurezza nazionale e ostacolava lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Cina.
Il punto di vista degli analisti
Secondo Alcuni analisti del settore delle telecomunicazioni, anni di restrizioni statunitensi sulle esportazioni di soluzioni per l’AI hanno offerto all’industria cinese dei processori una rara opportunità di crescere e recuperare terreno.
La vendita di chip H200 ad alcuni clienti cinesi “farà guadagnare tempo” agli Stati Uniti per negoziare un accordo con Pechino sulle terre rare e prevenire gravi interruzioni delle catene di approvvigionamento globali, ha affermato Alex Capri della National University of Singapore.
La Cina detiene il quasi monopolio della lavorazione dei minerali delle terre rare, essenziali per la produzione della maggior parte dei dispositivi elettronici. Sebbene l’accesso ai chip H200 possa avvantaggiare il settore tecnologico cinese, Pechino dovrebbe comunque impegnarsi a ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti, ha affermato Capri, ricordando che in precedenza, Pechino aveva ordinato alle aziende tecnologiche locali di rifiutare i vecchi chip H20 di e le aveva incoraggiate ad acquistare semiconduttori di produzione nazionale.
I ricercatori del Center for Security and Emerging Technology (Cset) della Georgetown University sostengono d’altra parte che l’Esercito popolare di liberazione cinese stia utilizzando chip avanzati progettati da aziende statunitensi per sviluppare capacità militari basate sull’intelligenza artificiale.
“Facilitando l’accesso dei cinesi a questi chip di intelligenza artificiale di alta qualità, si consente alla Cina di utilizzare e implementare più facilmente sistemi di intelligenza artificiale per applicazioni militari”, ha affermato Cole McFaul, analista di ricerca senior presso il Cset. “Vogliono sfruttare i chip avanzati per ottenere un vantaggio sul campo di battaglia”.











